Il 28 luglio 1914 - esattamente un secolo fa - l'Austria Ungheria dichiarava guerra alla Serbia...
era l'inizio del primo conflitto mondiale.
Post di Rossana Rolando.
A cosa serve la storia? Cosa si semina, quando si insegna storia? (Albin Egger-Lienz, Il seminatore) |
Cosa rimane di quel che si è seminato? (Albin Egger-Lienz, I falciatori) |
... tutto, nel viaggio della nostra vita, appartiene alla storia... (Albin Egger-Lienz, La famiglia) |
La prima guerra mondiale ... tra le lezioni più intense ... (Albin Egger-Lienz, Soldato tiratore) |
Cosa può colpire oggi? Abituati come siamo a vedere distrattamente scene di dolore ... (Albin Egger-Lienz, Vecchi) |
Ciò che maggiormente colpisce gli alunni più attenti
e sensibili è il bisogno, il tentativo -
da parte di chi visse la guerra, nella sua disumanità - di ritrovare se stessi, di salvare qualcosa di
sé, del proprio essere uomini. In quel mondo terribile della trincea, mondo di contatto
continuo con i cadaveri, con la sporcizia, con i topi … mondo in cui solo
ubriacandosi si poteva uscire allo scoperto, affrontare gli assalti, sopportare
la pressione psicologica dell’incombere della morte … in quel mondo si cercava
tuttavia, nei modi più vari, uno spazio per sognare, per non imbestialirsi, per
rimanere uomini. Un po’ quello che racconta Primo Levi in Se questo è un uomo a proposito dell’Ulisse di Dante: ricordare i
versi di quel canto nel mezzo del mondo disumanizzante dei campi di sterminio
assume una funzione “salvifica”: «Allora e là – afferma Primo Levi, in I sommersi e i salvati – valevano molto.
Mi permettevano di stabilire un legame col passato, salvandolo dall’oblio e
fortificando la mia identità».
Nella prima guerra mondiale, l’attaccamento alla
vita si poteva esprimere in vari modi. Nella scrittura – diari, epistolari, poesie
-, perché scrivere, come insegna la psicoanalisi, ha una funzione liberatoria, catartica;
nel canto, per trovare insieme una voce sola, per uscire dall’angoscia della
solitudine, per esorcizzare la paura; nella fuga: quella effettiva – le
diserzioni, l’autolesionismo, l’ammutinamento - e quella mentale – furono 40.000 i soldati italiani
impazziti.
... cercare di non perdere la propria identità ... (Albin Egger-Lienz, Risurrezione) |
... attraverso la parola che trasfigura ... (Albin Egger-Lienz, Il pittore) |
« “Pronti per l’assalto!” ripeté ancora il capitano. Di tutti i momenti della guerra, quello precedente l’assalto era il più terribile. L’assalto! Dove si andava? Si abbandonavano i ripari e si usciva. Dove? Le mitragliatrici, tutte, sdraiate sul ventre imbottite di cartucce, ci aspettavano. Chi non ha conosciuto quegli istanti non ha conosciuto la guerra»
(E. Lussu, Un anno sull’altipiano, Einaudi,
Torino 1966, p. 121).
Si abbandonavano i ripari e si usciva (Albin Egger-Lienz, L'assalto) |
«Passano i giorni, e ogni ora è al tempo stesso
inconcepibile e naturalissima. Gli attacchi si alternano coi contrattacchi e
sul terreno devastato, fra le trincee, si ammucchiano i morti. Dei feriti, per
lo più siamo in grado di raccogliere quelli che non son caduti troppo lontano;
ma gli altri giacciono a lungo abbandonati, e li sentiamo morire»
(E. M. Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale, Mondadori, 1971, p. 114).
(E. M. Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale, Mondadori, 1971, p. 114).
Il contatto con la morte (Albin Egger-Lienz, Soldato morto) |
La condizione della
guerra di movimento.
«Gli uomini marciavano
addormentati. Molti, persi gli stivali,/ procedevano claudicanti, calzati di
sangue. Tutti finirono azzoppati;/tutti orbi; /ubriachi di stanchezza; sordi
persino al sibilo/ di stanche giornate che cadevano lontano
indietro»
(W. Owen, Poesie di guerra,
Einaudi, Torino 1985).La guerra di movimento (Albin Egger-Lienz, La danza macabra) |
L'autolesionismo... un
modo per sfuggire all'inferno della trincea.
«Nei primi giorni del
corrente luglio, dai posti di medicazione sulle colline del Carso, venne
segnalato un gran numero di militari che presentavano una sola ferita, per lo
più alla mano sinistra, con foro di entrata al lato palmare, cosparso di un
largo alone nerastro e probabilmente dovuto ai proiettili del nostro fucile
mod. 1891. La proporzione ordinaria dei feriti leggeri, ordinariamente
oscillante interno al 10%, salì improvvisamente e senza una apparente ragione
giustificatrice al 90% onde venne segnalato alla direzione di sanità il caso
immediatamente ritenuto straordinario. Questa si convinse che buona parte di
quelle ferite fossero state volontariamente procurate...»(E. Forcella e A. Monticone, Plotone di esecuzione, Laterza, Bari 1972).
Ferirsi ed essere ricoverati era un modo per fuggire alla vita insopportabile della trincea (Albin Egger-Lienz, Disegno preparatorio) |
«Un’intera nottata/ buttato vicino/ a un compagno/ massacrato/ con la sua bocca/ digrignata/ volta al plenilunio/ con la congestione /delle sue mani/ penetrata/nel mio silenzio/ ho scritto/ lettere piene d’amore/
Non
sono mai stato/tanto/attaccato alla vita»
(Giuseppe
Ungaretti, Veglia).L'attaccamento alla vita (Albin Egger-Lienz, Madre con figlio) |
«Era
una notte che pioveva/ e che tirava un forte vento/ immaginatevi che grande
tormento/ per un alpino che stava a vegliar»
(Nota
canzone della prima guerra mondiale).... nella veglia degli alpini... (Albin Egger-Lienz, Tramonto). |
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