Il '68 visto nella sua complessità geopolitica, con riferimento conclusivo ai cambiamenti nella scuola.
Post di Rosario GrilloFotografie di autori vari (nel pubblico dominio).
Uliano Lucas, Manifestazione con eskimo |
Scelgo
appunto questa definizione per tenere presente l’asistematicità ad esso
connessa. In essa la sua forza e il suo limite.
La
forza: legata alla molteplicità delle istanze nella latitudine dell’estensione
spaziale.
I
limiti: contraddizioni interne che ne inficiano l’evoluzione e che, per certa parte,
spiegano le vie d’uscita inappropriate confluite nel terrorismo.
La
chiave di lettura allora, da me scelta, è quella geopolitica.
Il
‘68 è stato letto principalmente come culmine. Vertice di un progresso che
parte dalla fine della seconda guerra mondiale e contiene sia guerra fredda sia
sprazzi di speranze di rinnovamento (Kennedy, Kruscev, Giovanni XXIII e il
Concilio, il Welfare State e il programma di Bad Godesberg).
Immagine pubblicitaria della Fiat: la seicento, simbolo del boom economico |
Se
si procede per questa via, si constata che il ‘68 fu in molti contesti
superamento del gap tra lo sviluppo sociale e livello del costume.
A
tal proposito si può stare dietro ad una dinamica settoriale, che per alcuni
paesi, Italia ad esempio, amplia il peso delle trasformazioni, laddove notevole
era il ritardo (dalla morale del villaggio alla morale di un paese moderno:
vedi caso Viola).
Resta fermo, però, il criterio della
universalità del movimento, che andò dal Messico all’America, alla Francia con
l’Europa, al mondo sovietico.
U.S. Information Agency, Soldati nel Vietnam del Sud |
Essa sì coagulò in una miriade di problematiche.
Nel
Vietnam cozzò il decrepito modello di colonizzazione, si consumò negativamente
il principio del contenimento introdotto
dagli USA, si sfasciò il “castello” del modello americano.
Attorno
al Vietnam si temprò il movimento del rifiuto:
no war, black power, beat generation.
La
presidenza di Johnson si distinse per la qualità delle riforme (diritti alla
popolazione di colore, riforma sanitaria ed altro), ma mise a nudo la
complessità (la divisione?) del paese statunitense.
Il
successivo presidente Richard Nixon si attiverà per regolare i conti in sospeso
e la sua presidenza fu simbolo di restaurazione.
Il
lato positivo dell’appeasement, il dialogo con la Cina, ha offuscato l’insieme dei
contrordini di Reagan, alfiere del neoliberismo, di cui sarà maestra la
Thatcher.
Szilas, Dimostrazione ad Helsinki contro l'invasione sovietica della Cecoslovacchia nell'agosto del 1968 |
Non
c’è dubbio, però, che quei fatti sono i segni di una presa che cominciava a
sfuggire, di una frattura insanabile tra la politica di potenza condotta
dall’URSS e le forze effettive alla portata dei sovietici.
Per
questo motivo il ‘68 praghese rientra nel coacervo dei sussulti del movimento.
Pesca sì nella tradizione culturale ceca, ma mette in luce la vivacità del
mondo studentesco, e lascia sul campo la vittima sacrificale, Jan Palach.
Visto
il tema, ne approfitto per dare un risalto speciale al l’educazione. La si può
considerare come il fiore all’occhiello del ‘68.
Se si recupera il processo che si avviò con
Georges Lapassade ed Ivan Illich (autogestione e descolarizzazione), che vide
in don Milani e la scuola di Barbiana il modello pratico in Italia, si avrà
un’idea ben chiara della pregnanza di questa questione¹.
Autore ignoto, Primi cortei degli studenti |
Bisogna
aver chiaro, cioè, che la resistenza era enorme. In Italia la riforma Gui,
1967, non fu all’altezza delle richieste, in Francia il maggio francese fu
contestazione di una riforma universitaria fatta per venire incontro a
selezioni chieste dall’organizzazione industriale.
In
ogni caso, fu investita la cornice classista
della scuola esistente mentre le spinte più radicali inalberavano il mito dello
spontaneismo.
Ma,
in mezzo, c’era il fondamentale scossone dato al principio d’autorità e l’impostazione di un modello scolastico più
collegiale e più aggiornato.
Lamenta
giustamente qualcuno, con riferimento al caso italiano, l’assenza di un cambio
del modello pedagogico, che restò così quello dato da Giovanni Gentile nel 1924
(Davide Bidussa).
Assumendo
questo angolo di osservazione, si ha la spiegazione immediata delle ragioni che
spingono i detrattori del ‘68. In loro prevale uno spirito di restaurazione, di
ristabilimento dello status quo ante, considerate la natura e la portata dei
cambiamenti.
Autore ignoto, Manifestazione di operai e studenti |
Vengono
allora messi in luce: il valore del lavoro, la dignità dei lavoratori, la
incipiente richiesta della cogestione, e viene sfatata la facile critica al
sessantotto nullafacente. Figli dei fiori, freaks, e vari, furono solo la
coreografia del ‘68!
Il
terreno, infine, è pronto per prendere atto della intensità della reazione,
intonata ai principi dell’ordine e del merito.
Con
Bretton Wood, dove si sganciò il dollaro dalla parità con l’oro, con i
provvedimenti seguiti alla crisi petrolifera, 1973-74 intonati all’austerità “interessata”,
con il neoliberismo applicato a cura della crisi del 1978, con il motto
thatcheriano (“la società non esiste: esistono individui uomini,donne e
famiglie”), si contraddistinguono i decenni a partire dal 1974.
Dentro
si può trovare la filosofia di una competizione sfrenata, di una
Globalizzazione galoppante, di un libero movimento dei capitali, che porta alle
“sfumature” dell’attuale capitale finanziario: “grande vecchio” motore della più iniqua distribuzione della
ricchezza.
🌟Nota.
1. www.euronomade.info - la scuola di classe rileggendo don Milani e P. Freire
Sul Sessantotto la bibliografia è immensa e non la dispenso. Dico soltanto che le mie letture si sono focalizzate su G. De Luna, M. Revelli, D. Bidussa, L.Caracciolo.
🌟Nota.
1. www.euronomade.info - la scuola di classe rileggendo don Milani e P. Freire
Sul Sessantotto la bibliografia è immensa e non la dispenso. Dico soltanto che le mie letture si sono focalizzate su G. De Luna, M. Revelli, D. Bidussa, L.Caracciolo.
Molto interessante. Grazie.
RispondiEliminaSempre puntuale, Mario Grazie 🙏
EliminaGran bella e meditata sintesi:quadro essenziale per capire e valutare. Il carattere internazionale e la simultaneità delle proteste sessantottine, che qualche improvvido ha sbrigativamente liquidato con il fattore mimetico, sono legate ai vari contesti determinanti strutturali sociali economici e psicologici, come ben spieghi. Solo un’impostazione multidisciplinare rende giustizia e garantisce una comprensione effettiva della protesta, sia globale sia locale. L’esperienza esistenziale della protesta (antiautoritarismo, egualitarismo, umanesimo…) di fronte ai problemi irrisolti della società non poteva non aprirsi alla consapevolezza politica, pur tra confusioni e contraddizioni. Il suo significato lo ritrovo nella mia vicenda professionale di uomo di scuola nei tuoi riferimenti a Milani, Freire, Illich. Ciao.
RispondiEliminaMi confermi la scelta che insieme abbiamo fatto di commemorare il ‘68.
EliminaLa memoria ha bisogno di conferme e noi oggi, con l’esperienza fatta, possiamo dire : ne valeva la pena! Non ci troviamo certo tra coloro che hanno fatto marcia indietro! Con umiltà e con la consapevolezza delle difficoltà che si sono incontrate ed ancora si incontreranno ci muoviamo nel rispetto di una società civile che predilige la civiltà, che la difende e la promuove, mai contenti di trovarla ridotta solo ad un “sistema di bisogni”. Grazie Gian Maria
Analizzare i limiti è importante per non commettere gli stessi errori.
RispondiEliminaGrazie, ho letto con grande interesse.
Abbraccio e buon Martedì.
La storia deve essere sempre sguardo critico ! Grazie dell’apprezzamento !👋👋
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