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martedì 30 marzo 2021

Dell'ermeneutica.

L'arte dell'interpretazione (ermeneutica) come cammino mai concluso, sempre nuovo.
Post di Rosario Grillo
Immagini di Sandro Botticelli, Nozze di Mercurio (simbolo dell'ermeneutica) e Filologia” (conosciuto come Primavera).¹ 
 
Botticelli, Mercurio, particolare di Nozze di Mercurio e Filologia
Quando si dice: compenetrarsi... quando l’attore è proprio: “nella parte
”.
Quasi sempre si riserva questa “fenomenalità” al solo mondo dell’arte della recitazione. Facendo un po’ di attenzione, ci si accorge che è implicata la mimica.
Della mimesis parlò tanto Platone. Ne parlò anche Aristotele, in diverso modo. Ma un po’ tutti ne parlarono, in quel volgere di tempo (tra V e IV secolo a.C.), perché al centro dell’attenzione era la techne.
Tra Socrate e Platone, poi, ci si destreggiò per ridurre la techne alla semplice competenza artigianale, richiedendo al contempo di distinguere: una sapienza che avesse il colore del “divino”.
Facendola breve, tirando un bilancio delle discussioni che sopra vi si sono svolte, diremo di un logos che non resta confinato nell’asse teoretico, che possiede quindi dinamis pratica, da cui poieo poietica o poetica.
Presa per altro verso, dentro gran parte del patrimonio delle religioni, Dio o la Divinità non se ne sta fermo nella contemplazione di Se stesso, ma si rivela. La rivelazione è, appunto, ingresso nella praxis.
Ora, abbassando certi “compartimenti stagni”, possiamo parlare della verità oracolare nel mondo pagano: come di “modo della rivelazione divina” (sottolineo: gli oracoli dei templi, non la “divinazione oracolare”, cosiddetta mantica).
Botticelli, Filologia, particolare di Nozze di Mercurio e Filologia
La vena platonica, poi neoplatonica, trasmessa in avanti, per bocca di G. Bruno e di G.B.Vico ad esempio, poi giunta dentro la linfa della filologia rispolverata da Nietzsche, l’ha introiettata e diffusa.
Da questa porta d’ingresso è passata l’ermeneutica, prima sfiorata da Schleiermacher e poi affrontata da Heidegger.
Da quest’ultimo prende le mosse J.L. Nancy, quando affronta il “blocco” del circolo ermeneutico.
Parlo proprio di blocco, nel senso di un circolo vizioso, che sembra rinchiudere in se stessa l’ermeneutica. Mentre sappiamo che se c’è una virtù di essa, deve agire per esterno e non per interno. Esplicitamente: l’ermeneutica investe il fuori di sé. Riguarda, in sostanza, la comunicazione del sapere.
Il circolo, di cui si parla, manda dal fondamento o principio (logos) al rapsodo-poeta, che è incarnazione della hermeneia, e da quest’ultimo al principio, per la ragione che, potremmo dire, discende dalla sua costituzione. Il principio è origine e fondamento, non nella lontananza della trascendenza; è invece commisto o, per così dire, immanente.
È più semplice se si prende spunto dalla mania divina (o “entusiasmo”), da cui è invasato il poeta. Ciò che lo fa personaggio della ermeneutica.
Botticelli, le Grazie, particolare di Nozze di Mercurio e Filologia
Così ne parlò Socrate; in questa misura Socrate si confrontò con Ione nel famoso dialogo.²
Da esso prende spunto Nancy per la sua indagine, esposta in un’operetta La partizione delle voci, anticipatrice del più famoso La comunità inoperosa.
Quindi il mistero sta nella messa in luce della “ispirazione”. Sembrerebbe che essa, a motivo delle operazioni sul tema svolte dai romantici, stia tutta racchiusa in un rapporto ineffabile dell’artista con il divino (ideale).
Uscendo fuori dalla sfera della “illuminazione” e battendo la strada della ermeneutica, si consolida innanzitutto la cautela verso la scrittura, già dimostrata da Platone, si approfondiscono le proprietà della Parola e, da essa, del dialogo. Si entra nel meraviglioso mondo della comunicazione. Qui arrivati, si è spinti a prendere coscienza profonda del rapporto intersoggettivo che è insito nella “comunità parlante” (Umanità).
L’approfondimento di Nancy va per la via della pluralità delle voci, che - l’esempio è suo - rappresenta ciascuno degli “anelli” di una “catena magnetica”.
Il fenomeno del magnetismo spiega la proprietà di attrazione che passa per gli elementi, ad uno ad uno, senza distruggere la prerogativa specifica di ognuno.
Alla stessa maniera, la Voce che prende la Parola è moltiplicata, senza diaspora e senza degradazione, per le parti: partizione delle voci .
A me sovvengono due potenzialità. La prima è la discendenza, da questo fattore, della caratteristica attribuita alla traduzione da W. Benjamin.³
La seconda è relativa a N. Cusano. In questo secondo caso, tenendo per fermo la dottrina della docta ignorantia, Cusano va incontro al sentiero “mistico” del contatto con Dio, che non si lascia definire se non per via negativa.
Il punto che mi preme è il “passaggio” tra Dio e le singolarità: Sii tuo ed io sarò tuo. Un invito, appunto, a compenetrarsi nella vera soggettività, toccata da Dio.
 
Sandro Botticelli, Nozze di Mercurio e Filologia (conosciuto come Primavera), 1482, Uffizi, Firenze
^^^^^^^
A Nancy - e finisco - preme sottolineare maggiormente l’in-concluso dentro l’alterità, che accoglie l’annuncio del dialogo. Per dire che ogni dialogo va verso il fallimento del suo scopo e... poi aprire nuovo “annuncio” di possibile dialogo.
Catena magnetica di un discorso infinito, partito nella pluralità delle voci.
L’accento batte sulla partizione. Rivestendola di nuovo rispetto umano⁴, nuovo vincolo etico.
Purché impegno attivo, poietico/poetico, elargito in una comunità frastagliata.

Note.

1. Secondo un dotto studio di Claudia Vella (sulla scorta del testo di Marziano Capella, Le nozze di Filologia e Mercurio, V sec. d.C.), il celebre dipinto di Sandro Botticelli, conosciuto con il nome di Primavera, andrebbe invece interpretato come il matrimonio tra Mercurio (figura dell'ermeneutica e dell'eloquenza) e la personificazione di retorica e filologia.  Cfr. qui e qui.
2. Come si sa, Heidegger rappresenta la problematica in un famoso: Da un colloquio nell’ascolto del linguaggio. Ora inserito nell’opera In cammino verso il linguaggio.
3. E se, tenendo isso lo sguardo nell’immagine, il fratello si metterà a cam­minare da occidente ad oriente, troverà che lo sguardo dell’immagine lo accompagna di continuo; e se da oriente ritornerà ad occidente, parimen­ti lo sguardo dell’immagine non lo abbandonerà. E si stupirà che quel­lo sguardo si muova pur restando immobile. La sua immaginazione non potrà capire nemmeno che lo sguardo dell’immagine si muova anche ac­compagnando un’altra persona, che cammini con un movimento contra­rio al proprio. Per averne esperienza, egli farà che un suo confratello, guar­dando all’immagine, si sposti da oriente ad occidente, mentre egli cammi­na da occidente ad oriente; quando lo incrocia, gli chiederà se lo guardo dell’immagine stia continuamente accompagnandolo; e, se si sentirà dire che lo sguardo sta muovendosi parimenti in direzione opposta, dovrà cre­dergli; e, se non gli prestasse fede, non riuscirebbe a capire come ciò sia possibile. Così, solo perché glielo rivela chi glielo dice, egli saprà che lo sguardo del volto non abbandona tutti coloro che camminano, anche se in direzioni opposte. Avrà, dunque, la prova che il volto immobile si muove simultaneamente tanto nella direzione orientale che in quella occidenta­le, tanto nella direzione settentrionale che in quella meridionale, tanto in direzione di un luogo, quanto in direzione di tutti i luoghi insieme, e che esso guarda sia ad un movimento che a tutti i movimenti insieme (da Cusano, De visione Dei )
4. Nancy critica il formalismo, rivolto a tutti (genericità) dell’imperativo categorico kantiano.
 
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