Iscriviti ai Feed Aggiungimi su Facebook Seguimi su Twitter Aggiungimi su Google+ Seguici tramite mail

Iscriviti alla nostra newsletter!

lunedì 26 dicembre 2022

L'esperienza estetica. Gianluca Corona.

Il gesto pittorico come atto artistico che salva “la cosa” per sempre.
Post di Rossana Rolando.
Immagini delle opere di Gianluca Corona (qui il sito).
 
Gianluca Corona, Piatto con fragole, omaggio a Coorte, 2022, olio su tavola, cm 25x35
Contemplare un dipinto di Gianluca Corona – per esempio un piatto di fragole rosse, poste su un tavolo di marmo, sporgente da uno sfondo indefinito - è un’autentica esperienza estetica, nel significato greco di aistesis (αἴσθησις), sensazione, in cui tutti i sensi sono coinvolti nel sentire il profumo fragrante delle fragole, nel supporne il sapore tra il dolce e l’asprigno, nell’osservare il rosso che si insinua nei singoli interstizi, nel toccare “con mano” le piccole gibbosità… I critici letterari chiamano sinestesia la collaborazione tra le diverse sensazioni che concorrono a formare la realtà percepita. Si parla, in campo artistico, di iperrealismo, per indicare l’estrema veridicità sensoriale della figura dipinta.
 
Immagine e spiritualità. Eppure il genio artistico, immediatamente evidente, non sta “solo” nell’abilità del disegno (che pure è la base indispensabile, oggi spesso dimenticata, della grande arte), capace di riprodurre con estrema esattezza la realtà, ma nel sentimento che risveglia in chi osserva. Come insegna Hegel, l’arte pittorica – attraverso la materia colta sensibilmente nella figura e nel colore – trasmette un messaggio immateriale, spirituale.¹ In questo caso è lo stupore di fronte ad un “oggetto” che non abbiamo mai visto con questo nitore, in questa sua forma assoluta (ab-soluta), sciolta dal tempo e dallo spazio, potremmo quasi dire “sacrale”, per l’elevazione e la venerazione che è in grado di suscitare.
 
Gianluca Corona, Tralci di magnolia, 2019, olio su tavola, cm 45x80
Pensiero e arte. Gianluca Corona rivisita, in chiave contemporanea, la tradizione dei secoli XVI e XVII, con la sua ricerca pittorica concentrata sulla natura morta – meglio sarebbe dire “vita silenziosa, dall’inglese still life” - e sui ritratti.
Proprio nel Seicento, nell’Olanda di Rembrandt (1606-1669), insigne maestro di ritratti, nella stessa città di Amsterdam (non sappiamo se mai si siano incontrati), abita il grande pensatore ebreo Baruch Spinoza (1632-1677).² Introdurlo qui non è semplice giustapposizione, dal momento che ci può aiutare a carpire la stoffa teoretica di cui si sostanzia l’opera di Gianluca Corona, se è vero che ogni vera arte è anzitutto idea, pensiero. La prospettiva filosofica mi pare, infatti, la via più appropriata per attingere alla complessità della sua produzione artistica, rispetto ad altri approcci troppo riduttivi.³
 
Gianluca Corona, Ritratto 2010, olio su tavola, cm 20x25
L’impostazione dello sguardo. E’ noto l’umile lavoro con sui Spinoza si mantiene a Rijnsburg (e poi all’Aia), a partire dal 1661, dopo l’estromissione dalla comunità ebraica, rifiutando di accettare le offerte di doni e prebende. E’, infatti, intagliatore e pulitore di lenti, conosciuto per la precisione e l’acribia con cui produce quei piccoli vetri utilizzati per occhiali e microscopi, strumenti atti ad osservare la natura, nei suoi aspetti più segreti, fino all’infinitamente piccolo. Esperto di ottica e fisica della luce, viene descritto da un contemporaneo come capace di fabbricare “lenti straordinariamente pulite”.
La stessa “pulizia” dello sguardo – che è conquista, frutto di pazienza e disciplina – si traduce nella tecnica accuratissima che caratterizza l’arte di Gianluca Corona: la sua ricerca di limpidezza non è solo effetto della riproduzione realistica (come potrebbe essere quella di una fotografia), ma è ri-scoperta dell’oggetto nella visione pittorica. Per questo motivo, la sua pittura delle “cose” richiede tempo (un mese circa per ogni tela) e non è mai seriale, piuttosto è unica, come si trattasse di persone ritratte nella loro singolarità ed irripetibilità (res singulares).
 
Gianluca Corona, Richiami, 2014, olio su tavola incamottata, cm 30x60
Natura e vita. C’è poi un altro aspetto per cui il messaggio artistico di Gianluca Corona può essere illuminato dalla filosofia spinoziana che, nella Natura, fa risiedere lo stigma del divino (Deus sive Natura). Per Spinoza il finito – il frammento – si fa veicolo di eternità, nel senso greco di aion (αἰών), che non richiama il concetto quantitativo di durata, ma quello qualitativo di vita piena (plenitudo vitae). La sospensione temporale è proprio la dimensione metafisica in cui si collocano i dipinti di Corona, è l’eterno colto nell’istante. Anche la stessa foglia, rappresentata nel momento in cui comincia ad accartocciarsi e rinsecchirsi, viene sottratta all’emorragia temporale, divenendo icona immobile della finitezza, segno dell’effimero che, nel dipinto, si fa eterno.
Il gesto pittorico diventa così l’atto che salva “la cosa” per sempre, custodendola nella sua forma senza tempo, portandola in uno spazio astratto, separato, che non conosce più alcun genere di perdita o svilimento.
Scrive Corona: “Vorrei che davanti a un mio dipinto ci si innamorasse una volta di più della Natura, ci soffermassimo ad apprezzare intimamente il valore di quello che abbiamo nell’etereo istante intrappolato nella tela; ben sapendo che tutto questo non ce lo siamo in alcun modo guadagnato, ma ora sì, dobbiamo combattere per conservarlo.”
 
Gianluca Corona, Pieni e vuoti, 2020, olio su tavola, 25x30
Gianluca Corona, More Mirtilli Ribes, 2022, olio su tavola, 25x35
Note.
1. “Immagine compenetrata di spiritualità”: così si legge, nella sezione dedicata all’arte, in Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, Laterza, Bari 1984, p.540.
2. Steven Nadler, Baruch Spinoza e l’Olanda del Seicento, Einaudi, Torino 2002, p. 87.
3. Mi riferisco a letture sessuocentriche come quella di Pietro C. Marani (qui).
4. Ibidem, p. 289.
5. Ibidem, p. 203.
6. Cfr. Remo Bodei, La vita delle cose, Laterza, Bari 2011, pp.111-112.
7. Ibidem, pp. 103-104.
8. Ibidem, pp. 103; 94.
9.Vedi qui.
 
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋

6 commenti:

  1. Inizi la giornata e trovi da leggere e gustare il post appena pubblicato da Rossana. La giornata prende colore.
    Intanto perché, parlando il post di un pittore, il colore è la materia. Ma non solo, il senso è più pieno.
    Non è solo caso la pubblicazione al giorno dopo il Santo Natale. Lo spessore di ¨αιον¨ impiegato per penetrare l’arte di Corona ( attraverso Spinoza) è della Incarnazione, quindi del momento “magico” della nascita di Gesù. Così è ogni volta che “ il finito” si sussume nell’ “infinito “.
    Rossana, tu ce lo hai spiegato con grande grazia e semplicità, come sanno fare ben pochi. Rosario

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Rosario! Il tuo collegamento con il Natale trova un bel parallelismo in una pagina dedicata a Giorgio Morandi da Massimo Recalcati. A proposito dell'invisibile nel visibile dice, infatti: "E' questo il cristianesimo di fondo della sua opera: Dio ha il volto dell'uomo. Se l'astrattismo abolisce il referente oggettivo della pittura, Morandi non si limita a contrapporre rappresentazione ad astrazione, ma introduce l'aldilà della rappresentazione proprio restituendo alle cose visibili - alla materia di cui è fatto il mondo sensibile - la massima dignità".
      Mi pare che, nella stessa linea, si possa leggere quel realismo che vuole cogliere lo spirituale nella natura delle cose, come è in Gianluca Corona.

      Elimina
  2. Molto, molto interessante! Un vero regalo di Natale questo post!
    La tua analisi è chiarissima e queste "nature silenziose" mi hanno ricordato un po' certi dipinti del mio amatissimo Zurbaran.
    Grazie di cuore, cara Rossana, e un abbraccio!

    RispondiElimina
  3. Grazie Annamaria! Sì, Zurbaran è meraviglioso e il periodo è proprio quello del Seicento. Inserisco qui un'immagine di una sua opera: "Coppa d'acqua e una rosa su un piatto d'argento". La poesia che si sprigiona a partire da un certo sguardo delle cose. [img]https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/b2/Francisco_de_Zurbar%C3%A1n_-_Cup_of_Water_and_a_Rose_on_a_Silver_Plate_-_WGA26060.jpg[/img]

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie di cuore, cara Rossana! Questo è proprio il dipinto di Zurbaran che adoro e sul quale avevo fatto un post tanti anni fa. L'ho anche visto dal vivo alla National Gallery.di Londra! Meraviglioso!

      Elimina
  4. Mi unisco ai contenuti dei precedenti commenti e rinnovo un grazie di cuore per i tuoi post preziosi! Buona domenica ancora da qui! Un abbraccio.

    RispondiElimina