Ho notizie da darvi ... |
In questi
giorni, in modo per la verità molto sommesso ed un po’ troppo discreto, i media
ci hanno dato notizia della XXVI edizione del tradizionale appuntamento di
riflessione di giugno del Censis, dedicato a «i vuoti che crescono: vuoto
della sfiducia crescente nella scuola».
1. Sfiducia
nella scuola come strumento di mobilità sociale.
Oggi la scuola garantisce sempre meno opportunità occupazionali e non aiuta gli alunni provenienti da famiglie svantaggiate a migliorare la loro posizione sociale. Mentre l'abbandono scolastico tra i figli dei laureati è marginale (il 2,9%) e tra i figli di diplomati limitato (7,8%), sale invece al 27,7% (quasi uno studente su tre) se i genitori hanno frequentato solo la scuola dell'obbligo. Al primo impiego solo il 16,4% dei giovani nati tra il 1980 e il 1984 è salito nella scala sociale rispetto alla famiglia di provenienza.
Oggi la scuola garantisce sempre meno opportunità occupazionali e non aiuta gli alunni provenienti da famiglie svantaggiate a migliorare la loro posizione sociale. Mentre l'abbandono scolastico tra i figli dei laureati è marginale (il 2,9%) e tra i figli di diplomati limitato (7,8%), sale invece al 27,7% (quasi uno studente su tre) se i genitori hanno frequentato solo la scuola dell'obbligo. Al primo impiego solo il 16,4% dei giovani nati tra il 1980 e il 1984 è salito nella scala sociale rispetto alla famiglia di provenienza.
E ad Albenga?
Dicono che la scuola non aiuta a migliorare la posizione sociale... ... si va indietro come i gamberi... |
Il rapporto fiduciario tra famiglie e sistema scolastico è oggi largamente compromesso a causa della carenza di posti disponibili, scarsità di risorse finanziarie, aumento dei costi da sostenere per rette e servizi di mensa, incapacità di rispondere ai bisogni quotidiani di materiali didattici e logistici. Solo il 55% dei comuni italiani ha attivato servizi per l'infanzia (asili nido e servizi integrativi) e solo per il 13,5% dell'utenza potenziale. Nei capoluoghi di regione la domanda insoddisfatta è pari al 35,2%. I comuni peggiori sono Palermo (71,9% di domanda insoddisfatta) e Roma (67,3%), mentre i migliori sono Torino (100% di domanda soddisfatta) e Milano (95,1%).
E ad
Albenga?
Dicono che la scuola pubblica è senza risorse... |
3. Sfiducia che favorisce
gli abbandoni scolastici.
Nell’arco dell’ultimo quinquennio delle superiori risulta "disperso" il 27,9% degli studenti, pari a circa 164mila giovani. La scuola statale ha perso nel giro di 15 anni circa 2,8 milioni di giovani, di cui solo 700.000 hanno poi proseguito gli studi nella scuola non statale o nella formazione professionale, oppure hanno trovato un lavoro. L’11,4% degli studenti abbandona gli studi tra il primo e il secondo anno, e un altro 2,5% tra il secondo e il terzo anno. Nel 2013 il 77,9% dei giovani italiani 20-24enni risultava in possesso di un diploma, contro una media europea più alta, pari all’81,1%. L’uscita precoce dai circuiti scolastici riguarda il 31,2% degli studenti i cui genitori svolgono professioni non qualificate, contro appena il 3,9% di quelli con genitori che svolgono invece professioni qualificate.
Nell’arco dell’ultimo quinquennio delle superiori risulta "disperso" il 27,9% degli studenti, pari a circa 164mila giovani. La scuola statale ha perso nel giro di 15 anni circa 2,8 milioni di giovani, di cui solo 700.000 hanno poi proseguito gli studi nella scuola non statale o nella formazione professionale, oppure hanno trovato un lavoro. L’11,4% degli studenti abbandona gli studi tra il primo e il secondo anno, e un altro 2,5% tra il secondo e il terzo anno. Nel 2013 il 77,9% dei giovani italiani 20-24enni risultava in possesso di un diploma, contro una media europea più alta, pari all’81,1%. L’uscita precoce dai circuiti scolastici riguarda il 31,2% degli studenti i cui genitori svolgono professioni non qualificate, contro appena il 3,9% di quelli con genitori che svolgono invece professioni qualificate.
4. Sfiducia
nell’università che perde iscritti.
Tra i 30-34enni italiani i laureati sono il 20,3% contro una media europea del 34,6%. L'andamento delle immatricolazioni è calato significativamente: nel 2011/12 si sono registrate circa 9.400 immatricolazioni in meno (-3,3%) rispetto all’anno precedente. Il tasso di passaggio dalla scuola all’università tra i 18-19enni è sceso dal 50,8% del 2009/10 al 47,3% del 2011/12. Nel 2011/12 ha abbandonato gli studi tra il 1° e il 2° anno il 15,4% degli iscritti alle lauree triennali e il 10% degli iscritti alle lauree a ciclo unico. Solo uno studente su quattro arriva a conseguire il titolo alla fine dei tre anni canonici e il 43,6% si laurea in un corso diverso da quello di immatricolazione. Chi può va a studiare all’estero alla ricerca di un’offerta di qualità migliore e di maggiori opportunità sia occupazionali sia di realizzazione sociale che non trova in Italia. Tra il 2007-11 gli studenti italiani iscritti in università straniere sono aumentati del 51,2%, da 41.394 a 62.580.
Tra i 30-34enni italiani i laureati sono il 20,3% contro una media europea del 34,6%. L'andamento delle immatricolazioni è calato significativamente: nel 2011/12 si sono registrate circa 9.400 immatricolazioni in meno (-3,3%) rispetto all’anno precedente. Il tasso di passaggio dalla scuola all’università tra i 18-19enni è sceso dal 50,8% del 2009/10 al 47,3% del 2011/12. Nel 2011/12 ha abbandonato gli studi tra il 1° e il 2° anno il 15,4% degli iscritti alle lauree triennali e il 10% degli iscritti alle lauree a ciclo unico. Solo uno studente su quattro arriva a conseguire il titolo alla fine dei tre anni canonici e il 43,6% si laurea in un corso diverso da quello di immatricolazione. Chi può va a studiare all’estero alla ricerca di un’offerta di qualità migliore e di maggiori opportunità sia occupazionali sia di realizzazione sociale che non trova in Italia. Tra il 2007-11 gli studenti italiani iscritti in università straniere sono aumentati del 51,2%, da 41.394 a 62.580.
E
ad Albenga?
Dicono che è diminuito il numero dei laureati ... |
5. Sfiducia
nel rapporto insegnanti-genitori.
Aumentano i ricorsi al Tar: nel 2012 sono stati 1.558, 17,1% in più rispetto all’anno precedente. Solo il 10% dei genitori partecipa alle elezioni degli organi collegiali. L’atteggiamento ormai prevalente tra il personale, a detta dei dirigenti scolastici, è la demotivazione e la sfiducia, cui si contrappone lo scarso atteggiamento collaborativo delle famiglie.
Aumentano i ricorsi al Tar: nel 2012 sono stati 1.558, 17,1% in più rispetto all’anno precedente. Solo il 10% dei genitori partecipa alle elezioni degli organi collegiali. L’atteggiamento ormai prevalente tra il personale, a detta dei dirigenti scolastici, è la demotivazione e la sfiducia, cui si contrappone lo scarso atteggiamento collaborativo delle famiglie.
Dicono che non c'è collaborazione tra genitori e insegnanti ... |
Il caso del TAR del
Lazio.
C’è qualcosa da commentare? Sì. Il sottoscritto, un tempo preside
dichiaratamente e volutamente “buonista”, è rimasto esterrefatto alla notizia
della sentenza del TAR del Lazio che ha dichiarato
illegittima la decisione di un liceo classico romano di respingere uno
studente con 3 in matematica, 3 in fisica e 3 in storia dell’arte. Motivazione:
non sono carenze gravi, perché non caratterizzano il percorso umanistico!
Forse anch’io avrei fatto di tutto
per tamponare un’inevitabile, a mio avviso, bocciatura e, se mai ciò
fosse avvenuto, sarebbe stata in ogni caso una scelta responsabile del
consiglio di classe (immagino a maggioranza), strettamente legata a motivazioni
riguardanti la storia personale dell'alunno, il suo processo
evolutivo, i suoi livelli di partenza e le sue potenzialità anche rispetto
alla classe di appartenenza, la sua personalità, il suo contesto
sociale e familiare.
L’impressione che se ne ricava è che
i giudici del Tar conoscano a tavolino i giovani più dei
docenti stessi e siano qualificati esperti in fatto di valutazione
pedagogica e didattica. Altra impressione che se ne ricava è che considerino il
sapere un aggregato di monadi e la cultura un quid a comparti
stagno: pertanto è illegittimo considerare il sapere e la
cultura diversamente. Una sentenza arbitrariamente ideologica? Non
lo so, a chi di dovere (ad es. al Consiglio di Stato) l’ardua sentenza. So
però che nel generale disorientamento sociale e vuoto culturale è ormai
prassi da parte di chi ha potere arrogarsi funzioni di supplenza:
nel caso nostro non solo e non tanto legittimamente e doverosamente giudicare
le contraddizioni formali, ma entrare nella sostanza e nel merito delle
decisioni. Sono “gli abusivi della cattedra”, come stigmatizza il
Corriere della Sera del 30 giugno nel titolo dell’articolo di G.
Belardelli?
Il problema vero è che dietro questo ed
altri consimili pronunciamenti c’è un fenomeno ben noto: la sfiducia e la
perdita di credito sociale della scuola che spingono molti genitori
“sindacalisti” (per lo più incapaci di gestire l’insuccesso dei propri figli e
di valutare serenamente le proprie responsabilità) a scaricare tutte le colpe
sulla scuola, affidandosi a compiacenti avvocati oppure, come a Cosenza, strapazzando
direttamente la vicepreside.
Anche Albenga non è stata e non è immune, ma – a parere mio - con una netta duplice differenza rispetto ad altre realtà territoriali. Da una parte sono ancora tanti i genitori che intravedono nella figura del docente una persona autorevole da rispettare, disposti a collaborare in un rapporto di reciproca fiducia. Dall’altra vi é la stragrande maggioranza dei docenti (non tutti per la verità) colti, competenti, motivati, attenti ad ogni alunno quale persona irripetibile, pronti a raccogliere e rilanciare la sfida di una reciproca fiducia, viventi testimoni di un vivaio fiorente di passioni educative in tutte le scuole ingaune. E la notizia che i media da giorni diffondono circa la possibile abolizione dei Tar, a cui il governo sembrerebbe metter mano, non riesce a rattristarmi …
Anche Albenga non è stata e non è immune, ma – a parere mio - con una netta duplice differenza rispetto ad altre realtà territoriali. Da una parte sono ancora tanti i genitori che intravedono nella figura del docente una persona autorevole da rispettare, disposti a collaborare in un rapporto di reciproca fiducia. Dall’altra vi é la stragrande maggioranza dei docenti (non tutti per la verità) colti, competenti, motivati, attenti ad ogni alunno quale persona irripetibile, pronti a raccogliere e rilanciare la sfida di una reciproca fiducia, viventi testimoni di un vivaio fiorente di passioni educative in tutte le scuole ingaune. E la notizia che i media da giorni diffondono circa la possibile abolizione dei Tar, a cui il governo sembrerebbe metter mano, non riesce a rattristarmi …
Sono perplessa... |
... molto perplessa ... |
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E già prof. Gian Maria Zavattaro! La scuola oggi sembra essere frequentata da un branco di mosche impazzite: insegnanti che sembrano accanirsi sul metodo invalsi (comodità ?), insegnanti e genitori che competono con la loro stessa categoria o tra di loro, , bambini ipernevrotizzati dal "fare" e dal dover sapere, i più scrivono già a 3.5, ovviamente troppi al rovescio, che soffrono già di ansia di prestazione a quell'età, per non parlare dei bambini cosiddetti scolarizzati, a volte già a sei anni cataloghi che camminano, e altri, troppi (uno su quattro) con problemi di apatia e depressione!...Per la corsa a cui vengono sottoposti!...spremuti come limoni!...E in tutto questo i nostri ministri stanno pensando bene di investire in singoli progetti alternativi per singole scuole che altro non hanno, almeno a me sembra, se non un profumo di propaganda politica e che non fa altro che spingere le scuole all'autocelebrazione rispetto alle scuole "escluse"....invece di pensare a concepire progetti di più ampio respiro che interessino tutti, indistintamente, e che abbiano come fine ultimo e essenziale quello di EDUCARE veramente e gli insegnanti per primi ad ESSERE maestri che ispirano alla vita, piuttosto che SENTIRSI insegnanti o peggio docenti che imprimono didattica senza respiro!....Grazie professore, grazie per l'affinità che sento dal profondo del cuore, Anna Bruno http://periegeta.it/
RispondiEliminaSono io, con mia moglie, a ringraziarLa per le Sue riflessioni che – come Ella esplicita – sono in sintonia con la mia visione pedagogica, che quando ero a scuola tentavo ogni giorno di risolvere in prassi. E. Morin qualche anno fa (era l’aprile del 2007 e si trovava in Italia) dichiarava che “voglio apprendere a vivere” è di importanza vitale nella educazione familiare e scolastica. Aggiungeva che oggi serve un nuovo umanesimo, concreto, globale, che sappia affrontare i temi della persona e del pianeta. Oggi le nuove generazioni sono chiamate ad un compito planetario, la salvezza del genere umano: dobbiamo educarli a maturare una conoscenza adeguata ad assolvere questo compito. La scuola (e faccio riferimento in primis a quella statale) dovrebbe per prima cosa essere il luogo-tempo dell’ospitalità reciproca in cui ogni docente o alunno o genitore è insieme ospite ed ospitato e dove la professione del docente si riconosce profondamente agapica Nessuna sottomissione culturale, nessun risentimento ideologico, doverosa accettazione delle linee del Ministero ma senza alcuna reverenza o deferenza (anche nei riguardi dell’Invalsi…). Tre anni fa il Censis di De Rita, tanto per rimanere in tema, affermava che la scuola italiana rischiava di essere “scuola senz’anima”. L’anima della scuola è segnata dalle attese dei docenti, degli alunni e dei genitori, dalle loro aspirazioni, dal loro esserci o non esserci. Non tutto dipende dai docenti per restituire alla scuola la sua anima, ma moltissimo sì, perché i docenti possono produrre un effetto trascinamento. Penso alle ore di lezione come centro di gravità di tutti gli altri momenti della vita scolastica: lì avviene il passaggio dall’insignificanza al significato, lì si vive l’intensità spesso imprevedibile di un avvenimento che non si dimenticherà, lì la passione di educare del docente (colui che guarda gli alunni negli occhi, ne legge i bisogni, apprezza e dà il giusto risalto ad ogni individualità, perché ognuno possa imparare a conoscersi, apprezzarsi, amarsi, emozionarsi, sorprendersi, andare oltre, fare un passo avanti nella scalata delle difficoltà) e l’emozione dell’apprendimento dello studente (colui che afferra il significato dell’”Io ci sono” e vive l’esperienza di un’apertura senza sosta dell’intelligenza e del cuore a tutti gli incontri e le conoscenze). Si può essere testimoni sul territorio della speranza anche in questo”tempo di privazione” e non far dimenticare a genitori e studenti che si può guardare il cielo. Mi pare quanto Ella sta facendo, soprattutto con l’arte...
Eliminaricordo il maestro Milazzo, che in quinta elementare veniva a farmi lezione e a interrogarmi a casa quando ero malato. era stato partigiano ed era uomo di grandi valori e insegnante, a mio avviso, di valore. ricordo anche sua moglie (Caterina, mi sembra) che conobbi quando avevo 26 anni ed ero milite della Croce Rossa, ma lei mi conosceva già. mi chiamò per nome mentre saliva sull'ambulanza e un giorno arrivò con la foto di classe. tu sei questo, mi disse con emozione. so che ci restò piuttosto male l'unica volta che non potei andare io ad accompagnarla a fare terapia.
RispondiEliminaricordo la professoressa Alberto, una donna già d'età quando facevo i primi anni di ragioneria. orgogliosamente signorina, impiegava mezza giornata a correggere i miei temi scritti con zampa di gallina, e poi mi dava nove. se a volte azzecco un congiuntivo il merito è anche suo. non si può dire che non fosse severa, e una volta ci fece ripulire la porta della classe che avevamo imbrattato, ma un giorno girò per tutta la mattina con 3 pesci di carta appiccicati sulla schiena e ne rise. smise di parlare con quella collega che volle assolutamente bocciarmi. credo che allo scrutinio le abbia detto che se mi comportavo come mi comportavo (e in effetti non ero un tipo facile neppure allora) era lei che doveva farsi delle domande e che forse aveva qualche responsabilità.
ricordo la professoressa Colonnesi Pullicani che il primo giorno di scuola dell'anno successivo entrò in classe parlando rigorosamente in francese e facendoci ripetere quello che diceva per controllare che fossimo attenti. Répétez diceva guardando uno di noi. arrivò da me. Rèpètez, monsieur Rebagliati. Io ho già dato, adesso tocca a qualcun altro, risposi riferendomi al fatto che stavo già, appunto ripetendo (l'anno, intendevo). scoppiò a ridere come una pazza, mi accarezzò (era stata, tra l'altro, anche insegnante di mio padre) e poi mi disse: en francais, s'il vous plait. grande.
ricordo anche mio padre, che non sapeva tutto perché aveva visto su internet che nell'Adriatico ci sono gli squali bianchi. sapeva "solo" quello che aveva imparato alle scuole tecniche, o prima ancora tra i cavalli e le "rebelle" del nonno e degli zii, e poi nel lavoro e leggendo il quotidiano in pausa pranzo (quello sportivo la domenica mattina, nel lettone, spiegandomi quello che attirava la mia attenzione magari attraverso una foto). sapeva di non sapere tutto. si arrabbiava se provavi a insegnargli come si faceva un impianto del telefono e non voleva insegnare agli insegnanti ad insegnare. Con e come mia madre aveva la pazienza di rispondermi quando eravamo in macchina e io vedevo anche un semplice cartellone pubblicitario e chiedevo cosa ci fosse scritto, riuscendo persino a pensare che fosse merito mio se a 4 anni leggevo i titoli del giornale (sempre nel lettone) e se di ritorno dal primo giorno di scuola in prima elementare (ma in realtà lo facevo anche prima) mi sedetti sulla sdraio della nonna e cominciai a sfogliare il giornale, ovviamente appoggiato sul pavimento. potrei andare avanti per ore...
forse è solo amarcord e non c'entra nulla con quanto sopra. o forse un pochino sì.
C’entra c’entra, caro sig. Luca! Ricordi legati all’intensità di un rapporto pedagogico indimenticabile ed alla passione di educare di persone altrettanto indimenticabili. E così Lei – la colpa è tutta Sua – mi ha riportato a galla vecchi ricordi sopiti. Mio padre (modello che quotidianamente mi ispira) che, d’accordo con la maestra d’asilo, veniva a controllare se la mia zoppia era miracolosamente scomparsa dopo una ripassata (lieve ma ben incisa nella mia memoria) con il battipanni: zoppia che mi poneva al centro dell’attenzione e commiserazione altrui (io sono il quarto di dieci figli - a quei tempi quarto di otto – e mal sopportavo di dividere la cura e l’affetto parentale …) E la maestra di prima elementare, che mi sembrava tanto vecchia e forse non aveva neppure 40 anni, che mi ha regalato una vecchia edizione (1911) di Pinocchio, che conservo gelosamente. E ancora il maestro di terza elementare: meridionale e perciò straniero (allora in una città contadina e provinciale come Cuneo può immaginare che cosa significasse) di una bontà grande come il suo cuore, morto tragicamente mentre se ne tornava in vespa alla sua dimora. E il maestro Olivero di quarta e quinta, un altro grande irripetibile maestro, che scoprì e favorì in tutti i modi la mia verve letteraria e poetica (poi estintasi), ma che non si faceva scrupolo di mettermi nel banco dell’asino, ultimo in fondo contro la parete, a monito delle mie marachelle e continue trasgressioni … Quanti maestri, quanti insegnanti oggi lasceranno un segno ed un ricordo? O solo svaporeranno in volti anonimi?
EliminaGrande Caravaggio, il pittore anche da noi preferito. Ricambiamo i sentimenti di amicizia. Buona domenica.
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