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sabato 10 dicembre 2022

Lo Stretto - Note di costume.

Viaggio nel tempo.
Post di Rosario Grillo.
Immagini di Filippo Juvarra (Messina 1678 - Madrid 1736).

“Stretta la foglia, larga la via, dite la vostra che ho detto la mia” (proverbio).
 
Filippo Juvarra, Stretto di Messina
La fata Morgana è un fenomeno fisico-ottico, comune nell’area dello stretto di Messina. Fa apparire in lievitazione gli oggetti (anche i velieri) in orari specifici del giorno; è dovuto alla rifrazione della luce. Ben si presta a raffigurare il gioco di illusione/delusione che segna tante esperienze vissute dalla gente del posto. Lo Stretto, come si sa, è luogo zeppo di leggende e tradizioni, alcune delle quali derivanti dai miti e dai poemi greci. Tra questi, le Sirene, sembra fossero allocate in questi paraggi. Sul loro inganno sono state rese molte versioni.
 
✨Messina e i messinesi
Non verrebbe in mente a nessuno di scegliere Messina come topos della Sicilia. Tanto meno dei siciliani. L’esclusione di fatto obbliga a dichiarare il chi, il che e il come dell’identikit della Sicilia e dei siciliani. Fra tanti emerge e si impone: “u mafiusu”.
U mafiusu, prima di essere l’affiliato della cosiddetta mafia, è stato un tipo di comportamento, che va dal “patronage” alla spavalderia ostentata, messa in mostra per distinguere il proprio io, per accattivarsi omaggi ed ossequi.
Così descritto, è facilmente chiara la contrapposizione al messinese: “buddaci”. Nulla a che vedere con il Buddha, perché “buddaci” è piuttosto una persona pavida rivestita di “paladino”. Sì, proprio uno dei paladini di Carlo Magno!
Filippo Juvarra, Studio della città di Messina
Se è vero che l’opera dei pupi nacque dai palermitani, è pur vero che i paladini sono modelli dell’epica narrata dai cantastorie presenti in tutta la Sicilia. Nelle contrade della provincia messinese, essi ebbero fortuna vastissima. Non c’era festa paesana che non vedeva la presenza - ed il successo - di uno dei tanti cantastorie. Le loro storie, incentrate sull’amore prepotente e sconfinato di un simil paladino, sono evolute in casi di contesa amorosa con esito sciagurato. Dentro si è affinato il cliché del “ buddaci”, che giunge a noi come prototipo di “essere stentoreo nella pasta di vacuità”.
Larga somiglianza dunque con chi, nelle contrade messinesi, intraprende vie per costruire riparo sicuro e definitivo dalla minaccia incombente del terremoto. Qui infatti la terra trema (1). Qui la terra ha tremato rovinosamente il 28 dicembre 1908.
Dunque l’evento paradigmatico è il terremoto. Nell’incubo del terremoto si rappresentano dolore, disperazione, lotta furibonda contro gli eventi; in esso si staglia la scia infinita di una ricostruzione incompiuta, al suo interno si celebra l’ostentazione di ogni impresa che dovrebbe essere eroica, con lo smacco del tentativo fallito. Da questo lato, è abissale la differenza tra la gente catanese, tutta gonfia delle sue imprese/bravate e l’introversione correlata al flop dei tentativi “eroici” di ogni messinese.
Filippo Juvarra, Veduta del porto di Messina
Colapesce, nella miriade dei “cunti siciliani” porta impresso il misto di ripetute azioni simil-eroiche e il finale di incompiutezza. Giufa’ è l’altra maschera, che porta con sé reminiscenze arabe, idonea a rispecchiare la dabbenaggine in uno fondo di onestà. Dentro questo involucro caotico, diverso dal kaos pirandelliano, ricevono spiegazione l’impossibile azione di: imbruttimento di una spontanea “perla di bellezza” che era la città di Messina, distesa sul vertice formato dalla costa tirrenica e dalla costa jonica; di: affossamento nell’incubo di traffico, di spazzatura e di orrori architettonici ed urbanistici di alcuni gioielli: come il duomo, chiese medievali, sprazzi di liberty austero, sculture del Gagini, il lungomare.
Fa contorno e conferma la regola il “formicaio” dei paesi allocati sulle montagne dei monti Nebrodi, ognuno dei quali provvisto del suo “particulare” funzionale ad una rivendicazione di un primato, di un distinguo, consumati dall’assenza di una sinergica reazione vincente al destino di decadenza.
Potrei portare conferme anche con lo scenario dell’economia, fuori di quel “furore” turistico che, per altro, brilla per breve stagione, ad intermittenza. Ma non è il caso di infierire, né il mio scopo è di tipo analitico-sociologico; voglio unirmi e semplicemente ritrovarmi.
 
Filippo Juvarra, Progetto di sistemazione del lungomare di Messina
 (1) Rinvio al libro Lo stretto di carta, il Palindromo. Attorno all’esperienza del terremoto, che caratterizza questa “terra ballerina” si dipana il carattere della gente messinese.

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