Dalla terra - realtà e simbolo - provengono le tracce di un umanesimo rinnovato.
Post di Rosario Grillo.
Immagini delle opere di Mirko
Virius (1889-1943), pittore naïf croato, autodidatta, reduce della
prima guerra mondiale e prigioniero nella seconda. Muore a Zemun, in un campo
di concentramento nazista, a causa delle sue attività a favore dei contadini.
I suoi dipinti rappresentano un mondo essenziale, legato alla terra e alle sue stagioni, segnato dalla povertà - in cui egli stesso vive - eppure attraversato da un senso profondo dell'umana dignità.
I suoi dipinti rappresentano un mondo essenziale, legato alla terra e alle sue stagioni, segnato dalla povertà - in cui egli stesso vive - eppure attraversato da un senso profondo dell'umana dignità.
Mirko Virius, I mietitori |
Mi sovviene il ritornello dei bambini, che giocano al
girotondo. “Giro giro tondo, quant’è bello il mondo! …..Tutti giù per terra”.
Quel finale, giocoso e caotico per la pazza gioia dei bambini, contiene più di 1 grammo di saggezza.
La terra ci nutre, la terra ci contiene, dalla terra siamo stati creati e nella terra saremo tutti inumati.
La terra, elemento della Natura, ci spinge a guardare consapevolmente alle responsabilità che dobbiamo nutrire per essa.
Ed è una litania di suggerimenti: a non sprecare il suolo, a rispettare i cicli delle stagioni, a non violentare l’humus con concimi chimici… insomma a commisurare al rispetto verso di essa il nostro progredire tecnologico. Nella terra è inscritto il fulcro dell’umanesimo, come avevano ben compreso gli antichi e come hanno riproposto gli uomini del ’400.
Quel finale, giocoso e caotico per la pazza gioia dei bambini, contiene più di 1 grammo di saggezza.
La terra ci nutre, la terra ci contiene, dalla terra siamo stati creati e nella terra saremo tutti inumati.
La terra, elemento della Natura, ci spinge a guardare consapevolmente alle responsabilità che dobbiamo nutrire per essa.
Ed è una litania di suggerimenti: a non sprecare il suolo, a rispettare i cicli delle stagioni, a non violentare l’humus con concimi chimici… insomma a commisurare al rispetto verso di essa il nostro progredire tecnologico. Nella terra è inscritto il fulcro dell’umanesimo, come avevano ben compreso gli antichi e come hanno riproposto gli uomini del ’400.
Mirko Virius, Fiera di Koprivnica |
Pasolini
è un poeta che viene dalla campagna di Casarsa, che nella sua attività si terrà
sempre stretto ai rioni popolari, simbolo di un nesso inscindibile uomo-terra.
Pasolini, che va ricordato nei capolavori filmici (La passione secondo Matteo,
il Decamerone, Accattone, Mamma Roma) costruiti sull’asse uomo-mondo, cercò di
andare oltre, verso il “trasumanare”, nel più
profondo rispetto dell’Umanesimo.
Il
concetto di “trasumanare”, preso da Dante, può pure significare trascendenza.
Senza
impegnarmi in una esegesi dantesca, qui scrivo che l’implicanza può essere
fedelmente trovata nell’essenza autentica dell’uomo.
Questo
di certo è lo scopo di Pasolini.
Quando
il contesto storico con “l’ambiente culturale” rivela una dissipazione del
valore autentico dell’uomo, e per uomo s’intende: l’avventore e l’avventuriero,
il duttile “manager del presente”, un’individualità imperante, allora
“trasumanare” è ridiscendere alla profondità valoriale dell’uomo.
Mirko Virius, Ritorno nella pioggia |
Ampia
la possibilità di controprova nel tempo che corre dagli anni di Pasolini ad
oggi, in un crescendo continuo.
La parola viene abusata, è deturpata, è violentata.
La parola viene abusata, è deturpata, è violentata.
(Mi
sovviene il nesso con il logos in chiave filosofica e con il Logos in chiave
teologica. Ma non starò a tediarvi su questo).
Sulla
linea di sviluppo che prende forma dalle radici terrene (umaniste) dell’uomo,
vi è la significanza della Parola. Essa è impegnativa, andrebbe rispettata, ed
invece oggi è contraddetta.
Posso
associare alla stessa problematica - battaglia culturale - Albert Camus, che
nei fogli di un giornale “Combat”, negli anni bui della guerra mondiale
(1944-45), reagiva alle storpiature delle ideologie nazifascista e
colonialista.
Il
suo impegno era in nome di un sano giornalismo democratico.
Mirko Virius, Senza titolo |
R.
Saviano ha scritto, sulla scorta di questa testimonianza giornalistica di
Camus, che
il giornalista può essere riconosciuto come “lo storico del presente”. La
stessa acribia critica dello storico che indaga il passato, deve impegnare il
giornalista al “maneggio
della parola” nel rispetto della verità, nel rispetto dell’uomo.
Mirko Virius, Gliboki |
Mirko Virius, Il vinaiolo |
Mirko Virius, Il vasaio |
Mirko Virius, I vigneti |
Mirko Virius, La processione |
Mirko Virius, Mendicante |
Un corredo di immagini che confermano il discorso, frutto del lavoro segreto ed importante di Rossana. La pittura naïf, nella sua semplicità illumina e, molte volte dice più delle parole, di certo con maggiore immediatezza. Anche qui in linea con la tesi che sostengo: pregnanza ed umiltà della Parola. Grazie!
RispondiEliminaRosario ci rammenta senza mezzi termini le nostre responsabilità verso la terra “in cui è iscritto il fulcro dell’umanesimo” e la fedeltà alla parola, troppo spesso “abusata deturpata violentata” nel rispetto della verità e dell’uomo. Trasumanare come resistere attraverso la Parola. Mi sovviene la lezione di Luisito Bianchi, contenuta nel suo splendido libro La messa di un uomo disarmato, quasi un itinerario liturgico in tre tempi: il gemito della parola, il silenzio della parola, lo svelamento della parola. Oggi viviamo il gemito della parola e molti, non da oggi come tu hai ben documentato, vivono la nostra attuale responsabilità come uscire dal silenzio e svelare la parola: sia la parola della fede (per il credente la presenza di Dio della Parola anche nei fatti tragici e violenti) sia la parola laica, come misura della gratuità nella liberazione dalla violenza del potere. Come categoria spirituale oggi (ieri e domani) tutti siamo chiamati a combattere la nostra resistenza per la libertà dell’uomo e per la gratuità, radicale annuncio in un mondo dominato dal business, dove tutto è negoziabile. Resistenza che diventa categoria esistenziale, perché resistere significa ritrovare la terra e “liberare la Parola capace di dare senso agli eventi e alla propria vita”.
RispondiEliminaGrazie del tuo bel commento! Un condimento che arricchisce il sapore del post.
EliminaTerra e parola in un rapporto reciproco, che esprime fedeltà , autenticità e libertà, come tu dici.
Molto difficile nel groviglio dell’andazzo odierno mettere a fuoco ed in-versare, ma necessario, sempre necessario.
Difficile ma interessante.
RispondiEliminaLa difficoltà è solo il primo approccio. Grazie 😊
EliminaGrazie della condivisione dei quadri di Mirko Virius e delle riflessioni a corredo. Ho apprezzato in particolare la definizione che Saviano dà del giornalista: “lo storico del presente”. Infatti "La stessa acribia critica dello storico che indaga il passato, deve impegnare il giornalista al “maneggio della parola” nel rispetto della verità, nel rispetto dell’uomo." Grazie. Buona serata.
RispondiEliminaÈ una chiamata alla deontologia della professione , oggi messa in grande difficoltà.
EliminaIl giornalista vero conosce l’importanza della Parola. Nel mentre s’impegna nella ricostruzione del fatto, non eccede con l’uso della parola. Grazie del riscontro.