Una interpretazione della storia, dalla parte dei “vinti”.
Post di Rosario Grillo
Immagini dei dipinti di Michele Catti (Palermo, 1855-1914), paesaggista siciliano.
Michele Catti, Porta Nuova (Palermo) |
“Colonialità” è un termine che condensa strutture mentali e basamenti economico-sociali globalmente intervenuti a portare sottomissione ed a svuotare di ogni germe vitale tutto ciò che è stato pensato ed agito, liberamente e autonomamente, nei territori di “margini e periferie”.
🍀 INTRODUZIONE
La geometria ha dato riconoscimento al frattale, figura in cui lo spazio assume proprietà omotetiche.
Il mio consiglio è di servircene per dare un campo unitario all’insieme sparso ma omogeneo dei fenomeni storici, socio-popolari, del sud Italia.
Il loro inizio potrebbe perdersi nei secoli, ma lavoro organico chiede di situare tra il 1799 e il secondo dopoguerra, in modo da rappresentare una nuova interpretazione della questione meridionale.
Lo spunto mi viene dalla lettura di un’opera con specifico circuito di diffusione editoriale: Il rovescio della nazione di Carmine Conelli (ed. Atu).
In essa si focalizza innanzitutto il contributo che Antonio Gramsci diede alle questioni della storia nei Quaderni del carcere e si dà corso ad un diverso esaminare storico, mescolando i suoi frutti con nuovi assi storiografici in scala de- eurocentrica e decoloniale.
Il primo effetto si viene a trovare nel concetto di nazione, che, a ben guardare, risulta artefatto, privo di spontaneità natural-oggettiva (come finora si è pensato). Da qui …il rovescio della nazione.
L’autore esplicita, dalla introduzione, che si vuol far “emergere la storia del sud Italia non dagli stati- nazione ma dai perduranti effetti del colonialismo europeo” (2).
Nell’orizzonte di codesta istanza, il revisionismo si applica già al concetto di modernità.
Anch’esso, infatti, è funzionale ad un processo storico modellato a sancire, con l’affermazione della borghesia, lo Stato sovrano "ammanigliato" con il potere economico-industriale. Sistema vincente, proteso al dominio coloniale.
Michele Catti, Marina con barca e pescatori |
1. Aiuto a liberarci dall’abitudine - il termine è carico di ironia - di considerare la storia sulla scala diacronica, ad assumere quindi uno sguardo sincronico, viene dagli studi sul colonialismo, perché i meccanismi di dominio e sopraffazione, con piccole variazioni, si ripetono nei vari luoghi su cui si è estesa la “mano del capitalismo e dell’imperialismo”.
Dalla “conquista delle Indie” al saccheggio delle materie dell’Estremo Oriente, alla spartizione dell’Africa: dentro è incuneata una divaricazione nord-sud come ovest-est, da cui si estrapola un solido paradigma di colonialità valido ad essere impiegato anche nel sud Italia.
“Nel ’500 le chiamavano las Indias de por acá. Erano le regioni più remote del regno di Napoli, così definite da quei gesuiti che ritornavano dall’esperienza di evangelizzazione delle popolazioni indigene colonizzate, e che dal 1561, in piena Controriforma, lì inaugurarono i loro collegi. Un’espressione, quella dell’«India italiana», che rimandava all’immaginario del selvaggio e del primitivo" (2).
Maestri del nuovo modo di “pensare la storia” furono i francesi, a cominciare da Marc Bloch, che si raccolsero nel gruppo di Annales. Da essi venne l’imput ad inserire la storia nel gruppo delle scienze sociali ed anche a ricevere contributi dalla psicologia, individuale e sociale, onde fu favorito l’innesto della “archeologia del sapere” delineata da Michel Foucault.
Michele Catti, Tempo piovoso |
“Nella formulazione foucaultiana, piuttosto, emerge una dimensione figurata dell’archivio la cui funzione è quella di costruire attivamente un immaginario politico, nonché i saperi e l’orizzonte culturale che modellano la nostra comprensione della realtà sociale e della storia.” (3)
Lessico, immaginario, occultamento, gerarchie: i tropoi di questo “archivio”.
Dallo “scossone” arrivò un metodo per emanciparsi dal determinismo, di vario impasto, in ultimo codificato in codice positivista.
Scrivo allora qui della pagina pseudo scientifica di un’antropologia criminale che reca i nomi di Cesare Lombroso e Alfredo Niceforo, nata a ridosso del fenomeno del brigantaggio e proiettata a descrivere “per via scientifica” (sic!) una predisposizione a delinquere dei briganti meridionali tardo ottocenteschi (studio del cranio).
Piuttosto, quei briganti manifestavano l’esasperazione di una vita contadina ridotta alla fame; essi, che per secoli avevano rivendicato le terre comuni.
Dopo il 1861, dopo l’annessione al regno di Piemonte, dopo che si era accesa una timida speranza dalla spedizione dei Mille, era calata più cocente la delusione per la speranza tradita, per il rafforzamento del latifondo con le sue angherie feudali mentre si era accresciuto il “peso del potere” in ragione della “estraneità” delle figure dei nuovi amministratori e dei metodi asfissianti della amministrazione moderna.
Michele Catti, Alba |
Non si può rimproverare, del resto, l’assenza di scrupoli e quindi di un dibattito tra i membri del parlamento italiano popolato di liberal-moderati, molti dei quali immigrati dal sud.
Fu Commissione d’inchiesta e ci fu anche, un po’ più tardi, l’organica indagine di Jacini; si riconobbero cause sociali “predisponenti”, ma non ci fu (né ci poteva essere) il riconoscimento della diversità “del cammino storico” delle popolazioni meridionali, fortemente segnato dalla vita “nei campi e nei boschi”. (5)
🍀ECHI DELLA RIVOLTA DI MASANIELLO
Nelle pagine del libro non si manca di rivisitare la rivoluzione del 1648 a Napoli.
Personalmente ricordo l’attenzione prestata a questo evento dallo storico Rosario Villari, contestualizzato in un Seicento, che egli conosceva assai bene.
Conosco quindi la scelta di Giulio Genoino come il protagonista “positivo” della crisi, capace di prospettare la “via moderna” per uscire dal groviglio delle confuse rivendicazioni sociali. Perciò l’emerito storico calabrese non riuscì a riconoscere fino in fondo la fecondità latente dell’iniziativa rivoluzionaria del pescivendolo napoletano dentro il “magma popolare”.
Michele Catti, Autunno a Palermo |
Anzi, proseguendo per questa via, considerate le connotazioni marxiste del metodo storico usato da R. Villari, possiamo indicare qui la “falla” che va ad inficiare le prospettive dell’analisi condotta da Antonio Gramsci sul nostro Risorgimento.
Il filosofo sardo, riconosciuto quale antesignano di uno “sguardo critico” sui meccanismi sociali, quando, in dissenso con la linea ufficiale del comunismo, auspicava un’alleanza tra operai e contadini, non riuscì a cogliere il “profondo differenziale” legato alla soggettività della gente diseredata.
🍀 SOGGETTIVITÀ, NON OGGETTIVITÀ
Se si risale alla forma mentis dei positivisti, ci si ritrova davanti alla loro presunzione circa la capacità del pensiero di cogliere l’oggettività dei fatti (anche degli eventi storici). In essa vedo il condensato di una concezione generale tesa a “raggruppare cristallizzando” ogni espressione umana, individuale o di gruppo, materiale come ideale, a fondo culturale, graduata universalmente…e, in quanto tale, fatta: fattore di progresso. (6)
Michele Catti, Viale della Libertà, Palermo |
Ecco la soggettività! Ramificata e diversificata in rivoli: potenziale di una libertà che cerca ascolto, allocata più nei margini che nei “palazzi”.
Una interpretazione della storia, dalla parte dei “vinti”, inforca questa “lente”. Si può rappresentare nella forma frattale, come scrivevo all’inizio.
Allora, sotto l’indice della soggettività si raccolgono i tumulti di Masaniello come le confuse aspirazioni di giustizia sociale presenti dentro la repubblica partenopea (7), le aspettative del popolo meridionale al seguito della spedizione dei Mille come le diverse personalità dei briganti meridionali, protagoniste di un “calderone rivoluzionario” che sconfinava dal desiderio di rimettere sul trono i Borboni. La lista si può allungare e ad allungarla ci pensa Conelli, arrivando ad accennare alla rivolta di Reggio Calabria del 1970.
Sono tanti e tanti gli episodi, che episodi non risultano più se vengono classificati in quel “frattale”. Così, innumerevoli sono gli errori, quando, come cura, si è trovata la strada dell’inviso modello industriale, investendo il paesaggio meridionale di brutture ed inquinamento, provocando, in certi casi, un’angosciosa necessità di scegliere tra “la vita e il lavoro” (Taranto).
N.B. Una nota, che non è marginale, mette in evidenza, con l’ausilio del giovane storico Emanuele Felice: che le classi dirigenti del sud sono state sempre inadempienti al proprio compito. (8)
🍀 Note.
Michele Catti, Ultime foglie |
(2) Il rovescio della nazione di C. Conelli in formato eBook Kindle p. 32.
(3) Idem p. 42.
(4) L’aggettivo indigeno vuol sottolineare la peculiarità incompresa di dignità sociale presente nei territori investiti dalla rivolta del brigantaggio.
(5) Figure “solitarie”, lasciate sole (poco comprese persino nel bacino dei marxisti italiani, come Carlo Levi (il suo Cristo si è fermato a Eboli ) o Rocco Scotellaro possono essere prese ad esempio per configurare “il mondo dei vinti”.
(6) Parametro consono a tale ideologia si trova nella sociologia dei positivisti, scientia scientiarum, organon per il governo scientifico della società.
(7) Qui si fa il controcanto della definizione data da Vincenzo Cuoco, del fenomeno come “rivoluzione passiva”.
(8) E. Felice, Perché il sud è rimasto indietro, il Mulino.
Grazie, Rosario. Parola illuminante “frattale”, inserita in un discorso vibrante e mordente,“ramificata e diversificata in rivoli” che ribaltano tanti luoghi comuni: il senso della questione meridionale, il concetto di nazione ed il suo “rovescio”, l’oggettività in rapporto a frammenti di soggettività “potenziale di una libertà che cerca ascolto più nei margini che nei palazzi”: interpretazione della storia “dalla parte dei “vinti” nella ricorrente forma frattale della soggettività (dai tumulti di Masaniello, alle confuse aspirazioni di giustizia sociale presenti dentro la repubblica partenopea, alle aspettative del popolo meridionale al seguito della spedizione dei Mille, alle diverse personalità dei briganti meridionali, protagoniste di un “calderone rivoluzionario”…, “all’inviso modello industriale, investendo il paesaggio meridionale di brutture ed inquinamento, provocando, in certi casi, un’angosciosa necessità di scegliere tra la vita e il lavoro (Taranto)” ..., alla rivolta di Reggio Calabria del 1970 e alla “nota che non è marginale”… Che è come dire alle persone intelligenti di leggere, riflettere in modo ragionevole, responsabile, di ritornare al pensiero critico socratico e non lasciarsi sorprendere dall’attuale virus della stupidità. Post Da leggere, rileggere e da meditare…
RispondiEliminaCaro Gian Maria, il tuo commento è troppo generoso. Mi fa piacere però che ti sei immedesimato con il mio intento : restituire dignità al Meridione e, più in generale, ai " vinti" nella storia. Lì si intercetta il programma della liberazione che nostro Signore Gesù ha annunciato. Ci sentiremo presto. Un abbraccio fraterno Rosario
EliminaConcordo. Grazie 🌿
RispondiEliminaSono io che ringrazio Rosario
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