Il 9 aprile 1945, all’età di 39 anni, moriva sul patibolo, impiccato dai nazisti, il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer.
Post di Gian Maria Zavattaro.
Dietrich Bonhoeffer |
Il 9 aprile 1945 - era il lunedì
dopo la Domenica in Albis – all’età di 39 anni moriva sul patibolo, impiccato
dai nazisti, il teologo protestante DIETRICH BONHOEFFER. “Questa è la fine –
per me è l’inizio della vita” furono le ultime parole, mentre gli aguzzini lo
strappavano ai compagni di prigionia.
Chi conosce anche poco, come me, del suo pensiero e della sua
azione sa bene quanto le sue intuizioni abbiano influito sul rinnovamento della
teologia protestante e cattolica e quanto esse siano ancora vive. Un tema
vorrei qui ricordare: la constatazione dell’avvento di un “tempo
totalmente irreligioso”.
Per Bonhoeffer l’esperienza della
morte di Dio, della sua assenza, del suo silenzio, non è un semplice dato
culturale: essa è disposta al fine di rispettare l’uomo e provocarne la
crescita. “Il mondo maggiorenne è senza Dio e forse proprio per questo più
vicino a Dio che il mondo non ancora diventato adulto”. Il Dio personale
“davanti a cui stiamo” è il medesimo Dio senza il quale noi dobbiamo vivere.
Egli è, ma Tace. Nel mondo senza Dio il cristiano non è chiamato ad una nuova
religione, ad una nuova cristianità, ma alla vita della partecipazione al
nascondimento ed all’impotenza di Dio nel mondo. Essa si disvela nel modo più
radicale attraverso l’abbandono del Figlio sulla croce: “Dio si lascia
scacciare dal mondo, sulla croce Dio è impotente e debole nel mondo”. Non
dunque “il piatto e banale essere-di-questo-mondo degli illuminati, degli
indaffarati o dei lascivi, ma il profondo essere-di-questo-mondo che è pieno di
disciplina ed in cui la conoscenza della morte e della risurrezione è in ogni
momento presente”. La fede, ben lungi dal fuggire, si incarna nel temporale, lo
sperimenta, l’ama e gli resta fedele. “Per il Cristiano non esiste alcun
luogo di rifugio dal mondo né in concreto né nella interiorità spirituale.
Qualsiasi tentativo di ritrarsi dal mondo sarà presto o tardi pagato con
qualche cedimento al mondo”.
Oggi questa consapevolezza è
ormai un vissuto collettivo, l’evento compiuto della secolarizzazione.
Nella città secolare Dio come “ipotesi di lavoro”, come spiegazione o come via
d’uscita dai problemi che noi dobbiamo affrontare e risolvere, è “ipotesi
inutile” o addirittura illusoria. Il “Deus ex machina” o “il Dio
tappabuchi” non serve: l’ “homo religiosus” ha perso la partita della
storia, il mondo è diventato adulto, dobbiamo vivere senza Dio, dobbiamo
cavarcela da soli. “Non possiamo essere onesti senza riconoscere che dobbiamo
vivere nel mondo, etsi Deus non daretur”. Si pone allora “il problema che non
mi lascia tranquillo: quello di sapere cosa sia veramente per noi oggi il
Cristianesimo o anche chi sia Cristo”.
Negli uomini e nelle donne del
nostro tempo Bonhoeffer scopre l’incontro con il Dio vivente: nel loro
esserci Egli si è nascosto, là lo si ritrova e là lo si deve servire.
Nell’esistere per l’altro si ridisegna l’atemporale identità del cristiano e si
delinea la possibilità storica della conciliazione tra la mondanità del mondo e
la trascendenza divina. Affiorano alla mente le consonanze con Mounier, così
vicino e così diverso: l’incarnazione, unica possibile risposta alla
supplica nietzschiana di Zarathustra (“Vi scongiuro. Siate fedeli alla
terra”); la necessità di calarsi nel cuore stesso della miseria, dalla parte
degli “schiacciati”; la protesta contro la coscienza pacificata della
cristianità borghese e la consapevolezza della sua fine (“fu la cristianità”);
la testimonianza come forma pura dell’azione.
Affrontando il supplizio
Bonhoeffer testimoniava fino in fondo la sua “Resistenza e Resa”: il resistere,
che è imparare a credere e sperare; il rendersi agli altri, che è amare senza arrendersi.
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Grazie di cuore, Gian Maria, per aver ricordato il grande Bonhoeffer, capace di testimoniare sino al martirio la necessità di opporsi al male della dittatura nazista; capace di continuare ad avere fede in un Dio che tace e si nasconde, e di vivere 'etsi Deus non daretur' continuando ad amare gli altri.
RispondiEliminaGrazie a Lei, gentile Maria, per il suo commento che invita noi tutti a non arrendersi e, nella nostra pochezza, ad essere testimoni... Un caro saluto da parte di Rossana e Rosario.
RispondiEliminaGrazie ,grazie grazie!
RispondiEliminaElena Emanuela Ciampoli ( non sono anonimo)
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