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martedì 7 novembre 2017

Ernesto Balducci: la liberazione.

Presentiamo qui la riflessione di Padre Ernesto Balducci sul concetto di liberazione e sulla relativa teologia della liberazione - sviluppata ben prima delle condanne che una serie di eventi storici e due "istruzioni" della chiesa (risalenti agli anni '80 del Novecento) hanno ad essa riservato - nella convinzione che tale riflessione si inserisca in una odierna rinnovata attenzione nei confronti degli aspetti positivi di quel movimento teologico.
Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini del pittore brasiliano Arthur Timótheo da Costa (1882-1922), con particolare riferimento alla rappresentazione di un'umanità dolente.

 Il termine “liberazione” esprime il modo proprio in cui la coscienza  cristiana degli anni 70 avverte e traduce  
il suo impegno con la storia e la sua fede in Gesù Cristo” (1).

Arthur Timótheo da Costa, 
Uomo che prega
P. Balducci scrive agli inizi degli anni '70 la voce Liberazione per il Dizionario Teologico edito nel 1974 da Cittadella. E’ fondamentale tenere presente il contesto che caratterizza quegli anni, anche per capire il coraggio di questo prete cinquantenne nell’affrontare - in termini squisitamente fenomenologici, non giudicanti ma criticamente descrittivi - un movimento “non in tutto e per tutto coerente” sviluppatosi da circa un decennio, enucleandone i tratti essenziali, la visione antropologica e cristologica. La bibliografia a fine articolo fa precipuo riferimento, oltre ai teologi della politica e della speranza, a Assmann. L. Boff, Freire, Girardi, Gutierrez, Torres.
Balducci non poteva prevedere la futura storia tormentata e conflittuale della TdL (2), ma forse oggi non sarebbe neppure sorpreso dell’attenzione che i nostri giorni stanno offrendo ai suoi “principi positivi”.

☆☆☆☆☆☆☆
Sul finire degli anni ‘60 la società occidentale è scossa dalla crisi della ideologia capitalistica e dalla critica allo sviluppo tecnocratico, ampiamente contestato sia nell’Occidente sia nei paesi sottosviluppati. Tra il ’68-‘69 in molte città  occidentali vi è come un’insurrezione ideologica, che segna – soprattutto con il maggio francese - il punto di rottura di molti giovani con le  vecchie generazioni.  
Arthur Timótheo da Costa, 
Ritratto di uomo nero
Il cosiddetto terzo mondo diventa per loro “un punto di riferimento globale contro il  primo mondo, quello dell’economia di mercato, e contro il secondo mondo,  quello della burocrazia socialista di tipo sovietico” (3). Il terzo mondo ha la sua rivincita umanistica: ai valori ed ai modelli mistificanti della società borghese la contestazione giovanile sostituisce Castro, Che Guevara, Ho Chi Minh… Nel contempo il marxismo recupera l’istanza utopica delle sue origini (Lukacs, Bloch, Garaudy, Schaff…) rimettendo in luce il Marx giovane, mentre la scuola di Francoforte (Fromm, Horkeimer, Marcuse in particolare) acquista una grande popolarità grazie all’analisi dell’”eclissi della ragione” nel mondo capitalistico e nella civiltà illuministica (4).
In questo contesto si esprime la TdL. Nel ‘66 a Ginevra durante il Concilio ecumenico delle Chiese emerge la distanza tra la coscienza cristiana, anche progressista, dell’Occidente e la coscienza cristiana del terzo mondo, che richiede una teologia nuova, della liberazione. 
Arthur Timótheo da Costa, 
Ragazzo
A Medellin nel ‘68 la Chiesa dell’America Latina scrive la sua Magna Charta: “con un coraggio che ancora stupisce, l’episcopato sudamericano prende una nuova coscienza delle proprie responsabilità pastorali alla luce di una diagnosi sociopolitica che smascherava il carattere colonialista del programma kennediano, apparentemente ispirato alla volontà di soccorrere l’America  del Sud” (5). Inizia quel processo di “coscientizzazione” (è il linguaggio di Freire) come dimensione educativa, che entra rapidamente anche nella coscienza cristiana occidentale e che reclama un mutamento radicale del sistema (6).   
Il concetto di liberazione implica la negatività della dipendenza: la sudditanza totale dei paesi sottosviluppati nei confronti del progetto di civiltà dell’Occidente. Dipendenza non solo economica, ma subalternità della propria coscienza a quella dei  dominatori, dei quali introietta aspirazioni e modelli di vita. Non ci si libera solo ribaltando i rapporti di produzione, occorre un nuovo modo di essere, una nuova civiltà. “Il concetto di liberazione implica, nei confronti di quello di rivoluzione, un contenuto umanistico più ricco, un progetto politico più globale, che mira ad eliminare anche le forme di alienazioni presenti nelle società socialiste dì Europa”(7). La dimensione politico-umanistica, in cui si riconosce l’ascendenza marxiana(8), si risolve nella dimensione profetica-messianica contenuta nella Scrittura. 
Arthur Timótheo da Costa, 
Donna che prega
Se la salvezza è nella comunione con Dio, “essa implica quale sua condizione primaria la comunione con tutti gli uomini. L’amore di Dio e l’amore dell’uomo  sono davvero una sola cosa, come vuole il precetto evangelico, solo se, abbandonando il terreno dell’astrazione o delle esercitazioni privatistiche, si incarna nella lotta per la liberazione degli oppressi” (9)  dal rapporto di dipendenza dalle strutture storiche del “peccato”: quelle del capitalismo, quelle che assoggettano l’uomo alle ragioni supreme della tecnocrazia, le istituzioni che assoggettano la coscienza degli oppressi alla convinzione che la volontà di Dio coincide con l’ordine esistente e anche le teologie che le legittimano. Poiché negli anni’60 in America Latina permane il legame della Chiesa con il capitalismo tecnologico, non dalla semplice trasformazione religiosa può cominciare la liberazione, ma dalla  presa di coscienza dell’oppressione dell’uomo latinoamericano e dal conseguente  impegno di lotta come scelta politica alternativa  e, data la situazione, scelta rivoluzionaria (10).
La nozione di liberazione come categoria totalizzante inevitabilmente richiede di partire, utilizzando le scienze antropologiche, non dai contenuti di liberazione presenti nella Scrittura da proiettare sulla realtà storica, ma al contrario dalle condizioni reali alienanti dell’uomo per interpellare  la Scrittura, alla ricerca del senso ultimo della prassi  di liberazione.
Arthur Timótheo da Costa, 
Senza titolo
Il rischio di ridurre la teologia a sociologia è ben presente nei teologi della liberazione, per i quali “Dio stesso, il Dio della Bibbia, si manifesta dentro una prassi liberatrice. Le sue ‘epifanie’ sono state sempre irruzioni profetiche dentro il mondo esistente”. I popoli poveri sono in una situazione privilegiata, perché sulla loro pelle verificano l’inconciliabilità tra un futuro  dominato dalla produzione capitalistica - che si risolve  in una persistente rapina e diversificazione a forbice tra ricchi ed eredi della miseria - e un futuro come possibilità di un mondo diverso  dal presente. Sotto accusa della TdL anche la Chiesa.“Se la riforma della Chiesa  avviata dal Vaticano II si è più o meno arenata, i teologi della liberazione non hanno dubbi: la causa dell’arresto è che la chiesa non intende rompere i suoi vincoli storici con le classi dominanti. La riforma oggi necessaria non è di tipo tridentino, ascetico-disciplinare, e nemmeno di tipo teologico. La riforma è per la chiesa un deciso inserimento nel movimento storico della liberazione”(11). La manifestazione di Dio al suo popolo avvenne nell’Esodo, dove il popolo di Israele prende coscienza di sé e della sua missione non prima, ma dentro e attraverso la sua vicenda di liberazione. Fu la prassi a dare struttura alla coscienza del popolo eletto. 
Arthur Timótheo da Costa, 
Davanti al mare
Il tema dell’esodo è il tema preferito dalla TdL, perché solo a partire da una scelta politica di rifiuto del mondo esistente si entra nella condizione ermeneutica, la stessa del popolo ebraico, cioè la condizione dell’esodo, il cui principio strutturale è la speranza e non la legge, che la renderebbe omogenea  al presente. L’obiettivo politico-rivoluzionario e quello escatologico non coincidono mai, ma si richiamano a vicenda: il primo dà alla speranza concretezza storica e il secondo libera il credente da ogni conformismo allo status quo. (12).
In sintesi i tratti di questa nuova cristologia che si stava delineando negli anni ’60 in America del Sud sono:
- il luogo teologico della riflessione  su Cristo non è la chiesa ma l’uomo in condizione di dipendenza giunto ormai al rifiuto del mondo esistente;     
- la riflessione dovrà svolgersi all’interno dello sforzo globale di liberazione, nell’attenzione ai senza speranza, ai senza voce e senza nome, esaltando perciò il carattere “sovversivo” della croce di Gesù, il suo essere segno di rottura  tra il mondo degli esclusi e il mondo dei potenti; 
- la fede promette e mostra realizzata in Cristo l’utopia di un mondo futuro totalmente riconciliato, come fu rivelato nella profezia biblica e come fu attuato dal Cristo risorto (13). 
Arthur Timótheo da Costa, 
Teste
Balducci prende atto che il vasto mondo di riflessioni e di testimonianze della TdL è in pieno fermento “e ha dato di sé, finora, una immagine non in tutto e per tutto coerente.[…] Si tratta, in ogni caso, di una esperienza  pratico-teoretica di formazione recentissima, non ancora decennale. Ma l’udienza che essa riesce a ottenere anche nel mondo europeo, in cui incontra e stimola tendenze del medesimo tipo, permette di prevedere che molto del futuro della chiesa e della società si sta preparando oggi in un continente che sembrava destinato a sopravvivere ai margini delle munificenze colonialistiche” (14).
☆☆☆☆☆☆
Credo che tocchi ad ogni lettore decidere se le riflessioni, scritte nei primi anni ’70, siano datate o abbiano una pregnanza attuale alla luce degli eventi che stiamo oggi vivendo: da una parte la fine del comunismo reale e il persistere del dominio neocapitalistico nella nostra società “liquida”, l’avvento della globalizzazione tecnologica, lo sviluppo sorprendente di paesi un tempo definiti del terzo mondo, l’Africa con le sue contraddizioni, il Medio Oriente con i suoi tragici drammi, la crisi dell’Europa, le migrazioni forzate (politiche ed economiche), l’avanzare inarrestabile delle “periferie”…; dall’altra l’elezione di un papa proveniente dalla fine del mondo, la cifra del suo pontificato (“una Chiesa povera e per i poveri”) come inequivoca opzione preferenziale per le periferie e gli oppressi, la sua vissuta “teologia del popolo”, meramente evangelica,  ma proprio  per questo  dirompente e liberante. 

Arthur Timótheo da Costa, 
Cortile con polli e panni stesi

Note.
(1) Cfr. la voce “liberazione” in DIZIONARIO TEOLOGICO,  a cura di J. B. Bauer e C. Molari, Cittadella ed. Assisi, 1974, p.313.  E. Balducci viene  presentato a pag. 5 quale  “docente di Storia e Filosofia, direttore del Centro Studi della  Badia Fiorentina, direttore di  “Testimonianze”.  Sempre di  Balducci si possono vedere: Con R.Garaudy, Cristianesimo come liberazione, Roma, Coines, 1975; “Da allora niente è più come prima", Il contemporaneo, "Per capire il ’68”, inserto di Rinascita, n. 9/1988;  Educazione come liberazione. L'educatore ed il sacerdote attraverso i suoi scritti, Firenze, Libreria Chiari, 1999.
(2) La Congregazione per la dottrina della fede emanò le due istruzioni Libertatis nuntius (1984) e Libertatis conscientia (1986) che di fatto drasticamente emarginarono  il filone della  teologia della liberazione legato alla matrice marxiana. Secondo alcuni queste accuse di influenza marxista nella TdL avrebbero pretestuosamente  legittimato  la persecuzione di migliaia di cristiani, laici e sacerdoti, molti uccisi per la loro testimonianza evangelica, non certo per motivi ideologici. La conferenza generale dell’episcopato latinoamericano tenutasi ad Aparecida in Brasile nel 2007, con protagonista il futuro papa Francesco, prende le distanze dalla TdL, ma ne ripropone, secondo una lettura meramente evangelica, le forti sollecitazioni. Anche a seguito dell’udienza concessa da papa Francesco a Gutierrez e della Laudato si’ (dove compaiono in nota riferimenti a L. Boff)  pare giunto,  secondo molti cattolici, dopo la turbolenta fase degli anni post-conciliari, il momento di una “una nuova comprensione della TdL”.  Lo stesso Gutierrez, intervistato dopo l’udienza, chiariva che la TdL “è giovane, aperta a cambiamenti e sfide, piena di risorse, non ha perso di mordente, non fosse altro per il fatto che il tema della povertà è sempre lì, sempre più urgente”. Ma più che TdL quella di Bergoglio è “teologia del popolo”, in cui c’è posto unicamente per il messaggio evangelico, senza offrire cittadinanza né legittimare i richiami alla lotta di classe, alla teoria della dipendenza, al peccato strutturale e sociale.  
(3) O. c., p. 313.  Tesi di per sé non nuove: si pensi alla teologia politica di Metz o della speranza di Moltmann, il cui limite però è consumarsi nel pensiero pensante incapace di fornire concreti contenuti alle richieste di cambiamento del mondo, Ugualmente criticata è la teologia della secolarizzazione e della morte di Dio, perché subordinata ideologicamente ai dominatori e al razionalismo tecnocratico. 
(4) Liberazione significa “riconsegna della ragione allo slancio etico-politico dell’uomo che cerca la libertà incondizionata, i cui modelli possono essere forniti solo dalla immaginazione” cfr. p. 314.
(5) cfr. p. 315. Nell’aprile 1967, 400 delegati di quasi tutti i paesi latinoamericani  (il 64% erano preti) dimostravano che la presa di coscienza promossa dai teologi della liberazione non era un’operazione elitaria, ma un fermento tenuto vivo dalla prassi quotidiana.
(6) I teologi della liberazione non riducono il male soltanto al predominio delle strutture alienanti, ma riprendono da Freire – in una reciproca influenza da entrambe le parti confessata e riconosciuta -  l’opera di “coscientizzazione” delle masse, ovvero – diremmo oggi – delle periferie del mondo. “La liberazione non può realizzarsi, scriveva appunto  Paulo Freire, senza una presa di coscienza da parte degli uomini, che si manifesta nella prassi degli uomini nella storia, e questo implica un giudizio critico della relazione tra coscienza e mondo”. Cfr. p. 318.
(7) Idem.
(8) Si  tende a recuperare, della  matrice originaria marxiana, il primato della prassi sulla teoria e la prospettiva aperta sulla totalità umana.
(9) “Partecipare alla lotta di classe, scrive Gustavo Gutierrez, non solo non si oppone all’amore universale, ma è addirittura, oggi, una mediazione necessaria ed insostituibile della sua concretizzazione. Cioè la transizione verso una società senza classi, senza proprietari, senza sfruttati, sena oppressori e senza oppressi. Nel cristianesimo borghese il peccato appare solo come un atto dell’individuo e non come un atto della persona e cioè dell’uomo solidale con gli altri e chiamato a unirsi totalmente con gli altri uomini”. Come la persona, così il peccato ha la sua sede nella reciprocità  costante tra il soggetto e le strutture, le quali, per loro natura, si fanno così massicce e così interdipendenti da essere nel loro insieme sotto il dominio del “principe di questo mondo”. Liberare l’uomo è liberarlo dalle strutture che lo disumanizzano. “Freire osserva che la società di alto sviluppo non potrà mai portare avanti un discorso teologico generatore di speranza, perché l’interesse di quella società è la conservazione del presente. Per poter pensare fuori di questo schema, quando si vive nella metropoli, è necessario farsi “uomo” del Terzo Mondo, bagnarsi nel Terzo Mondo. Affinché gli utopisti, i profeti, i seminatori di speranza possano essere uomini del mondo” cfr. pp. 318-319. 
(10) “La Chiesa, scrive Gutierrez, non ha alternativa. Solo una rottura totale con l’ordine ingiusto, a cui è legata in mille modi più o meno consapevoli, e un impegno diretto verso una nuova società renderanno credibile per gli uomini dell’America Latina il messaggio di amore che essa porta. Questa rottura avviene già in parte nelle chiese sudamericane in quanto vivono  nel cuore stesso dei conflitti scatenati dall’imperialismo internazionale; le chiese europee in quanto vivono nell’area del privilegio […] continuano a non avvertire che restano dentro i confini della alienazione ideologica delle classi dominanti” cfr. pp. 319-320.
(11) Senza la rottura che introduca la chiesa nella vita stessa dell’immenso popolo degli oppressi, anche la lettura della Parola di Dio e la sua predicazione autentica sono impossibili. Continua Balducci precisando che secondo la TdL non ci sarebbe  pericolo di integrismo il quale  fa derivare dai modelli biblici i contenuti storici della speranza storica. Viceversa  è la prassi di liberazione che fornisce da se stessa i propri contenuti storici e poi si volge al confronto con la Parola messianica ed in essa trova non solo una legittimazione della scelta ma una potente provocazione a non chiudere gli orizzonti del futuro, a tenersi aperti alle perenni diversità che contestano ogni ordine stabilito. La Parola fa emergere nel mondo presente, in ogni possibile mondo presente,  la comunità di coloro che cercano la città futura.
(12). “Secondo il teologo sudamericano Leonardo Boff, per la chiesa primitiva l’essenziale non consisteva nel ridurre il messaggio di Cristo a categorie sistematiche di comprensione intellettuale ma nel cercare nuovi modi di agire e di vivere nel mondo. Questo momento prassiologico del messaggio di Cristo è particolarmente sentito nella riflessione teologica in America Latina. I teologi della liberazione non presumono di poter realizzare la vera cristologia da  opporre alle altre […] Essi rivendicano il loro diritto di ripensare il messaggio di Gesù di Nazaret all’interno della propria storia e dell’attuale esperienza rivoluzionaria. La relatività dei loro risultati non li preoccupa: ogni cristologia è, in rapporto al mistero del Cristo, relativa”. Cfr. pp. 320 -321.
(13) Cfr. p.321.
(14) Idem.

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9 commenti:

  1. Mille grazie. Ero amico ed ammiratore di Padre Ernesto. E' sempre rigenerante leggere un suo articolo. Ogni tanto prendo fuori un vecchio numero di Testimonuianze per ileggermi le sue riflessioni che sono sempre attuali e forti.

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    1. Non ho avuto la ventura di conoscere direttamente e personalmente p. Balducci, ma a lui devo non poco ed anche a me capita di riprendere i suoi scritti, alcuni dei quali ho voluto riproporre su questo blog, da lui composti in tempi diversi (1966/7 - 1973/4 - 1982/3). Grazie.

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  2. Sempre nel taglio saggistico, con un ampio apparato di note. Sai che adesso non posso. Farò con calma. Ma un commento s’impone.
    È da scrivere un’analisi rivisitata di quei momenti, che allora sembrano conclusivi ed envece erano iniziali, Balducci, mente perspicace e combattiva lo capiva già.
    Invece altri, chiesa del tempo compiacente, ci hanno propinato altra storiella, di cui vediamo l’infelice esito.
    Perché allora cominciava un’offensiva del capitalismo che perdura tuttora ( cascami penosi!) e la. teologia della liberazione era azione tempestiva per reagire. Come sempre tutto viene giudicato con il criterio della Rivoluzione. Ecco il punto e tu hai detto bene : bisogna guardare al nesso Rivoluzione liberazione.

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    1. Rivoluzione è una parola che ai malpensanti dava e dà fastidio, plagiati dai “cascami penosi!”, eppure essa indica una trasformazione radicale, una metanoia che mi pare semplicemente evangelica, che ogni uomo, specie ogni credente, dovrebbe abbracciare: penso a Pèguy (“La rivoluzione sarà morale o non sarà affatto”), a Mounier (La rivoluzione personalista e comunitaria)…

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  3. È giusto riflettere ....e valutare il pensiero di Padre Balducci.....
    Liberazione....e Religione....la storia ne riporta continue ed infinite riflessioni.....Padre Balducci facilita i suoi concetti col suo libro la cui copertina riporta una piramide e " la vigna " .... vorrei permettermi di vedere nella piramide che tutto ricomincia da Dio ...La piramide sia l' espressione della bellezza potenziale che siamo noi e ci libera dalle nostre miserie......" La vigna " sia l' espressione dell' Amore Divino ricco della sua Sapienza....
    Pertanto è la Parola Divina che aiuta a salvarci dalla nostra debolezza e fragilità per entrare nel proprio concetto - conoscenza di " Liberazione..."
    La storia ci dona molte spiegazioni....e ci insegna ad agire secondo la scienza della filosofia....anche se " la scienza procede per errori...."

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    1. Grazie. gent.le Sig.a Teresa, come sempre attenta ai nostri post e capace di offrire spunti originali di riflessione. Buona serata.

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  4. "Il Dio della Bibbia, si manifesta dentro una prassi liberatrice. Le sue ‘epifanie’ sono state sempre irruzioni profetiche dentro il mondo esistente”. Ho vissuto da ragazza l'incubazione feconda della teologia della liberazione nella Chiesa e mi commuove rileggere le riflessioni di P.Balducci, che, alla luce delle contraddizioni di oggi, hanno una luminosa valenza profetica. E' sempre un piacere e un arricchimento leggere il vostro blog. Grazie. Saluti cordiali.

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