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lunedì 15 maggio 2023

Don Lorenzo Milani, centenario nascita.

27 maggio 2023, centenario della nascita di don Milani.
Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini delle illustrazioni di Simone Massi tratte dal volume "Il Maestro" di Maurizio Silei, Orecchio acerbo, 2017 (con gentile autorizzazione).

Illustrazione di Simone Massi (da "Il Maestro")
Il nostro blog nel passato ha dedicato a don Milani vari post. Pensavo per i 100 anni dalla sua nascita di limitarci ad alcune citazioni per noi significative (sotto riportate, provocazioni che cesellano a mio avviso l’orizzonte educativo della scuola) e segnalare 4 pubblicazioni con nuove testimonianze e impegnativi spunti di riflessione. (1) Poi con timore e tremore ho deciso di esternare il mio debito nei suoi riguardi. Ho impropriamente “scoperto” don Milani nel 68 dove si sbandierava, incompresa e tradita, “L’obbedienza non è più una virtù”. Nel ’70 un libro di pedagogia (lo conservo gelosamente) mi apre gli occhi su don Milani, da allora riferimento (non unico ma tra i fondamentali) nei miei 16 anni di docenza, 26 di presidenza. oggi nel mio volontariato presso la scuola diocesana Migrantes, scuola di frontiera, in sintonia con E. Affinati (L’uomo del futuro. Sulle strade di don Lorenzo Milani, Mondadori, 2016) e con tutti i docenti che ogni giorno praticano lo spirito di Don Milani senza averlo mai conosciuto. “Proprio per questo don Milani è l’uomo del futuro”: i ragazzi di periferia e gli immigrati - stranieri”, in base all'etimo estranei - sono oggi “i ragazzi di Barbiana”.

Simone Massi (da "Il Maestro")

Perché la scuola “siede tra passato e futuro e deve averli entrambi presenti”, deve o dovrebbe  far sentire  speciale nella sua singolarità ogni studente che si riconosce e deve essere riconosciuto nella sua dignità, nel suo diritto-dovere di “possedere la parola e appartenere alla comunità”, di cooperare insieme agli altri a rendere migliore il mondo: tutti elementi essenziali del processo educativo, di cui emblema è il “sentiero della Costituzione di Barbiana”, strada che don Milani percorse quando giunse per la prima volta nella canonica. Di lui si è parlato troppo, esaltandolo o esecrandolo, sin da quando era in vita. Poi la voce fulminante di papa Francesco ne videomessaggio alla presentazione  dell’opera omnia a Milano, il pellegrinaggio a Barbiana nel ‘17 hanno liquidato incomprensioni e indecenti silenzi. Non so se mai sarà proclamato santo, come riteneva p. Turoldo: tocca a chi di dovere sviscerare la sua franca complessità, la sua fede adamantina, il suo intransigente rigore, il sacerdozio intriso di obbedienza e amore per il Vangelo e la Chiesa, il suo “prima di tutto c’è Dio e poi c’è la Vita Eterna”.
Ma nessuno può ardire di "annettere"  don Milani, come più volte hanno sottolineato i suoi allievi e gli amici  Turoldo e Balducci. Lui stesso sul letto di morte dichiarava che “non c’è peggiore infedeltà che essere fedeli a un morto”. 
 
Simone Massi (da "Il Maestro")
Non è neppure questione di “scimmiottarlo”, gentile Dott.ssa Mastrocola (2): nessun “donmilanismo”. Don Milani è di tutti e di nessuno. Nessuno di coloro per i quali la scuola è fabbrica di individualismo e egoismo; nessuno di coloro che non hanno capito da quale passione umana e cristiana nascesse il suo “far scuola” (3). È invece di tutti coloro che vivono l’intensità del “far scuola”, la passione di educare: I Care che intravede negli occhi degli studenti i loro bisogni, adattando alle forze e debolezze di ciascuno l’insegnamento, perché tutti ed ognuno possano andare avanti nella scalata delle difficoltà. Di tutti coloro che vivono la scuola come luogo in cui si annuncia la speranza e si organizza la cultura, che è possedere la parola e appartenere alla comunità (4). Di tutti coloro per i quali possedere la parola vuol dire pensare, scoprirsi soggetto pensante, emblema di libertà personale. Di tutti coloro che cercano “il sapere solo per usarlo al servizio del prossimo, per es. dedicarsi da grandi all’insegnamento, alla politica, al sindacato, all’apostolato o simili” (5). Altro che donmilanismo. Scuola dalla parte dell’“ultimo”, non solo riferito alla miseria materiale ma alla mancanza di cultura e di istruzione, perché il povero non si può salvare se non sul piano di un riscatto culturale. Scuola laica, sottolineava Balducci (6), perché “l’uomo delle 300 parole” sarà sempre inferiore e imbrogliato fino a quando non diverrà l’uomo delle1000 parole” (7).
 
Simone, Massi (da "Il maestro")
Proposta etica e pedagogica che mi pare pienamente attuale per la scuola di oggi che deve fare i conti con una dilagante povertà culturale, trasversale a tutte le generazioni  in primis quella del  “monosillabo”, sballottate nella marea della società liquida, del consumo, della incondizionata resa e dipendenza ad AI. Scuola che si fa carico della sofferenza del perdente e del “diverso”, che non educa al conformismo gregario, non dà risposte uguali  a persone in situazioni disuguali. Scuola dunque dell’I Care e della speranza in una umanità meno sofferente e più solidale: fondata sull’educazione, la sola che può aiutare a giungere al possesso della parola, cioè del pensiero, all' invenzione continua di libertà. È quanto la mia storia professionale, pur fra tante ombre, deve in particolare a don Lorenzo Milani.

CITAZIONI.

1.“La scuola siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. E’ l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità […], dall’altro la volontà di leggi migliori cioè il senso politico […]. E allora il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare “i segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso” (Lettere di don Milani priore di Barbiana, a cura di M. Gesualdi, Mi, Mondadori,1970, p. 222-223).

Simone Massi (da "Il Maestro")

-“Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati ed oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri” (Don Milani: L’obbedienza non è più una virtù, Libr. fiorentina,1970)

-“Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguagli fra disuguali”(Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, LEF 1970)  

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2.“Don Lorenzo Milani come educatore ed insegnante ha indubbiamente praticato percorsi originali, talvolta, forse, troppo avanzati e, quindi difficili da comprendere e da accogliere nell’immediato.[…] La sua inquietudine però non era frutto di ribellione ma di amore e di tenerezza per i suoi ragazzi, per quello che era il suo gregge, per il quale soffriva e combatteva per donargli la dignità che, talvolta, veniva negata. La sua era un’inquietudine spirituale, alimentata dall’amore per Cristo, per il Vangelo, per la società e per la scuola che sognava sempre più come “un ospedale da campo” per soccorrere i feriti, per recuperare gli emarginati e gli scartati. Apprendere, conoscere, sapere, parlare con franchezza per difendere i propri diritti erano verbi che don Lorenzo coniugava quotidianamente a partire dalla lettura della Parola di Dio e dalla celebrazione dei Sacramenti[…]. La sofferenza, le ferite subite, la croce, non hanno mai offuscato in lui la luce pasquale del Cristo Risorto, perché la sua preoccupazione era una sola, che i suoi ragazzi crescessero con la mente aperta e con il cuore accogliente e pieno di compassione, pronti a chinarsi sui più deboli e a soccorrere i bisognosi, come insegna Gesù (cfr. Lc 10,29-37), senza guardare al colore della loro pelle, alla lingua, alla cultura, al’appartenenza religiosa” (video-messaggio di Papa Francesco 23.4.2017).

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Simone Massi (da "Il Maestro)

3. Barbiana illumina e rende possibili tutte le Barbiane del mondo, dove una persona vale per quello che è e trova chi valorizza il dono che è ognuno.[…]Ha ancora senso quindi proporre l’I Care in una generazione segnata dall’individualismo? Dobbiamo riprendere questa affermazione che è esattamente il contrario del “me ne frego” fascista e del “fascismo eterno” che trova spazio nell’ignoranza e nel pensare solo a sé” (prefaz.card Zuppi in Don Milani. Lettere, S. Paolo, 2023).

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4. Che vergogna! Essere stati contemporanei di papa Giovanni, di don Mazzolari, di don Milani; anzi, essere stati loro amici e commensali, e non avere imparato. E non essersi convertiti. Ed essere quelli di sempre. Peggio di sempre! Sì, perché si viene dopo un concilio, si viene dopo queste lotte furibonde dei poveri contro i ricchi, lasciando soli i primi e “fornicando” sottilmente (ma poi non tanto segretamente) coi secondi. […] Fin quando la chiesa, una “certa chiesa”, non trova il coraggio di dire che anche don Lorenzo Milani è un santo, questa chiesa non impara! Vuol dire che non cambia, non si converte neppure di fronte alla”lezione” di Dio; vuol dire che non ha compreso i “segni dei tempi”; anzi non ha “temuto Dio che le attraversava la strada… Non si dichiara santo uno che abbia “esercitato le virtù teologali e morali in grado eroico”? Uno che sia un modello di fedeltà a Cristo, alla sua chiesa, ai poveri? Allora c’è da sfidare chiunque a trovare altri che sia più fedele nei nostri tempi di don Milani. Chi può essere un esempio più efficace ai nuovi credenti, ai giovani inquieti che cercano il regno più di quanto noi conformisti riusciamo a immaginare?”.(D. M.Turoldo, Il mio amico don Milani, Servitium ed.Sotto il Monte,1997, pp. 41-42).

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Simone Massi (da "Il Maestro")

5.“Don L. Milani. Come tutti i profeti, lo disse il Signore, è morto lapidato moralmente (se fosse nato quattro secoli prima, forse anche fisicamente); egli è entrato immediatamente nella coscienza (e nella storia) con la stessa violenza con cui ne è stato rifiutato. Nel faticoso travaglio del rinnovamento della società e della Chiesa italiana è stato l’escluso, vilipeso, portato dinanzi ai tribunali ecclesiastici e civili; ma egli rientra con la forza del profeta. I profeti, si sa, hanno un compito non tanto di indottrinarci, quanto di mettere la nostra coscienza a un bivio, al bivio del sì e del no, dal quale bivio dipendono non solo l’orientamento culturale e la civiltà dei popoli ma, se siamo credenti, dipende la stessa nostra salvezza eterna” (E. Balducci, Io e don MiIani, S. Paolo 2017, pp.60-61).

Note.
1. a. V. Milani Comparetti (Don.Milani e suo padre, carezzarsi con le parole, Testimonianze inedite dagli archivi di famiglia, ed.Conoscenza, 2017). b. G. M.Lizio (I Weiss e don Milani: la famiglia materna del Priore di Barbiana raccontata per immagini, ed. Lgm 2023) c.Riedizione di Lettere, a cura di M. Gesualdi, pref.card. Zuppi, S.Paolo 2023 d.Don Landi (Tutto al suo conto. Don.Milani. Con Dio, con l’uomo (ed. S.Paolo): parroco a Vicchio del Mugello nel ’64-’66, conobbe quel prete “ribelle ed esiliato, dal cuore di un monaco, preciso in fatto di liturgia e in tutte le altre disposizioni della Chiesa”. Landi offre considerazioni e legami inesplorati, invita a leggere don Milani senza “griglie teologiche,storiche o pedagogiche” e capire la sua scelta di Dio:“amare concretamente tutto quello che Dio stesso ama, prima di tutto i poveri”. Cfr. Avvenire, M. Brancale, p.18 del 12.4.2023.
 2. Cfr. l’articolo uscito sul Domenicale del Sole 24 Ore di P. Mastrocola sul “donmilanismo” il 26.3.2017.
 3. Così don Milani nella Lettera alla signora Lovato (16.3.1966) descriveva la passione pedagogica: Il desiderio d'esprimere il nostro pensiero e di capire il pensiero altrui è l'amore. E il tentativo di esprimere le verità che solo s'intuiscono le fa trovare a noi e agli altri. Per cui essere maestro, essere sacerdote, essere cristiano, essere artista e essere amante e essere amato sono in pratica la stessa cosa”( in Don L. Milani, Lettere a cura di M. Gesualdi pref. del card. M. M .Zuppi, ed. S. Paolo, 202,p.329).
4. Cfr. Lettera a una professoressa, LEF, 1978, p. 105. 5.o..c.
6. “La sua scuola, volutamente, rimetteva ai margini il riferimento alla realtà religiosa. Era ostinatamente laica e la motivazione che egli portava, molto interessante[…]era che di certe verità evidenti non si discute; sono cioè presupposte e, per così dire sotto gli occhi di tutti.[…] Don Milani capiva che liberare dei ragazzi da una condizione sub-umana, dalla disponibilità ad accettare i miti del divertimento, del sollazzo del benessere, era evangelizzare” (E. Balducci, o.c. p.20 e 78). E ancora nella Lettera del 6.1.66 a Nadia Neri, studentessa napoletana: “Quando avrai perso la testa, come l’ho persa io, dietro poche decine di creature, troverai Dio come un premio. Ti toccherà trovarlo per forza perché non  si può far scuola senza una fede sicura. […]. Ti ritroverai credente senza nemmeno accorgertene” ( in Lettere…., cit., ed.2023, p.309).
7. “Ciò che manca ai miei è dunque solo questo: il dominio sulla parola. Sulla parola altrui per afferrarne l’intima essenza e i confini precisi, sulla propria perché esprima senza sforzo e senza tradimenti le infinite ricchezze che la mente racchiude.[…] Non faccio più che lingua e lingue. Mi richiamo dieci, venti volte per sera alle etimologie. Mi fermo sulle parole, gliele seleziono, gliele faccio vivere come persone che hanno una nascita, uno sviluppo, un trasformarsi, un deformarsi.[…] La parola è la chiave fatata che apre ogni porta.[…] Ognuno di loro se n’è accorto poi sulla piazza del paese e nel bar dove il dottore discute col farmacista a voce alta, pieni di boria. Delle loro parole afferra oggi il valore e ogni sfumatura . Si accorge solo ora che esprimono un pensiero che non vale poi tanto quanto pareva ieri, anzi pochino. I più arditi han provato anche a metter bocca. Cominciano a inchiodar il chiacchierone sulle parole che ha detto. […]Una utopia? No. E te lo spiego con un esempio. Un medico oggi quando parla con un ingegnere o con un te da pari a par.[…] perché ha in comune con loro il dominio della parola. Ebbene a questa parità si può portare l’operaio e i contadino senza che la società vada a rotoli. Ci sarà sempre l’operaio e l’ingegnere, non c’è rimedio. Ma questo non importa affatto che si perpetui l’ingiustizia di oggi per cui l’ingegnere debba essere più uomo dell’operaio (chiamo uomo chi è padrone della sua lingua).e” (Lettere…, cit. 1970, pp.64-66).
 
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2 commenti:

  1. Tanta nostalgia ...(Rosario mi capirà). Grazie per questo post, illuminante e completo.

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