Presentiamo qui la riflessione di Padre Ernesto Balducci sul concetto di liberazione e sulla relativa teologia della liberazione - sviluppata ben prima delle condanne che una serie di eventi storici e due "istruzioni" della chiesa (risalenti agli anni '80 del Novecento) hanno ad essa riservato - nella convinzione che tale riflessione si inserisca in una odierna rinnovata attenzione nei confronti degli aspetti positivi di quel movimento teologico.
Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini del pittore brasiliano Arthur Timótheo da Costa (1882-1922), con particolare riferimento alla rappresentazione di un'umanità dolente.
“Il termine “liberazione” esprime
il modo proprio in cui la coscienza cristiana degli anni 70 avverte e
traduce
il suo impegno con la storia e la sua fede in Gesù Cristo” (1).
il suo impegno con la storia e la sua fede in Gesù Cristo” (1).
Arthur Timótheo da Costa, Uomo che prega |
Balducci non poteva prevedere la
futura storia tormentata e conflittuale della TdL (2), ma forse oggi non
sarebbe neppure sorpreso dell’attenzione che i nostri giorni stanno offrendo ai
suoi “principi positivi”.
☆☆☆☆☆☆☆
Sul finire degli anni ‘60 la società
occidentale è scossa dalla crisi della ideologia capitalistica e dalla critica
allo sviluppo tecnocratico, ampiamente contestato sia nell’Occidente sia nei
paesi sottosviluppati. Tra il ’68-‘69 in molte città occidentali vi è
come un’insurrezione ideologica, che segna – soprattutto con il maggio francese
- il punto di rottura di molti giovani con le vecchie generazioni.
Il cosiddetto terzo mondo diventa per loro “un punto di riferimento globale
contro il primo mondo, quello dell’economia di mercato, e contro il
secondo mondo, quello della burocrazia socialista di tipo sovietico” (3).
Il terzo mondo ha la sua rivincita umanistica: ai valori ed ai modelli
mistificanti della società borghese la contestazione giovanile sostituisce
Castro, Che Guevara, Ho Chi Minh… Nel contempo il marxismo recupera
l’istanza utopica delle sue origini (Lukacs, Bloch, Garaudy, Schaff…)
rimettendo in luce il Marx giovane, mentre la scuola di Francoforte (Fromm,
Horkeimer, Marcuse in particolare) acquista una grande popolarità grazie
all’analisi dell’”eclissi della ragione” nel mondo capitalistico e nella
civiltà illuministica (4).
Arthur Timótheo da Costa, Ritratto di uomo nero |
In questo contesto si esprime la TdL.
Nel ‘66 a Ginevra durante il Concilio ecumenico delle Chiese emerge la distanza
tra la coscienza cristiana, anche progressista, dell’Occidente e la coscienza
cristiana del terzo mondo, che richiede una teologia nuova, della liberazione.
A Medellin nel ‘68 la Chiesa dell’America Latina scrive la sua Magna Charta: “con
un coraggio che ancora stupisce, l’episcopato sudamericano prende una nuova
coscienza delle proprie responsabilità pastorali alla luce di una diagnosi
sociopolitica che smascherava il carattere colonialista del programma
kennediano, apparentemente ispirato alla volontà di soccorrere l’America
del Sud” (5). Inizia quel processo di “coscientizzazione” (è il linguaggio di
Freire) come dimensione educativa, che entra rapidamente anche nella coscienza
cristiana occidentale e che reclama un mutamento radicale del sistema (6).
Arthur Timótheo da Costa, Ragazzo |
Il concetto di liberazione implica la
negatività della dipendenza: la sudditanza totale dei paesi sottosviluppati nei
confronti del progetto di civiltà dell’Occidente. Dipendenza non solo
economica, ma subalternità della propria coscienza a quella dei
dominatori, dei quali introietta aspirazioni e modelli di vita. Non ci si
libera solo ribaltando i rapporti di produzione, occorre un nuovo modo di
essere, una nuova civiltà. “Il concetto di liberazione implica, nei
confronti di quello di rivoluzione, un contenuto umanistico più ricco, un
progetto politico più globale, che mira ad eliminare anche le forme di
alienazioni presenti nelle società socialiste dì Europa”(7). La dimensione
politico-umanistica, in cui si riconosce l’ascendenza marxiana(8), si risolve
nella dimensione profetica-messianica contenuta nella Scrittura.
Se la salvezza
è nella comunione con Dio, “essa implica quale sua condizione primaria la
comunione con tutti gli uomini. L’amore di Dio e l’amore dell’uomo sono
davvero una sola cosa, come vuole il precetto evangelico, solo se, abbandonando
il terreno dell’astrazione o delle esercitazioni privatistiche, si incarna
nella lotta per la liberazione degli oppressi” (9) dal rapporto di
dipendenza dalle strutture storiche del “peccato”: quelle del capitalismo,
quelle che assoggettano l’uomo alle ragioni supreme della tecnocrazia, le
istituzioni che assoggettano la coscienza degli oppressi alla convinzione che
la volontà di Dio coincide con l’ordine esistente e anche le teologie che le
legittimano. Poiché negli anni’60 in America Latina permane il legame della
Chiesa con il capitalismo tecnologico, non dalla semplice trasformazione
religiosa può cominciare la liberazione, ma dalla presa di coscienza
dell’oppressione dell’uomo latinoamericano e dal conseguente impegno di
lotta come scelta politica alternativa e, data la situazione, scelta
rivoluzionaria (10).
Arthur Timótheo da Costa, Donna che prega |
La nozione di liberazione come
categoria totalizzante inevitabilmente richiede di partire, utilizzando le
scienze antropologiche, non dai contenuti di liberazione presenti nella
Scrittura da proiettare sulla realtà storica, ma al contrario dalle condizioni
reali alienanti dell’uomo per interpellare la Scrittura, alla ricerca del
senso ultimo della prassi di liberazione.
Arthur Timótheo da Costa, Senza titolo |
Arthur Timótheo da Costa, Davanti al mare |
In sintesi i tratti di questa nuova
cristologia che si stava delineando negli anni ’60 in America del Sud sono:
- il luogo teologico della
riflessione su Cristo non è la chiesa ma l’uomo in condizione di
dipendenza giunto ormai al rifiuto del mondo esistente;
- la riflessione dovrà svolgersi
all’interno dello sforzo globale di liberazione, nell’attenzione ai senza
speranza, ai senza voce e senza nome, esaltando perciò il carattere
“sovversivo” della croce di Gesù, il suo essere segno di rottura tra il
mondo degli esclusi e il mondo dei potenti;
- la fede promette e mostra
realizzata in Cristo l’utopia di un mondo futuro totalmente riconciliato, come
fu rivelato nella profezia biblica e come fu attuato dal Cristo risorto
(13).
Arthur Timótheo da Costa, Teste |
☆☆☆☆☆☆
Credo che tocchi ad ogni lettore decidere se le riflessioni,
scritte nei primi anni ’70, siano datate o abbiano una pregnanza attuale alla
luce degli eventi che stiamo oggi vivendo: da una parte la fine del comunismo
reale e il persistere del dominio neocapitalistico nella nostra società
“liquida”, l’avvento della globalizzazione tecnologica, lo sviluppo
sorprendente di paesi un tempo definiti del terzo mondo, l’Africa con le sue
contraddizioni, il Medio Oriente con i suoi tragici drammi, la crisi
dell’Europa, le migrazioni forzate (politiche ed economiche), l’avanzare
inarrestabile delle “periferie”…; dall’altra l’elezione di un papa proveniente
dalla fine del mondo, la cifra del suo pontificato (“una Chiesa povera e per i
poveri”) come inequivoca opzione preferenziale per le periferie e gli oppressi,
la sua vissuta “teologia del popolo”, meramente evangelica, ma
proprio per questo dirompente e liberante.
Arthur Timótheo da Costa, Cortile con polli e panni stesi |
Note.
(1) Cfr. la voce “liberazione”
in DIZIONARIO TEOLOGICO, a cura di J. B. Bauer e C. Molari, Cittadella
ed. Assisi, 1974, p.313. E. Balducci viene presentato a pag. 5
quale “docente di Storia e Filosofia, direttore del Centro Studi
della Badia Fiorentina, direttore di “Testimonianze”. Sempre
di Balducci si possono vedere: Con R.Garaudy, Cristianesimo come
liberazione, Roma, Coines, 1975; “Da allora
niente è più come prima", Il contemporaneo, "Per capire
il ’68”, inserto di Rinascita, n. 9/1988; Educazione
come liberazione. L'educatore ed il sacerdote attraverso i suoi scritti,
Firenze, Libreria Chiari, 1999.
(2) La Congregazione per la dottrina della fede emanò
le due istruzioni Libertatis nuntius (1984) e Libertatis conscientia (1986)
che di fatto drasticamente emarginarono il filone della teologia
della liberazione legato alla matrice marxiana. Secondo alcuni queste accuse di
influenza marxista nella TdL avrebbero pretestuosamente legittimato
la persecuzione di migliaia di cristiani, laici e sacerdoti, molti uccisi per
la loro testimonianza evangelica, non certo per motivi ideologici. La conferenza generale dell’episcopato
latinoamericano tenutasi ad Aparecida in Brasile nel 2007, con protagonista il
futuro papa Francesco, prende le distanze dalla TdL, ma ne ripropone,
secondo una lettura meramente evangelica, le forti sollecitazioni. Anche a
seguito dell’udienza concessa da papa Francesco a Gutierrez e della Laudato
si’ (dove compaiono in nota riferimenti a L. Boff) pare giunto,
secondo molti cattolici, dopo la turbolenta fase degli anni post-conciliari, il
momento di una “una nuova comprensione della TdL”. Lo stesso Gutierrez,
intervistato dopo l’udienza, chiariva che la TdL “è giovane, aperta a
cambiamenti e sfide, piena di risorse, non ha perso di mordente, non fosse
altro per il fatto che il tema della povertà è sempre lì, sempre più urgente”.
Ma più che TdL quella di Bergoglio è “teologia del popolo”, in cui c’è posto
unicamente per il messaggio evangelico, senza offrire cittadinanza né
legittimare i richiami alla lotta di classe, alla teoria della dipendenza, al
peccato strutturale e sociale.
(3) O. c.,
p. 313. Tesi di per sé non nuove: si pensi alla teologia politica di Metz
o della speranza di Moltmann, il cui limite però è consumarsi nel pensiero
pensante incapace di fornire concreti contenuti alle richieste di cambiamento
del mondo, Ugualmente criticata è la teologia della secolarizzazione e della
morte di Dio, perché subordinata ideologicamente ai dominatori e al
razionalismo tecnocratico.
(4) Liberazione
significa “riconsegna della ragione allo slancio etico-politico dell’uomo che
cerca la libertà incondizionata, i cui modelli possono essere forniti solo
dalla immaginazione” cfr. p. 314.
(5) cfr. p. 315.
Nell’aprile 1967, 400 delegati di quasi tutti i paesi latinoamericani (il
64% erano preti) dimostravano che la presa di coscienza promossa dai teologi
della liberazione non era un’operazione elitaria, ma un fermento tenuto vivo
dalla prassi quotidiana.
(6) I teologi
della liberazione non riducono il male soltanto al predominio delle strutture
alienanti, ma riprendono da Freire – in una reciproca influenza da entrambe le
parti confessata e riconosciuta - l’opera di “coscientizzazione” delle
masse, ovvero – diremmo oggi – delle periferie del mondo. “La liberazione non
può realizzarsi, scriveva appunto Paulo Freire, senza una presa di
coscienza da parte degli uomini, che si manifesta nella prassi degli uomini
nella storia, e questo implica un giudizio critico della relazione tra
coscienza e mondo”. Cfr. p. 318.
(7) Idem.
(8) Si
tende a recuperare, della matrice originaria marxiana, il primato
della prassi sulla teoria e la prospettiva aperta sulla totalità umana.
(9) “Partecipare
alla lotta di classe, scrive Gustavo Gutierrez, non solo non si oppone
all’amore universale, ma è addirittura, oggi, una mediazione necessaria ed
insostituibile della sua concretizzazione. Cioè la transizione verso una
società senza classi, senza proprietari, senza sfruttati, sena
oppressori e senza oppressi. Nel cristianesimo
borghese il peccato appare solo come un atto dell’individuo e non come un atto
della persona e cioè dell’uomo solidale con gli altri e chiamato a unirsi
totalmente con gli altri uomini”. Come la persona, così il peccato ha la sua
sede nella reciprocità costante tra il soggetto e le strutture, le quali,
per loro natura, si fanno così massicce e così interdipendenti da essere nel
loro insieme sotto il dominio del “principe di questo mondo”. Liberare l’uomo è
liberarlo dalle strutture che lo disumanizzano. “Freire osserva che la
società di alto sviluppo non potrà mai portare avanti un discorso teologico
generatore di speranza, perché l’interesse di quella società è la conservazione
del presente. Per poter pensare fuori di questo schema, quando si vive nella
metropoli, è necessario farsi “uomo” del Terzo Mondo, bagnarsi nel Terzo Mondo.
Affinché gli utopisti, i profeti, i seminatori di speranza possano essere
uomini del mondo” cfr. pp. 318-319.
(10) “La Chiesa,
scrive Gutierrez, non ha alternativa. Solo una rottura totale con l’ordine
ingiusto, a cui è legata in mille modi più o meno consapevoli, e un impegno
diretto verso una nuova società renderanno credibile per gli uomini
dell’America Latina il messaggio di amore che essa porta. Questa rottura
avviene già in parte nelle chiese sudamericane in quanto vivono nel cuore
stesso dei conflitti scatenati dall’imperialismo internazionale; le chiese
europee in quanto vivono nell’area del privilegio […] continuano a non
avvertire che restano dentro i confini della alienazione ideologica delle
classi dominanti” cfr. pp. 319-320.
(11) Senza la
rottura che introduca la chiesa nella vita stessa dell’immenso popolo degli
oppressi, anche la lettura della Parola di Dio e la sua predicazione autentica
sono impossibili. Continua Balducci precisando che secondo la TdL non ci
sarebbe pericolo di integrismo il quale fa derivare dai modelli
biblici i contenuti storici della speranza storica. Viceversa è la prassi
di liberazione che fornisce da se stessa i propri contenuti storici e poi si
volge al confronto con la Parola messianica ed in essa trova non solo una
legittimazione della scelta ma una potente provocazione a non chiudere gli
orizzonti del futuro, a tenersi aperti alle perenni diversità che contestano
ogni ordine stabilito. La Parola fa emergere nel mondo presente, in ogni possibile
mondo presente, la comunità di coloro che cercano la città futura.
(12). “Secondo
il teologo sudamericano Leonardo Boff, per la chiesa primitiva l’essenziale non
consisteva nel ridurre il messaggio di Cristo a categorie sistematiche di
comprensione intellettuale ma nel cercare nuovi modi di agire e di vivere nel
mondo. Questo momento prassiologico del messaggio di Cristo è particolarmente
sentito nella riflessione teologica in America Latina. I teologi della
liberazione non presumono di poter realizzare la vera cristologia da
opporre alle altre […] Essi rivendicano il loro diritto di ripensare il
messaggio di Gesù di Nazaret all’interno della propria storia e dell’attuale
esperienza rivoluzionaria. La relatività dei loro risultati non li preoccupa:
ogni cristologia è, in rapporto al mistero del Cristo, relativa”. Cfr. pp. 320
-321.
(13) Cfr. p.321.
(14) Idem.
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Da leggere.
RispondiEliminaGrazie!
EliminaMille grazie. Ero amico ed ammiratore di Padre Ernesto. E' sempre rigenerante leggere un suo articolo. Ogni tanto prendo fuori un vecchio numero di Testimonuianze per ileggermi le sue riflessioni che sono sempre attuali e forti.
RispondiEliminaNon ho avuto la ventura di conoscere direttamente e personalmente p. Balducci, ma a lui devo non poco ed anche a me capita di riprendere i suoi scritti, alcuni dei quali ho voluto riproporre su questo blog, da lui composti in tempi diversi (1966/7 - 1973/4 - 1982/3). Grazie.
EliminaSempre nel taglio saggistico, con un ampio apparato di note. Sai che adesso non posso. Farò con calma. Ma un commento s’impone.
RispondiEliminaÈ da scrivere un’analisi rivisitata di quei momenti, che allora sembrano conclusivi ed envece erano iniziali, Balducci, mente perspicace e combattiva lo capiva già.
Invece altri, chiesa del tempo compiacente, ci hanno propinato altra storiella, di cui vediamo l’infelice esito.
Perché allora cominciava un’offensiva del capitalismo che perdura tuttora ( cascami penosi!) e la. teologia della liberazione era azione tempestiva per reagire. Come sempre tutto viene giudicato con il criterio della Rivoluzione. Ecco il punto e tu hai detto bene : bisogna guardare al nesso Rivoluzione liberazione.
Rivoluzione è una parola che ai malpensanti dava e dà fastidio, plagiati dai “cascami penosi!”, eppure essa indica una trasformazione radicale, una metanoia che mi pare semplicemente evangelica, che ogni uomo, specie ogni credente, dovrebbe abbracciare: penso a Pèguy (“La rivoluzione sarà morale o non sarà affatto”), a Mounier (La rivoluzione personalista e comunitaria)…
EliminaÈ giusto riflettere ....e valutare il pensiero di Padre Balducci.....
RispondiEliminaLiberazione....e Religione....la storia ne riporta continue ed infinite riflessioni.....Padre Balducci facilita i suoi concetti col suo libro la cui copertina riporta una piramide e " la vigna " .... vorrei permettermi di vedere nella piramide che tutto ricomincia da Dio ...La piramide sia l' espressione della bellezza potenziale che siamo noi e ci libera dalle nostre miserie......" La vigna " sia l' espressione dell' Amore Divino ricco della sua Sapienza....
Pertanto è la Parola Divina che aiuta a salvarci dalla nostra debolezza e fragilità per entrare nel proprio concetto - conoscenza di " Liberazione..."
La storia ci dona molte spiegazioni....e ci insegna ad agire secondo la scienza della filosofia....anche se " la scienza procede per errori...."
Grazie. gent.le Sig.a Teresa, come sempre attenta ai nostri post e capace di offrire spunti originali di riflessione. Buona serata.
Elimina"Il Dio della Bibbia, si manifesta dentro una prassi liberatrice. Le sue ‘epifanie’ sono state sempre irruzioni profetiche dentro il mondo esistente”. Ho vissuto da ragazza l'incubazione feconda della teologia della liberazione nella Chiesa e mi commuove rileggere le riflessioni di P.Balducci, che, alla luce delle contraddizioni di oggi, hanno una luminosa valenza profetica. E' sempre un piacere e un arricchimento leggere il vostro blog. Grazie. Saluti cordiali.
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