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sabato 9 novembre 2013

Bellezza e verità.



La bellezza  è la verità, la verità è  bellezza: 
questo è tutto quel  che voi sapete in terra  
 e tutto ciò che vi occorre sapere”.

(John Keats, poeta inglese 1795 – 1821).



Perché bellezza è verità, verità è bellezza?
In che senso è vero questo cielo stellato? 

Perché ci commuove questa immagine? 
Che cosa ha di bello?


I colori non sono quelli di un campo. Eppure esprimono la verità di un campo illuminato.

La citazione, riproposta da  Fazio  nel 2009 all’inizio di una sua trasmissione, a suo tempo fece un certo rumore. In realtà si scopriva l’acqua calda:  da secoli   la filosofia e teologia non solo occidentale sono in dialogo  con il “pulchrum, verum et bonum” (penso soprattutto ad Agostino e Tommaso d’Aquino), tema ripreso  anche ultimamente nel dibattito culturale ed artistico italiano.  

Non so se gli uomini e le donne di oggi vivano consapevolmente l’armonica conciliazione  tra  la dimensione della ricerca della bellezza e quella della verità e della bontà delle azioni. 


Bello perché vi scorgiamo l'esperienza umanissima del riposo, della confidenza ...




La miseria non è bella, ma qui è bella la rappresentazione di questa povera casa, delle vite che vi immaginiamo ...

Una riduttiva ricerca della bellezza   estranea o avulsa da quella della verità e della bontà - limitata al “gradevole”, al “piacevole”, al “carino”, all’”emozionante” – sarebbe qualcosa di monco e di mancato, effimero, inconsistente, al limite vuoto. Ognuno di noi ha bisogno di nutrirsi di bellezza, ma insieme di respirare il vero e di vivere il bene. E’ un modo di educarci  ad una pienezza di umanità.

Sono vecchie scarpe, eppure belle perché dentro c'è tutta la verità della fatica: del camminare, del lavorare ... 

E' il ritratto di un contadino. 
La sua bellezza sta nella verità 
del volto.


La bellezza  è una realtà tra le più difficili da definire:  termine complesso, che si usa quotidianamente a proposito ed a sproposito, che si applica a tutte le realtà, carnali e spirituali,  temporali e non, che  mette in causa ora l’intelletto  ora i sensi della  vista e dell’udito. E’ una forma alta di conoscenza che tocca il cuore delle cose, generando quel  piacere che ci fa dire “è bello”. 


Non è l'oggetto in sè ad essere bello, ma la vita semplice che attraverso l'oggetto viene evocata ...

Ed è bello perché in armonia con se stesso ed il contesto nel quale  si pone (“integritas” e “proportio” tomiste), perché in esso risplende la verità  (“claritas”), perchè ogni cosa è chiamata al suo specifico compito di essere “buona”, cioè di svolgere al meglio il proprio essere-nel-mondo.
E così bellezza, verità, bontà, nella loro unità, sono lo splendore dell’essere.
Non ci si arriva per improvvisazioni. L’emozione ed il gusto immediati sono una cosa; la ricerca del vero, la sensibilità per il bello, la capacità verso il bene sono ben altro: non si improvvisano e  vanno educate ed alimentate.   


La sensibilità per il bello, il vero, il buono, non si improvvisa ...

A questo punto, non so bene se quanto Keats afferma (“questo è tutto quel  che voi sapete in terra  e tutto ciò che vi occorre sapere”), sia l'inizio o la conclusione di un percorso.

Tutte le immagini riproducono opere di V. Van Gogh.
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