Iscriviti ai Feed Aggiungimi su Facebook Seguimi su Twitter Aggiungimi su Google+ Seguici tramite mail

Iscriviti alla nostra newsletter!

sabato 26 novembre 2022

Tempo dell'attesa vivificante.

Il tempo del senso della vita.

Post di Gian Maria Zavattaro.

Händel, Messiah, 1741
“Apparso un istante tra noi, il Messia si è lasciato vedere e toccare, solo per perdersi una volta ancora, più luminoso ed ineffabile che mai, nell’abisso insondabile del futuro. È venuto. Ma adesso noi dobbiamo ancora e nuovamente - non più solamente un piccolo gruppo eletto, ma tutti gli uomini - attenderlo più che mai. Il Signore Gesù verrà presto solo se l’attenderemo ardentemente. Sarà un cumulo di desideri a far esplodere la parusia”. (P. Teilhard de Chardin, L’ambiente divino, Mi,1968, pp. 183 e seguenti).
 
Ogni istante è la piccola porta da cui può entrare il Messia” (Walter Benjamin, Saggi e frammenti, Einaudi, Torino 1962)

In questo tempo di covid e di guerra ci apprestiamo all’Avvento, frammisti ad una umanità divisa tra guerra e pace, amore e odio, spreco e fame, I Care e indifferenza, dedizione d’innumerevoli persone per gli sventurati e cinico profitto di speculatori. Perché attendere? Attendere chi, che cosa? Quale concreta attinenza hanno questi interrogativi con il vivere dolente e il tragico morire di tanti, con la dilagante povertà,  la solitudine disperante, l’incertezza e precarietà della vita che scuote sicurezze, scelte, abitudini, modi di relazionarsi con gli altri e con se stessi?

Händel, Messiah,1741
È proprio in questo mondo martoriato che oggi noi cristiani siamo chiamati al “Vegliate State attenti” (Mc13,33-37) dell’Avvento, preminente tempo di “Attesa”. Nel suo significato originario di tendere verso, volgere l’animo, prendersi cura, dedicarsi: nella duplice tensione verso il Natale che ha cambiato la storia del mondo e verso la Parusia, la seconda venuta del Signore Gesù, compimento e suprema manifestazione della “presenza” che ha inizio con la prima venuta e continua nel mistero dell’Eucaristia, nella Chiesa, nella Carità e nei Poveri.

Oggi, immersi nel presente liquido, l’attesa ci pare tempo sprecato, né amato né conveniente, nella corsa compulsiva al consumismo, conformismo e per molti alla sopravvivenza fisica. L’Avvento è invece “il tempo dell’attesa vivificante”, in cui riscoprire il silenzio, contemplare, ascoltare, riconoscere la Parola dello Spirito “che dà la vita”, pazientare, pregare, amare, perdonare, essere misericordiosi per avere misericordia, vivere intensamente, cioè “vegliare”:il tempo del senso della vita”, paradigma di ogni nostro istante che dovrebbe essere sempre teso in modo esplicito od implicito a vivere, cercare l’essenziale, al di là dei propri autoinganni e urgenze assillanti. Tempo della memoria perché nulla vada perduto, della cura del presente, della speranza contro la disperazione; tempo di gioia nonostante tristezza e afflizione; tempo di preghiera, di lode, ringraziamento, adorazione e invocazione Maranathà Vieni signore Gesù; tempo della sobrietà; tempo dell’ospitalità e dell’“elemosina” espressa dal greco eleèo, appassionata tenerezza, dono del proprio tempo e di sé nel prendersi cura e accudire gli altri e, in plenitudine, gli ultimi.

Händel, Messiah, 1741
Scrive Lino Prenna: “Gli ultimi sono quelli che hanno creduto nell’attesa, nell’avvento, nella speranza, virtù dell’attesa. Hanno creduto che il tempo è tempo di speranza e che la vita è l’avvento del tempo definitivo, ultimo, del compimento finale. Gli ultimi sono i poveri di Dio, gli spogliati per Dio, gli impotenti a salvarsi, che attendono Dio come Ultimo della loro attesa, che chiedono a Lui la salvezza, che aspettano Lui come salvezza”(1). Ambivalenza degli ultimi che saranno i primi (Mt 20,16).

Concludo con l’appassionata riflessione-preghiera del grande teologo K. Rahner: “Noi diciamo che tu devi di nuovo venire. Ed è vero. Ma non è propriamente un ‘nuovo’ venire; poiché nell’umanità che hai assunto in eterno per tua, non ci hai mai lasciato. Solo deve rivelarsi sempre più che tu sei veramente venuto, che le creature sono già mutate nel loro cuore, dopo che tu le hai prese nel tuo cuore. Ma devi venire sempre più: deve manifestarsi sempre più ciò che in fondo ad ogni essere è già accaduto, deve consumarsi la falsa apparenza che la finitudine non sia ancora libera da quando tu l’hai assunta a tua vita. Ecco: tu vieni. Non un passato né un futuro: è il presente che si adempie. È sempre la sola ora del tuo venire; e quando essa toccherà la sua fine, avremo fatto anche noi l’esperienza che sei venuto. Fa’ che io viva in questo tuo avvento, affinché io viva in te, o Dio che vieni. Amen”. (2)

Note.
1. Lino Prenna: citazione tratta da L’Agenda della Famiglia 2018, ed. Famiglia Cristiana, prima domenica d’Avvento, 2 dicembre 2018.
2. Karl Rahner, Tu sei il silenzio, ultimo capitolo, Dio che vieni, Queriniana 5°ed., 1984, Brescia, p. 88.
 
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋
❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋❋ 

Nessun commento:

Posta un commento