Qual è il compito del docente riguardo alla contemporaneità?
Post di Gian Maria Zavattaro.
Guido Scarabottolo, Cosa vedete? |
In questo “tempo di privazione” mia moglie ed io continuiamo a coltivare un sano “ottimismo tragico”. Capire il presente è sempre percepirlo ed interpretarlo da un punto di vista selettivo e non esaustivo. Chiunque pontifichi di averlo interamente compreso mi pare incline all’impudicizia (“aneideia”): non sa o non vuole esplorare fino in fondo, non ama il dubbio, non ha sospetti nel propinare la sua “doxa”, verità apparente, altra cosa dalla verità nascosta (a-letheia), non va oltre l’apparenza, ascolta il canto delle sirene, non mette a nudo i nodi essenziali delle tre domande kantiane ridotte al silenzio o all’oblio dall’“inferno della stupidità”. Parliamo allora con prudente reticenza della tecnologia ogni giorno più pervasiva, in accelerazione geometrica non matematica nelle nostre quotidiane relazioni, ed ora pesantemente imposta dall’alto in tutte le scuole italiane: per noi invito ad esercitare un “sano scetticismo” anche se - come suggeriva anni fa Stoll - “verrete subito etichettati come luddisti o trogloditi”.
Guido Scarabottolo, L'uomo rovesciato |
Il dilagare delle tecnologie digitali nella nostra vita “quasi a confondersi con essa” impone alla scuola il diritto–dovere di educare ed istruire all’uso corretto dell’intelligenza artificiale, ma soprattutto dovrebbe sollecitare studenti e docenti ad operare insieme una libera riflessione, non ammannita dalle truppe ministeriali, soprattutto attenta ai soggetti più vulnerabili, rendendo tutti consapevoli della criticità delle nuove tecnologie: risorse oggi ovviamente indispensabili, che rischiano di portare alla spersonalizzazione e a nuove forme di idolatria, come ogni giorno noi stessi vediamo e sperimentiamo: in treno in metrò in strada a pranzo e cena al bar, tutti a chattare, anche a scuola nonostante discutibili veti.
Guido Scarabottolo, Ritorno ai libri |
Il docente pensante non elude le domande kantiane rivolte alla scuola: che cosa significa oggi educare a pensare, che cosa la scuola deve fare, che cosa le è concesso sperare? Qual è il compito del docente riguardo alla contemporaneità? C’è ancora posto per la scuola come tempo-spazio d’incontro tra docenti-studenti, tra diverse generazioni? E la tanto vituperata lezione faccia a faccia? Qual è il compito precipuo ed essenziale della scuola oggi? E in ultimo chiederci se gli “effetti collaterali” (3) della dominante tecnologia per forza devono operare una metamorfosi fisica della scuola, stravolgere spazi e strumenti millenari, come anticipato dal PIANO SCUOLA 2.0 ed ora imposto da 4.0: disposizioni ministeriali sempre più impositive, perentorie e non propositive, con il discutibile ausilio di “formatori” pronti a convertire i renitenti.
Guido Scarabottolo, Leggere o non leggere? |
In questa ottica tento una risposta: ovviamente discutibile, che però intende rifuggire da ogni demonizzazione, per nulla nostalgica del tempo antico (unicuique diei malitia sua!), non disponibile a battaglie di retroguardia, semmai di avanguardia. Solo però un monito cordiale ai presunti formatori: non prendete in giro, non sottovalutate l’intelligenza dei docenti, non giocate al dottore, non inventate improbabili patologie di docenti “conservativi” pieni di paure e ansie per il nuovo (evitando così a voi la trappola della formazione reattiva), siate formatori, non fondamentalisti digitali “sacerdoti dell’informatica”, convincete con la persuasione, categoria della scuola.
La tecnologia è come ogni cosa umana ambivalente: è un bene soggettivo e sociale, un’opportunità per tutti e a servizio della comunità oppure un male per tanti e in casi estremi per tutta l’umanità, come oggi ben sappiamo, vediamo e temiamo.
Guido Scarabottolo, Pensare |
Nel nuovo contesto nascente L’essenza della scuola deve essere salvaguardata o recuperata: sia il rapporto dinamico relazionale interpersonale faccia a faccia tra docente e discente, cioè tra persona e persona (rapporto compromesso dall’idolatria tecnologica), sia tutto ciò che l’umanità ha prodotto con la parola e la scrittura da almeno due millenni e mezzo. La scuola non è ostaggio dell’oggi o del passato né tanto meno di un futuro inesistente; siede – come scriveva don Milani (5) - tra passato e futuro. È extraterritoriale e, per quanto inserita profondamente nel territorio e nel suo tempo di appartenenza, non è serva di interessi particolari o consortili, appartiene a tutti e a nessuno. Proprio perché luogo liberante di speranza, di resistenza e di profezia, non può ridursi ad ancella di nessuno, tantomeno dell’intelligenza artificiale e del mercato. Può forse essere urgente l’utilizzo esondante della didattica digitale, ma sicuramente non è l’antidoto alla dilagante dipendenza da internet tra gli adolescenti, ai disturbi di relazione indotti dall’ uso eccessivo della comunicazione digitale, con il rischio di nuove patologie legate alla dipendenza.
Guido Scarabottolo, Il lettore solitario |
Secondo G. Reale il mito platonico della caverna riportato all’oggi prefigurerebbe in modo drammatico la situazione in cui ci troviamo oggi: non vediamo che immagini trasmesse dai vari media e social in ottica virtuale. È e sarà sempre più difficile, ma non impossibile, aiutare chi è imprigionato nella caverna stracolma di strumenti di comunicazione tecnologica e virtuale, a liberarsi dalle catene tecnologiche, uscire alla luce avendole a sua volta incatenate a servizio del bene di tutta la comunità umana.
Note.
1. cfr. Avvenire del 21.2.23,p.1: art. di R. Colombo La persona e la scuola a una sola dimensione
2. cfr. Avvenire 21.2.23, p.15: art. di F. Ognibene, Tecnologie sempre più pervasive: difendiamo la coscienza umana.
3. G. Reale in “Salvare la scuola nell’era digitale” (ed. La Scuola, 2013) così chiamava le ambivalente della tecnologia con sottile ed insieme terribile ironia, quasi blasfema per ciò che oggi evoca.
4, .cfr. Avvenire del 26.2.23,p.3: art. i C. Cassola, Non la scuola della violenza: ecco è il cuore del problema
5.“La scuola siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. E’ l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità […], dall’altro la volontà di leggi migliori cioè il senso politico […]. E allora il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare “i segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso” (Lettere di don Milani priore di Barbiana, Mi, Mondadori,1970, p. 222-223).
6. Si legga il lucido articolo del prof. Piero Dominici, Università di Perugia “I rischi di un’innovazione tecnologica senza cultura e l’illusione di una relazione meno asimmetrica con il potere” (del 27.03.2017 sul blog “fuori dal prisma-Il sole 24 ore).
Da Rosario. Commento per approvare, rilevando una competenza straordinaria accompagnata dal sano esercizio del dubbio e dal saggio procedere per gradi.
RispondiEliminaReazione giustificata dall’opposto metodo dei “ ministeriali” che, dopo lungo letargo, intervengono senza consultazione dei docenti, esclusivamente proni a piani di “ intelligenza astratta” e di “ pedagogia cognitivista “a dosi massicce.
Noto con piacere il “ ritorno” di un’opera cult del ‘68, che graffia, oggi come allora, il monolitismo estrinsecato in un allineamento unilaterale alla tecnologia “ sovrana ( “ sovranista “).
Il perno del discorso : “non può soppiantare il contatto, il virtuale non può sostituire il reale, e i social l’ambito sociale” ribadisce che il docente Forma mentre la Tecnologia Informa, che la relazione , codice della vita, deve - non può essere altrimenti - costituire l’asse valoriale dello scenario scolastico.
Grazie Gian Maria 👏🤗
Grazie, caro Rosario. Che gli appelli nostri e di tanti docenti non siano vane grida nel deserto...
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