Il nomadismo come categoria dello spirito.
Post di Gian Maria Zavattaro
Video con canzoni d'autore.
“Ci rendiamo conto che non abbiamo
politici in grado di affrontare l’immane fatica di pensare un mondo “altro”. Ma
saremmo fuori dalla civiltà e dalla stessa fede, se stabilissimo che è “naturale”
far pagare agli “ultimi” la nostra voglia di vivere e la smodata presunzione di
essere “superiori” ai comuni mortali. L’Occidente è ad un bivio. O smette di
dirsi umano e cristiano […], oppure “condivide” ciò che è ed ha: cultura,
tradizione umanistica, diritti umani, fino a questa terra che è di Dio, e
dunque di tutti, questo pane che la terra ancora ci dona. Nessuno pensa che sia
cosa da poco, ovvia e di immediata attuazione. Non è follia, è l’unica saggezza
possibile”(F. Scalia
SJ, in Adista n. 17, 09.05.2015).
Siamo tutti nomadi. Siamo tutti di passaggio, in viaggio, in movimento, in continua trasformazione. Il nostro è un pianeta nomade ed ognuno di noi è contrassegnato dalla sua “identità nomadica”: ognuna diversa, divergente, spesso opposta rispetto alle altre ….
Video con canzoni d'autore.
Condivisione del cibo, nell'immagine tratta dal video di Ivano Fossati, "Mio fratello che guardi il mondo" (sotto inserito). |
Siamo tutti nomadi. Siamo tutti di passaggio, in viaggio, in movimento, in continua trasformazione. Il nostro è un pianeta nomade ed ognuno di noi è contrassegnato dalla sua “identità nomadica”: ognuna diversa, divergente, spesso opposta rispetto alle altre ….
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋
🌟1. C’è chi banalmente esprime il suo
nomadismo nello shopping dei mega-supermercati o nelle carrellate
virtuali di internet: un consumo frenetico di merci o di “mi piace”,
ricerche compulsive, vagabondaggio di chi sente nell’intimo del suo
vivere la propria precarietà, fluttuante nell’ “uno, nessuno, centomila” e
nell’Uguale.
🌟 2. C’è il nomadismo, alla
disperata ricerca di una terra a loro mai promessa, dei migranti che
taluni interpretano come avvisaglia di apocalittiche transumanze che
sconvolgeranno e ridurranno il mondo ad una congerie di branchi di
meticci.
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋
🌟 3. C’è il nomadismo eco-turistico di
chi gira a piedi in bici in moto in caravan, visita il mondo e
scopre, ma solo per sé e solo se davvero vede ed ascolta il creato, meraviglie
sconosciute agli autoctoni distratti dalle loro faccende quotidiane.
🌟 4. Ci sono i pellegrini che vanno a
Gerusalemme o a Roma o a Compostela e fanno del loro pellegrinaggio un simbolo
vivente della loro fede: metafora del cristiano, nomade che
vive fino in fondo l’impegno dell’incarnazione nel mondo ma senza essere
del mondo, ben sapendo che la terra promessa è nell’altrove, come
suggerisce la “Lettera a Diogneto”.
🌟 5. Ed ancora tante altre forme di
nomadismo odierno …
Che cosa dire di queste difformi e
contrastanti identità nomadiche del nostro tempo? C’è qualcosa che le
accomuna?
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋
Forse il fatto che siamo
tutti viandanti, di passaggio come passaggio è la vita degli uomini, stranieri
ed insieme ospiti, ospitanti ed ospitati.
Ma tra ospitalità e ostilità il passo è breve e l’hospes può diventare hostis, come succede oggi ad ognuno di noi che, di fronte ai migranti bloccati nei porti italiani o, peggio, nei lager libici assume lo sguardo dell’hospes che bene-dice ed accoglie i transitanti come persone oppure si chiude nella cecità dell’hostis che male-dice e respinge gli stranieri come nemici alieni.
Ma tra ospitalità e ostilità il passo è breve e l’hospes può diventare hostis, come succede oggi ad ognuno di noi che, di fronte ai migranti bloccati nei porti italiani o, peggio, nei lager libici assume lo sguardo dell’hospes che bene-dice ed accoglie i transitanti come persone oppure si chiude nella cecità dell’hostis che male-dice e respinge gli stranieri come nemici alieni.
Ospitalità-ostilità: una dialettica
presente sin dall’antichità L’ospite era, sì, sacro e l’ospitalità
la più fulgida virtù, ma lo straniero, proprio perché tale, non aveva
diritti: preda da cacciare, uccidere, sacrificare, espellere e ridurre in
schiavitù.
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋
Anche nel nostro mondo nomade di oggi
ospitalità e diritto predatorio, filia e fobia, si contendono il primato. I
viandanti stranieri, i cosiddetti migranti, e più in generale gli “altri”,
toccano la nostra insicurezza, rivelano tutta la nostra labilità su cui
c’è chi semina irrazionali paure; la loro esistenza e la loro
presenza entrano in competizione con noi e possono provocare lo
scivolamento dell’ospitalità in ostilità. Si diventa inaccessibili come il
nostro territorio diventato inaccessibile, non solo quello nazionale, ma anche
quello intorno a noi che ognuno considera suo spazio vitale esclusivo. Così ci
si trincera, gli altri diventano stranieri, ovvero estranei, respinti
perché negati, privi del passaporto o del permesso di soggiorno,
segni emblematici del diritto alla territorialità.
Eppure siamo tutti nomadi, tutti di
passaggio, in viaggio. Come l’Odisseo omerico o l’Ulisse dantesco od Abramo.
Ma oggi non ci sono né Omero né
Dante né Lévinas a leggere le nostre divergenti ed opposte “identità
nomadiche”, a trasfigurare storie ansie odissee in figure poetiche o
tragiche o eroicamente fiduciose nelle promesse del totalmente Altro..
E allora perché non interrogarci a
fondo in quale identità nomadica ci riconosciamo e quale rispettiamo,
difendiamo ed accogliamo?
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋
Il post ha il sapore di un completamento di un ciclo. Un ciclo di post che si son soffermati sulla migrazione, sulla figura del migrante-viandante-pellegrino.
RispondiEliminaLa canzone d’autore ha colto e via via interpretato il fenomeno, indicando vie di conferma dei valori forti della tradizione culturale , in chiave di apertura-confronto-condivisione-accoglienza.
Eppure la società, blo*ccata dalla paura e dalla falsa propaganda, si lascia stornare!
Da ogni parte, in primis la Chiesa sotto la guida di Bergoglio ( vedi intervista recente al Sole 24 Ore), si ripetono gli appelli a ritrovare serenità, piacere della Vita, speranza nel futuro, apertura all’Altro.
Grazie Gian Maria!��������
Sì, un completamento di una riflessione corale che ci vede quotidianamente impegnati, nei nostri limiti e possibilità. Anzi No: piuttosto la chiusa di una tappa che ci consenta di riprendere il nostro nomade cammino di pellegrini (questa la nostra identità nomadica) verso un’autentica comunità, come tu sai, con perseveranza, insistentemente, direi testardamente, ricordare e testimoniare. A volte - non sempre, magari raramente – repetita iuvant: anche questo fa parte della speranza.
EliminaCome dimenticare che siamo tutti su un gigantesco sasso col cuore di fuoco, sospeso nel vuoto chiamato cosmo?
RispondiEliminaGent.e Laura, mi pare il tuo un “ben pensare” che è più che pensare, come diceva Morin a proposito della visione pascaliana della marginalità della nostra terra, terzo satellite di un sole, astro perduto in una galassia periferica fra miliardi di galassie di un universo in espansione. Questo dovrebbe ridimensionare il nostro incredibile gigantismo: farci vivere la nostra precarietà con serena gioia, godendo e condividendo amore, amicizia, stupore (i papaveri!), tenerezza verso ogni forma vivente …; farci “pensare”, liberarci ogni tanto dalla frammentazione della nostra esistenza per cogliere l’essenziale, magari fino a giungere alle soglie del Mistero. Insomma un pensare non soltanto prosaico, votato ai compiti utilitaristici, ma poetico, votato alla comunione e all'amore.
EliminaGrazie d'una risposta così intensa così meditativa, in un breve testo è raccolta una summa di pensiero sul reale e sul mistero che è la nostra condizione di vita tra i due poli dell'esserci e del non più esserci. Forse mostrando nelle scuole fin da piccoli la nostra realtà cosmologica unendola agli insegnamenti di etica e di ecologia, forse l'essere umano si disporrà ad una migliore comprensione di sé nel suo contesto di vita?
RispondiEliminaMa il degrado morale sopravvanza, la caduta di valori di base quelli fondati sull'acquisizione dei significati universali, proprio di questi dobbiamo occuparci sempre di più per la la loro insita forza accomunante, perché l'umanità non può abdicare alla forza spirituale della rassomiglianza, dell'uguaglianza, del riconoscimento inter pares basandosi sull'affinità di essere tutti partecipi al genere umano. Altrimenti tutto è destinato alla distruzione e pure le oligarchie condannate all'estinzione. Ma c'è una tale follia distruttiva nel cuore dell'uomo...
Grazie, profondamente.
RispondiEliminaRiflessioni magistrali le sue. Averle accompagnate con i testi poetici di Battiato, Fossati, Branduardi, i Nomadi ... è stato azzeccatissimo. Grazie. Il vostro blog mi fa sentire meno la solitudine etica dell'oggi.
RispondiElimina