Iconografia di Rossana Rolando
l’amaro
del partire
lo
sapevamo anche noi
e
una lingua da disimparare
e un’altra da imparare in fretta…
e un’altra da imparare in fretta…
lo
sapevamo anche noi…
e
l’onta di un rifiuto
lo
sapevamo anche noi
questo
guardare muto…”
(Gianmaria
Testa, Ritals)
Tre volte la
settimana da mesi incontro alcuni amici rifugiati, ospiti della Caritas,
cui cerco di insegnare (verbo forse pretenzioso) un po’ di italiano, con molto
realismo da entrambe le parti.
Tre volte la
settimana ritrovo e riscopro il gusto dello sguardo limpido e lucido.
Nel primo
incontro ci siamo soppesati con gli occhi. E’ così che abbiamo esaurito la
prima comunicazione, scoprendo che era possibile accoglierci ed
accettarci reciprocamente. Poi, solo dopo, sono intervenuti a conferma i
gesti e qualche stentata parola.
Ed ogni volta prima di tutto con lo sguardo
giudichiamo i nostri progressi, esprimiamo le nostre perplessità, ci
incoraggiamo, sorridiamo, ridiamo dei nostri reciproci sbagli, ci ospitiamo e procediamo avanti. Dopo vengono i
gesti, le parole, di volta in volta un po’ meno approssimate, e soprattutto
l’ascolto, faticoso e problematico, ma essenziale, fondamentale.
Arianna Papini, Riconoscersi (particolare) |
Lo sguardo
limpido: quello che, senza nulla nascondere, si apre all’altro, lo prende su di sé, letteralmente com-muove, ossia con lui si muove
per creare com-unità nelle (e delle) differenze.
Lo sguardo lucido: quello del rispetto, del garbo empatico che
consente di vedere di più e meglio, perché è proprio la mancanza di
rispetto che non fa vedere ed oscura gran parte di ciò che si offre a noi.
Lo sguardo
lucido e limpido: “singolare”, mai neutrale, specchio della totalità del
proprio essere, premessa ospitale e dialogica, segno centrale del nostro
stare al mondo e del nostro guardare dentro noi stessi (lat.
introspicere). Sguardo non facile in questi tempi del
“guardare muto”, mortificazione delle relazioni interpersonali.
Arianna Papini, Riconoscersi (particolare) |
Arianna Papini, Riconoscersi (particolare) |
Al bivio di ogni giorno ci tocca decidere quale strada praticare: quella tranquillante del “non abbiamo visto, perciò non esiste“ (non vidimus ergo non est) oppure l’altra via inquieta: “abbiamo visto, vediamo, continueremo a vedere e perciò non possiamo più far finta di niente”!
Arianna
Papini ha un ricchissimo bagaglio di studi e di esperienze in campo artistico,
editoriale, didattico (come si può leggere qui e si può vedere nel sito).
L’opera che abbiamo scelto per questo post (acrilico su compensato, 61×61) ha il sapore di una raffigurazione sacra, di una rivisitazione aggiornata delle antiche icone dell’ospitalità. Lo dice il fondo dorato, segno della luce eterna che avvolge e illumina il gesto del reciproco guardarsi e riconoscersi; lo indicano i due volti - posti al di sopra e al di là di specifiche coordinate spazio temporali, di cultura e addirittura di genere (uomo? donna?) - divenuti espressioni universali e pure di un’umanità in grado di vedere nuovamente - ri-conoscere - il proprio simile nel diverso da sé; lo conferma infine la ricca simbologia che accompagna le due figure: l’ulivo portato dalla colomba e il ramoscello offerto dal tucano preannunciano nuove terre e nuovi cieli abitati da donne e uomini finalmente riconciliati tra loro.
L’opera che abbiamo scelto per questo post (acrilico su compensato, 61×61) ha il sapore di una raffigurazione sacra, di una rivisitazione aggiornata delle antiche icone dell’ospitalità. Lo dice il fondo dorato, segno della luce eterna che avvolge e illumina il gesto del reciproco guardarsi e riconoscersi; lo indicano i due volti - posti al di sopra e al di là di specifiche coordinate spazio temporali, di cultura e addirittura di genere (uomo? donna?) - divenuti espressioni universali e pure di un’umanità in grado di vedere nuovamente - ri-conoscere - il proprio simile nel diverso da sé; lo conferma infine la ricca simbologia che accompagna le due figure: l’ulivo portato dalla colomba e il ramoscello offerto dal tucano preannunciano nuove terre e nuovi cieli abitati da donne e uomini finalmente riconciliati tra loro.
Mi torna alla mente il profondo insegnamento di Levinas!
RispondiEliminaGrazie per questo richiamo che sicuramente aleggia nel post, facendo parte delle nostre letture e del nostro orizzonte culturale.
RispondiEliminaMi sono commossa, leggendo il resoconto di quest'esperienza di vita. Grazie.
RispondiEliminaGrazie per la Sua partecipata lettura.
EliminaGrazie per la condivisione delle Sue riflessioni, profonde e vere. Tempi duri e difficili i nostri, in cui accanto alla invasione delle immagini favorita dai media e ' diffusa la incapacita' e il rifiuto di vedere cio' che disturba e fa pensare.
RispondiEliminaIl rifiuto di vedere comporta il rifiuto di pensare, come Lei pone giustamente in evidenza. Pensare comporta irrimediabilmente volere essere liberi, andare oltre l’apparire, essere scomodi ed inquieti, soprattutto ascoltare, rispondere delle proprie azioni, vivere il cammino del proprio tempo nella sua scansione di passato-presente-futuro. Come Lei ci rammenta, una faticosa conquista per tutti e per i giovani in particolare, ma una straordinaria avventura dell’essere.
EliminaLo sguardo, già per gli antichi Greci, aveva il primato tra i sensi. Questo spiega la radice di certi concetti teoretici (per portare un esempio: idea da idiomai,vedere). Una lunga tradizione culturale ha quindi confermato tale valenza dello sguardo. Più interessante ancora, rilevare tali,predominanza e significanza, nei detti popolari.
RispondiEliminaIn parole brevi: lo sguardo è la rivelazione de l'anima.
Mounier (Trattato del carattere) riteneva che lo sguardo fosse per ognuno di noi il più sicuro rivelatore di noi stessi e proprio per questo lo sguardo altrui il migliore specchio che può agire lentamente oppure in un istante rivelarci a noi stessi. Le priorità assegnate dalla mia mediocrità, i miei luoghi comuni, pregiudizi e scontati convincimenti, i miei dolori che pretendevo esclusivi ecco, visti con lo sguardo libero dell’altro, mi appaiono per ciò che sono: relativi, inessenziali, a volte “grotteschi”. L’inaudito mi rivela nelle giuste proporzioni: forse la via per “l’inizio della saggezza”.
Elimina"... letteralmente com-muove, ossia con lui si muove per creare com-unità nelle (e delle) differenze" .....
RispondiEliminaRifletto sul vero significato del verbo e mi chiedo quanto di mio "si muove" e quanto, e se, dell'altro, con me.
Grazie GianMaria per la tua "provocazione".
Sempre cari saluti a te e Rossana.
"... letteralmente com-muove, ossia con lui si muove per creare com-unità nelle (e delle) differenze" .....
RispondiEliminaRifletto sul vero significato del verbo e mi chiedo quanto di mio "si muove" e quanto, e se, dell'altro, con me.
Grazie GianMaria per la tua "provocazione".
Sempre cari saluti a te e Rossana.
@ nele nele. Cara nele nele, sempre graditi i tuoi commenti, le tue acute notazioni che dal particolare – in questo caso “com-muovere” - risalgono al senso profondo del post. Le parole possono scorrere vuote senza lasciare traccia in noi oppure possono “creare” mondi di significato, aprire “spazi nuovi”, generare possibilità capaci di liberare il futuro. Un caro saluto a te.
RispondiEliminaUn tentativo brillante di conciliare ciò che eravamo con ciò che stiamo diventando, in un mondo che cambierà comunque, anche senza il nostro consenso, di cui non se ne fa nulla nessuno.
Grazie per avermi offerto un nuovo sentiero, ci sono cose da imparare e non abbiamo l'aiuto di un manuale di istruzioni.
Grazie. Ogni giorno ci tocca imparare senza "l'aiuto di un manuale di istruzioni". Può essere anche una fortuna, se nasce dalla nostra capacità di vedere ed ascoltare.
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