Siamo soli, cantava Vasco. Siamo
tutti soli.
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Lungo la via di una qualsiasi città ... |
Ma ci sono persone ancora più sole: gl’invisibili, gli ultimi, i
penultimi, chiamiamoli come vogliamo.
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Disperazione. |
Le città ne sono piene ed ormai ci
abbiamo fatto il callo, tanto che non ci facciamo più caso.
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Dolore. |
Queste solitudini di oggi non
vengono da qualche misterioso destino,
ma affondano le loro radici nella nostra società. Sono gli
uomini a creare queste solitudini: i meccanismi di esclusione e di
marginalizzazione non sono fatali, portano
le stigmate della storia, esprimono alle radici il travaglio della nostra
società e la sofferenza di ogni singola persona.
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Meccanismi di esclusione. |
Ma
in quanto storiche queste solitudini ci interrogano, ci invitano a
rinnovare la storia, ci spronano - come già dicevo in un precedente post - a ricercare una solidarietà
creatrice che sappia dare credibilità ad una nuova speranza.
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Ricreare le condizioni per danzare la vita. |
Certo l’impegno
per recidere le radici storiche delle
solitudini non giungerà ad eliminare per sempre l’esperienza della solitudine
dalla vita dell’uomo, perché essa non è solo frutto di determinate condizioni
storico-sociali, ma rimanda al vissuto delle
singole persone.
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Malinconia. |
In effetti la solitudine “oggettiva” - pur con intensità, implicanze
e costi assai diversi - riguarda tutti: uomini e donne, integrati e
disadattati, ricchi e poveri, lavoratori
e disoccupati, sfruttati e sfruttatori, giovani ed anziani, immigrati ed autoctoni, malati e
sani, disabili ed atleti, carcerati e carcerieri, vittime di perdita di ruolo o
di rilevanza sociale, discriminati, stigmatizzati, separati, emarginati dal
proprio ambiente, tutti coloro che soffrono la
perdita di contatto sociale, abbandonati a causa dell’età, della malattia,
della morte dei familiari.
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Angoscia. |
Siamo un’umanità che si trova a vivere in un sistema ad una
dimensione dove ciò che conta è solo il denaro, il successo, il potere; dove
tutti soggiacciono ad un medesimo modello di relazione (produzione, competizione,
efficienza e consumo) e ad un unico processo di competizione – o tu o io,
meglio io - che ha nella legge del profitto il cardine fondamentale ed
insostituibile. Tutti soffrono la solitudine, pur con diversità consistenti ed
anche tragiche.
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La solitudine riguarda tutti. |
Soffrono una loro solitudine anche “i padroni del vapore”, coloro
che nella corsa risultano vincitori ed impongono le loro regole, i loro parametri
di valore, il loro modo di vita
ed i loro prodotti. Ma è soprattutto dalla parte di coloro che sono vinti che la solitudine – con
le sue condizioni di sfruttamento, di
povertà, di miseria, ed anche di intima
disperazione ed abiezione – è una ferita lacerante, un
silenzioso grido insopportabile.
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Un silenzioso grido ...
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Tutte le immagini riproducono opere di Edvard Munch.
Chi
desidera intervenire può consultare il post del 22/10/13 oppure
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Con cosa si può combattere la solitudine? Con una parola che ha la stessa radice: solidarietà. Anche Leopardi, assoluto esempio di pessimismo, nell'ultima parte della propria vita, vede la solidarietà come unica salvezza contro la solitudine esistenziale dell'uomo ("La ginestra o il fiore del deserto", 1836). Solidarietà che tanto servirebbe in questi tempi di crisi, quando si è sempre più portati a guardare al proprio singolare interesse.
RispondiEliminaSolitudine e solidarietà sono i due estremi tra i quali oscillano le opere di Munch: l'angoscia, la disperazione dei protagonisti (l'urlante, l'egra fanciulla, la folla che cammina senza meta) gridano a gran voce il bisogno di considerazione da parte degli altri. Ma gli altri spesso sono sordi e ciechi alle loro grida.
In questo periodo, qui a Genova, a Palazzo Ducale, è stata allestita una bella mostra proprio su Munch! Non l'ho ancora vista, ma penso che presto ci andrò.
Caro sig. Luca, è sempre per me, per noi, un piacere leggere i suoi interventi che rivelano non solo la sua preparazione culturale, ma anche la sua vigile sensibilità che non vuole commuovere ma ricordarci che la solitudine non si rivela se non a colui che, soffrendola in sé o negli altri, intende impegnarsi a risolverla. E la si risolve senza cadere mai nell’atto odioso dell’elemosina - eppure bella parola greca che significa tenerezza compassionevole! - di un gesto o di una parola che lasciano il tempo che trovano, che non impegnano in alcun modo, ma solo esprimono un’umiliante ed esasperante condiscendenza. Raccolgo perciò volentieri il suo invito a far entrare a forza nelle nostre preoccupazioni quotidiane la presenza permanente dei due estremi, solitudine e solidarietà. Anche per questo, appena mi sarà possibile, andrò con la mia dolce consorte a Palazzo Ducale, a scandagliare i due estremi tra i quali oscillano le opere di Munch. Grazie.
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