Ripensare il rapporto con l'altro nel tempo del "villaggio globale", quello in cui l'altro non è il simile - per nazione, cultura, religione - ma lo straniero.
🖊 Post di Gian Maria Zavattaro
🎨 Immagini di sculture e pitture di Amedeo Modigliani (1884 - 1920). Nelle opere del noto scultore e pittore, qui raffigurate, è ben visibile il richiamo all'arte africana che influenzò - oltre lui - molti artisti novecenteschi, da Matisse a Picasso. E' proprio a partire dalle maschere africane che matura lo stile personalissimo di Modigliani, con quei volti allungati ed essenziali nei tratti che lo rendono inequivocabilmente riconoscibile.
Ryszard Kapuscinski, L'altro |
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Amedeo Modigliani, Il busto rosso, 1913, Olio su cartone, Collezione privata |
Più di 40 anni fa McLuhan coniò la
definizione di “villaggio globale” che a Kapuscinski suona come paradosso:
“l’essenza del villaggio consiste nel fatto che i suoi abitanti si
conoscono intimamente, si frequentano e condividono un destino comune.
Cosa impossibile da dirsi della società del nostro pianeta, che fa piuttosto pensare alla folla anonima di un grande aeroporto: una folla di persone frettolose, sconosciute tra loro e perfettamente indifferenti le une alla altre”(2).
Cosa impossibile da dirsi della società del nostro pianeta, che fa piuttosto pensare alla folla anonima di un grande aeroporto: una folla di persone frettolose, sconosciute tra loro e perfettamente indifferenti le une alla altre”(2).
Nel villaggio globale e
multiculturale chi è l’altro? La filosofia del dialogo aveva analizzato la
relazione io-altro nell’ambito della stessa cultura. Ma oggi -
nell’approfondirsi delle disuguaglianze e nell’espandersi della febbre
migratoria planetaria dei più poveri che cercano di infiltrarsi nei paesi più
benestanti - l’altro non è solo colui che appartiene alla mia
nazione-razza-lingua-cultura-religione, è soprattutto colui che “ha la pelle di
colore diverso, crede in altri dei e parla una lingua incomprensibile” (3).
La
filosofia del dialogo è oggi chiamata ad esprimersi nell’ambito delle diverse
razze, religioni e culture.
Amedeo Modigliani, Cariatide in piedi, 1913, Olio su tela, Collezione privata |
L’altro è il singolo irripetibile,
il volto, la persona che incontro per strada, al supermercato, sul
metrò, in ospedale. Non è astratto e generico, è il nostro altro
che ogni giorno incontriamo, che rappresenta l’80% nel mondo, che
entro la metà del secolo rappresenterà almeno la metà della popolazione europea.
L’altro nella sua differenza di
razza-cultura-lingua-religione contiene una carica emotiva talmente forte
da diventare dirompente, tanto che i nazionalisti ed i razzisti lo vedono come
colui che “possiede una sola e unica caratteristica: l’appartenenza nazionale.
Il fatto che sia giovane o vecchio, intelligente o stupido, buono o cattivo non
ha alcun peso: conta solo se sia armeno, turco, inglese, irlandese, marocchino
o algerino” (4).
Si può superare l’istintiva
iniziale diffidenza solo attraverso l’interazione tra le persone,
solo tenendo ben presente che “gli altri sono lo specchio per capire chi
si è”. Non c’è scampo: lo svolgimento e la qualità dei nostri rapporti con il
nuovo altro definiranno il clima del mondo nel quale viviamo.
Amedeo Modigliani, Testa di donna, 1910-11, Washington, The National Gallery of Art |
Incontrare il nostro altro,
accoglierlo, parlargli - ci esorta a sua volta Tischner - significa
intervenire coraggiosamente in sua difesa, rendersi consapevoli della sua
prossimità, ricordare continuamente la sua presenza e il suo diritto a
esistere, addossarsene la responsabilità, sopportare le conseguenze di tale
gesto, “atto di sacrificio cristiano, di rinuncia e di umiltà” (p.7).
Che significa allora
incontrarsi? Ogni volta che incontro l’altro ho sempre
davanti a me tre possibilità di scelta: guerra, isolamento, dialogo. Ogni
incontro rischia di essere un enigma soggetto ad alti e bassi a seconda
del contesto esterno, del mio stato d’animo, dei miei vissuti, delle mie
convinzioni e delle reciproche aspettative.
Non si improvvisa: “occorre
prepararsi interiormente perché sia il contrario del nostro quotidiano ed
indifferente incrociarsi in mezzo alla folla” (8), tanto più in questo momento
in cui l’Europa tende a disgregarsi e a chiudersi nei propri muri.
Amedeo Modigliani, Testa di donna, 1911, Philadelphia, Museum of Art |
Amedeo Modigliani, Testa, 1911 |
Se l'Europa saprà sedere intorno
alla “tavola rotonda degli uguali diritti” (del “noi”, io e tu),
forse potrebbe rivelarsi profetico il paradosso del villaggio globale in cui “i
suoi abitanti si conoscono intimamente, si frequentano e condividono un destino
comune”.
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Note.
Amedeo Modigliani, Testa, 1915?, New York, The Museum of Modern Art |
(1)
J. Tischner, 1931-2000, fenomenologo polacco, rappresentante della filosofia
del dialogo e propugnatore di una originale "filosofia del dramma" (su: la verità, il bello, il bene, il male, la libertà, la
speranza, la fedeltà, il tradimento…), sacerdote cattolico, molto
vicino a papa Wojtyla anche nella passione per la montagna.
(2)
Ryszard Kapuscinski, L’altro, U. E. Feltrinelli/Saggi, 2015, 4 ed., p. 61.
(3)
citazione tratta da R. Kapuscinski, op.cit. p. 30.
(4)
o.c.¸p. 45.
(5)
o. c., p. 28.
(6 ) L’affermazione, che fa riferimento a Mt
25,31-46 , è di papa Francesco in un tweet del 18.12.2016, pubblicato in
occasione della Giornata Mondiale dei Migranti.
(7) o.c., p. 57.
(8) o.c. p. 59.
(9) o.c. p. 29.
(10) o.c.,
pp. 43-44.
(11 ) E' il titolo
dell'ultimo capitolo dell'op. cit.: "L'incontro con l'altro come la sfida
del XXI secolo", pp. 63-77.
(12) E’ S. WEIL a
ricordarci che l’amicizia è incontro e separazione: incontro
e separazione sono due forme di amicizia indissolubili, racchiudono entrambe lo
stesso bene, perché quando due esseri che non sono amici sono vicini non
c’è incontro, quando sono lontani non c’è separazione.
Je est un autre ha detto Artur Rimbaud e Lacan ha proseguito.
RispondiEliminaGrazie, gent.le Laura: come sempre tesa ad allargare gli orizzonti con puntuale precisione. Vorrei a questo punto esplicitare l’implicito e fare (forse) un altro piccolo passo nella reciprocità, non dico intercambiabilità tra io-altro: non solo “je est un autre!, ma anche “l’altro (soggetto) sono io (predicato nominale)!, senza pretesa di confusioni di identità, se non quella di una reciproca empatica (del “come se”) identificazione, che per me significa riconoscimento dell’agape cristiana. Un caro saluto da Rossana.
EliminaLa categoria dell'Io ha dominato nel corso del pensiero moderno ( nel bene e nel male). Oggi, tutti dicono che siamo entrati nel post-moderno ( una definizione che non mi piace). Altri ancora hanno parlato di "pensiero debole".... Credo, soltanto, che la categoria predominante debba essere questa : Alterita'.
RispondiEliminaMacluhan, nell'area della sua indagine, ci ha indicato una strada :"villaggio globale". Allarghiamo il raggio della sua significanza, superiamo la barriera assordante della Globalizzazione, letta con la lente puramente economista, e ci ritroviamo nel mondo del dialogo tra appartenenti ad una Co-umanità. In essa, identità ed alterita' sono polarità inscindibili, reciproche, intercambiabili.
Grazie Gian Maria per avercelo ricordato e per averci spronati'
Grazie a te, caro Rosario, ben sapendo che il tema alterità-identità ti è molto caro: non solo come teoria, ma come prassi del tuo vivere.
EliminaBasterebbero le quattro parole sottolineate da Laura D' Aurizio per non cercare il proprio tornaconto......
RispondiEliminaTutti noi intendiamo raggiungere benessere....pace.....
Non basta cercare Dio direttamente .....abbiamo bisogno dell'unità con la volontà divina ....
" Essere un altro " ..... è un magnifico pellegrinaggio....una grazia da coltivare ....una fede che percorre strade rettilinee.....curve......impervie.....
La risposta della Signora Laura ci porta a riflettere ....riguarda noi singoli.....ma anche la società.....le istituzioni.....
Irrinunciabile riflessione per condividere qualcosa che è strettamente legato all' esperienza di ogni popolo di ogni nazione e di ogni religione......
" AMICIZIA " ..... è la mia risposta a voi tutti
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Grazie Teresa per questo collegamento tra alterità e amicizia, intesa questa come sentimento-impegno-legame che richiede bontà e permette di superare le distanze rendendo la nostra vita più ricca e più bella. Aristotele dice: "...l'amicizia per eccellenza è quella dei buoni...l'uomo buono è per chi è buono suscettibile di amicizia" (Etica nicomachea, VIII, 5).
RispondiEliminaEcco cosa scrive fra Giovanni Salonia, psicoterapeuta e da poco vescovo ausiliario di Palermo, sull'importanza dell'altro come via di salvezza, di ogni ‘altro’, anche il lontano da noi, sia in termini spaziali che temporali: “Anche se in lingue differenti, gli umani si incontrano quando si donano parole piene del loro respiro e capaci di raggiungere le vibrazioni dell’altro. Il punto è accordarsi … perché le parole che vanno e vengono da me all’altro diventino melodia”. Perché ciò avvenga però: “Bisogna riscrivere la grammatica della relazione. (…) Ci viene chiesto il coraggio e l’audacia di consegnarci a una nuova danza, pur non conoscendone in anticipo il ritmo e i movimenti. Nella cultura della relazione l’altro è sempre l’’oltre’ che mi rimanda a mondi inesplorati della mia umanità.” Grazie sempre delle vostre riflessioni.
RispondiEliminaGrazie a lei per la visita al blog e per la suggestiva citazione. Buona domenica!
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