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martedì 3 dicembre 2019

Domande sull’etica civile.

Riflessioni e interrogativi per una riformulazione dell'etica, nella sua dimensione civile.
Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle sagaci vignette di Mauro Biani, noto illustratore di numerose testate italiane (qui il sito instagram), con gentile autorizzazione.

Mauro Biani, 2019
Riprendo da un’angolatura diversa e complementare il tema morale sviluppato con passione dall’amico Rosario nell’ultimo suo post (qui). Lo faccio senza pretese, come uno che sa di essere “debole in filosofia, ma non nell’amore per essa” e che non ama respirare l’aria irridente di coloro per i quali l’etica civile è obsoleto residuato e inciampo ai propri affari.
Forse è opportuno capire subito di che cosa stiamo parlando. Provo a partire dall’etimologia: “etica” dal gr. ἔθος ethos, lat. mos=abitudine, costume, consuetudine, pratica di vita, usanza. Ma anche “etica”  dal gr. ἦθος (con la e lunga,eta): norma, regola di vita, convinzione-comportamento pratico delle persone nella società, insieme di valori implicanti decisioni valide per sempre, a prescindere da qualunque conseguenza. A quest’ultimo significato intendo fare riferimento. L’aggettivo “civile” - termine introdotto da M. Vidal, “teologo di frontiera” - denota, tramite la connessione e l’apporto di elementi fondanti le buone pratiche ovunque presenti, un possibile paradigma morale fondato sul convivio delle differenze, come dovrebbe essere per la stessa vita democratica.
Nel disincanto delle ideologie, nella frammentazione degli egoismi e nella diaspora dei valori è possibile oggi un’etica civile e - suo corollario - del servizio sociale? E’possibile insieme costruire e riconoscere un minimo morale condivisibile e condiviso in cui coniugare diverse istanze morali e attraverso cui salvaguardare la convivenza civile in una società democratica e  pluralista?
Mauro Biani, 2019
Se ne parla almeno da settant'anni, a partire in particolare dall’Olocausto. (1) Nelle varie singole, concrete ed operative, proposte mi pare possibile riscontrare decisivi elementi fondanti un comune denominatore, che provo ad esplorare.
1. L’etica riguarda ciò che debbo fare assolutamente. Non  è ciò che fanno tutti, non è ciò che piace e ciò che desidero fare, non è ciò che mi  è utile, non è la mera scienza teorica come riflessione sistematica sulle condizioni di possibilità di bene-male nelle scelte umane o nei singoli comportamenti entro i vari ambiti dell’esistenza umana. E’ ciò che io debbo fare assolutamente: è la mia coscienza come ultima istanza. È il dramma del mio esistere, dell’esistere di ciascuno di noi come unico irripetibile. La nostra vita è fatta di scelte, di una serie interminabile di scelte individuali e collettive,  nessuna delle quali è fatta a caso. Devo avere comunque un criterio valutativo che la mia coscienza all’interno di me stesso mi intima di definire come bene morale. Non accordo alcuno spazio al relativismo (per il quale non esiste un bene morale ed io posso fare ciò che mi conviene e mi pare) ma cerco appassionatamente di fare ciò che è buono per me e per gli altri. Non posso accettare che ciò che debbo fare mi sia imposto dall’esterno. La mia coscienza rifiuta di rinunciare alla dignità di disporre di me stesso, delegando ad altri la mia esistenza, che non è più mia perché la sua definizione è tutta fuori di me.
Ciò che debbo fare assolutamente implica e postula:
Mauro Biani, 2019
- la consapevole assunzione di responsabilità non delegabile delle nostre scelte. E’ consapevolezza del senso ultimo dell’esistere, terribilmente serio: lo decido io e nessun altro.
- la consapevolezza dell’esistere dell’altro, che entra nel mio progetto di vita non come strumento per i miei fini ma come il  “tu-noi”  determinante e condizionante il mio progetto.
- la consapevolezza della mia responsabilità nel rapporto con la natura e la cultura. Ognuno di noi vive immerso e condizionato, ma non determinato, dalla natura e cultura e a sua volta può incidere sul cosmo e sull’ambiente. La vita morale è sentirsi solidale e corresponsabile con la famiglia umana e verso il cosmo (l’ecologia!).
- la consapevolezza del valore di universalità (comprese le generazioni future) che risiede nel nesso che lega giustizia e verità: una norma che vale universalmente prescrive una norma secondo verità, ovvero il bene ed il giusto non sono altro che la forma della verità nella prassi. E’ la garanzia emblematica del legame sociale.
- la consapevolezza del limite della certezza morale. Il discorso su di essa non fonda ma presuppone che la vita abbia un senso, che il significato positivo dell’esistere sia esperienza intrinseca del vivere umano e che l’altro ne costituisce l’esperienza estrinseca.
Mauro Biani, 2019
L’etica civile è consapevole di essere sempre esposta al rischio dell’errore soggettivo e più radicalmente al non sussistere di quel significato che presuppone. Proprio  per questo è vita di tensione, intimamente inquieta, che continuamente si interroga, tesa alla conferma o revisione della sua interpretazione del senso della vita, misurandosi con l’esistenza stessa alla ricerca di garanzie epistemologiche.
Se così è, guardiamo in noi ed intorno a noi e chiediamoci quanta etica civile stiamo respirando...

2. L’etica del servizio sociale si può descrivere come intreccio di tre paradigmi: interesse, dovere, gratuità.  
a. Interesse. Svolgo la mia professione (sociale, politica, economica….) perché ne ricavo un interesse. Ciò rientra legittimamente nel paradigma oggi dominante del neoliberismo, sistema di produzione e di circolazione delle cose e dei servizi nella società che si spiega a partire dalle nozioni di scambio, interesse, razionalità, utilità, ottimizzazione come concetto centrale. La forma codificata è il contratto. Il contratto in sé non è una brutta cosa: ci permette di vivere, di prendere lo stipendio… Esaminiamone la logica: è un atto libero, fondato sulla liquidazione immediata e permanente del debito (l’impegno che assumo per contratto e che devo assolvere nelle forme previste dal contratto: esempio 36 ore settimanali di lavoro secondo un certo mansionario, diritti e doveri regolamentati e consolidati…) e sull’equivalenza come modello del mercato (do ut des). 
Mauro Biani, 2019
La libertà moderna è essenzialmente assenza di debito: “l’homo oeconomicus” non ha alcun debito con nessuno in quanto si ha l’obbligo di contraccambiare: il controcambio è certo ed obbligatorio, si dà per ricevere; l’obbligazione è indipendente dai propri “sentimenti” nei miei confronti, indipendente dal legame che esiste tra lui e me; il tipo di libertà del mercato si  realizza liquidando il debito, attraverso la  reciprocità-equivalenza in funzione dell’interesse di ciascuno. E’ il primo aspetto, incontrovertibile, anche del lavoro-servizio sociale.
b. Il dovere.  Svolgo la mia professione (sociale, politica, economica…) perché è mio dovere  rispettare l’impegno assunto: faccio mio il paradigma sociologico di interiorizzare le  norme, obbedisco ad una regola sociale, mi conformo ad una convenzione sociale, rispetto la legge, pratico la cultura della legalità. Anche qui ci si  conforma  all’obbligo di contraccambiare: si dà per ricevere, ma l’impegno contrattuale, sostenuto anche dall’interesse, è vissuto soprattutto come impegno sociale, coerenza alla parola data, regola del dovere, regola di tipo universale,  anche qui caratterizzata dalla proprietà di obbligare l’altro indipendentemente dai suoi “sentimenti” nei miei confronti, indipendentemente dal legame che esiste tra lui e me.
c. La  gratuità: conditio sine qua non per un autentico servizio sociale. Svolgo la mia professione perché l’Altro non mi è indifferente, non gli richiedo nulla in contraccambio, non do per ricevere. Ci troviamo di fronte ad una asimmetria: non c’è la reciprocità richiesta nell’interesse e nel dovere.  
Mauro Biani, 2019
Eppure la gratuità e il suo linguaggio appartengono al nostro mondo, costituendone a un tempo il lato critico e alternativo. E’ esperienza comune, insieme complessa e paradossale: l’amore, l’amicizia, la fiducia, dare ospitalità, assumersi responsabilità, prendersi cura dell’altro sono esperienze che ciascuno di noi fa, riconducibili alla gratuità ed alla sua logica, modalità relazionale che informa di sé e struttura la vita di tante persone. Come sostiene Godbout (3), è parte “dell’armamentario dei concetti che servono ad elaborare un modello alternativo a quello del mercato” ed è indispensabile ad orientare il senso complessivo del lavoro sociale. Esprime il legame profondo tra le persone, le svincola dall’obbligo di conformarsi cioè di contraccambiare, testimonia  che non si dona per ricevere, semmai si dona perché l’altro doni. E’ tutt’altro che bizzarra: il suo cuore, la non reciprocità, si sottrae inevitabilmente al paradigma utilitaristico oggi dominante, anzi si pone come sua alternativa. Perché in fondo è un donare se stessi.

Note.
1. Tra i tanti, mi limito a citare autori di cui ho letto qualcosa:  il teologo Vidal Marciano (Etica civile e società democratica  Sei, 1992); A. Schweitzer (Rispetto per la vita, Claudiana, 1994);  A. Capitini (La compresenza dei morti e dei viventi, Saggiatore, 1966); H. Jonas (Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, 2002); I. Illich (Nello specchio del passato, ed. Boroli, 2005)  perché “il desiderio possa fiorire ed i bisogni declinare”; L. Boella - M. Augé (Etica civile: orizzonti, EMP, 2013); Z. Bauman (La vita in frammenti. La morale senza etica del nostro tempo, Castelvecchi, 2018)…. Per approfondire il tema cfr. in particolare La  Fondazione Lanza (Centro Studi in Etica) di Padova e i suoi periodici forum dedicati all’etica civile.  
2.  cfr. Jacques T. Godbout, Lo spirito del dono, Bollati Boringhieri, 2002.

Mauro Biani, 2019

2 commenti:

  1. Al cospetto della profondità di pensiero, mi limito a sintetizzare. Etica è più di “ un minimo morale condiviso “; si propone come paradigma garante di un “ convivio delle differenze “ al fine di “ salvaguardare la convivenza civile “. Rimanda alla consapevolezza di se’ e dell’altra nel teatro cosmico più armonico, tipica di membro connaturato al Limite.
    La convivenza civile mette alla prova la capacità di tessere relazioni che si elevano dal grado minimo dell’Interesse all’amalgama superiore dell’Amore Donativo imbevuto di GRATUITA ‘.
    Se ne richiede l’uso per la crescita del DIALOGO, per una POLIS LIBERA E PLURALE, per la PACE.
    GRAZIE Gian Maria!

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  2. Sintetizzi efficacemente il significato di una vita, specie del credente: “La convivenza civile mette alla prova la capacità di tessere relazioni che si elevano dal grado minimo dell’Interesse all’amalgama superiore dell’Amore Donativo imbevuto di GRATUITA‘”. Dall’interesse, che è già una primo superamento dell’indifferenza, all’amore donativo. Ci sto provando. Idealmente insieme. Ogni giorno, Ciao.

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