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mercoledì 4 marzo 2020

Expat. Fenomenologia delle migrazioni.

L'immagine della migrazione raffigura una categoria essenziale del vivere umano.
Post di Rosario Grillo
Fotografie di Jerry Segraves.

Jerry Segraves,  
Blue-reflect
Scrive Bachelard: «soltanto la fenomenologia – cioè̀ lo scaturire dell’imma-gine in una coscienza individuale – può aiutarci a restituire la soggettività delle immagini ed a misurare l’ampiezza, la forza, il senso della transoggettività delle immagini».

Proverò a servirmi della fenomenologia, così come la intese Husserl: scienza eidetica, considerato che egli aveva reagito alla riduzione positivista riportandosi al flusso percettivo della coscienza e riconfigurando l’esperienza (Erlebnis) in armonia con la vita.
L’argomento che vado a trattare ben si conviene al suo metodo, che rivela e non occulta l’apparire nella soglia fluida e vivida della percezione: laddove non si consente nessuna operazione di teoresi astratta e si registra l’immediatezza e il  “continuum”.
Oggi, tale approccio, quando si parla del migrare come costante dell’esistere storico degli esseri umani, potrebbe aiutare a penetrare la “crosta dura” di una diffusa opinione sugli “opportunismi” della scelta migratoria.
Jerry Segraves, 
Aquila in volo
“Fare i conti con la realtà” implica l’indagine sull’origine e sulle motivazioni (implicite ed esplicite - antropologiche e psicologiche - naturali e culturali) connesse alla diffidenza ed avversione al fenomeno della migrazione.
Ho avuto una guida preziosa: il libro di Francesca Rigotti, Migranti per caso. Una vita da expat (1), analisi a largo spettro con la forza d’urto della “esperienza vissuta” sulla problematica in oggetto.
Non trascura alcun anfratto del vasto repertorio del fenomeno migratorio, che risulta banalizzato e, peggio ancora, strumentalizzato, se ridotto all’univoca dimensione dell’immigrazione. Tra e-migrazione ed im-migrazione c’è infatti una variegata gamma tipologica di spostamento di singoli o di gruppo, senza trascurare la sottile tematica dell’esulare.
Altrove - l’uomo migrante - ho già scritto del “tessuto” storico del fenomeno, seguendo le pieghe del sottofondo nomade dell’essere umano; adesso esplicito fino in fondo la latitudine della territorialità insita nella scelta della stanzialità: da essa discende la fattura dello Stato, la “corporatura” dello Stato. In essa è inscritta la cogenza delle norme, che stabiliscono i frutti (diritti) dell’appartenenza (inclusione) e le carenze giuridiche derivate dal l’espulsione (esclusione, mandata in esilio). (2)
Ed ecco comparire la problematica - falso problema? - dell’identità,  visto che l’id difficilmente si lascia ridurre ai principi del suolo patria e sangue, che molti (sciovinismo, nazionalismo, etnicismo) privilegiano.
Jerry Segraves, Tarabuso che 
si mimetizza e si nasconde
L’opportunità di partire da: expat, termine che in italiano equivale ad espatriato, consente di mettere in luce la vasta serie di abitudini, commodities, situazioni di fatto, scambiati e/o alterati con (in) diritti, che rendono problematico lo spostamento entro la stessa nazione, da regione a regione, da costume a costume, da convenzione a convenzione. (3)
L’autrice, forte del suo genere femminile, fa anche trasparire la coincidenza tra la sostanza patriarcale, che si conforma pian piano allo Stato, e la marcata discriminazione della donna... a tutt’oggi, anche quando potrebbe sembrare compiuta l’emancipazione femminile. (4)
L’excursus e la messa a confronto con il sentire originario, con il flusso delle immaginazioni e con la sostanza antropologica dei bisogni mette ben in rilievo l’eccedenza (il di più, il diverso con alterazione) di quanto sedimenta e finisce per diventare deposito di supposta verità.
Nell’angolo del mio personale punto di vista, rimango molto impressionato dalla spontaneità di ciò che è vitale, riconducibile cioè alla Vita come tale, senza nessuna inflessione vitalistica, della sovrastante e metastorica - da credente io dico: trascendente - legge dell’Amore universale.
Nel segmento del mio interesse per le scienze filosofiche, segno ancora una volta, la ricchissima intuizione di G.B. Vico, che fu in grado di tratteggiare le epoche storiche di questa “profonda verità” (Scienza Nova).
Jerry Segraves, 
Migrazione di uccelli
Da ultimo focalizzo l’attenzione sul preponderante peso che la analisi metaforica ha nell’opera della Rigotti e, in sua virtù, sulla recondita verità, nascosta nelle metafore, prevalentemente acquatiche, utilizzate nella pubblicistica, che  parla di migrazioni e migranti.
Oltre al resto, la fonte è quella di G. Bachelard, che ha dedicato tempo e studio alla psicanalisi delle acque, del fuoco, dell’aria e dello spazio, in sintonia con una epistemologia, che invece di allontanarsi nell’etereo della formalizzazione ipotetica (induzione o deduzione che fosse), ha voluto tenersi all’unisono con la Natura, fedele alla ecologia della mente (5).
P.S.
Debbo confessare di essere un expat, personalmente coinvolto nella dinamica della migrazione per via interna, che nel 1970 mi portò dalla Sicilia al Veneto. Di portare nella “pelle” quindi le pieghe psicologiche, compresa quella della imposizione alla mia consorte, che più di me ha sentito il distacco, ed ancor oggi, ad età avanzata, sente il “tuffo al cuore” del ritorno al “patrio lido”.

Francesca Rigotti, Migranti per caso. Una vita da expat
Note.
1.Raffaello Cortina 2019
2.Tema di ampia portata che rispecchia il divenire dello Stato, da quello antico a quello moderno, con la dialettica dentro/fuori e territoriale/cosmopolita (Foucault e la biopolitica).
3.Senza dimenticare il potente fattore linguistico, che mette a fuoco il nesso lingua-tradizione-nazione, e che distingue marcatamente la generazione giovane, portata al plurilinguismo, dalle generazioni adulte.
4.Ne vien fuori, come sempre, la sottile discriminazione, larvata o manifesta, con il risalto del significativo contributo delle donne alla famiglia (maternità e cura), alla società e alla inventiva professionale (intuizione e nuove professioni).
5.Cfr. Capitolo Migrazioni e metafore acquatiche.

2 commenti:

  1. Grazie, Rosario. Il post sollecita ogni lettore a conoscere e rendersi consapevole, sulla scorta del pensiero (ieri) di Bachelard e Husserl e (oggi) della testimonianza di Rigotti. Non si può fare finta di nulla proprio in questi giorni tragici della pressione massiva dei profughi siriani sui confini della Grecia, con i ricatti e le forzature del turco Erdogan. Aggiungo solo un mio pensierino, frutto della mia lettura meridiana odierna: Lettera a Diogneto V,5 e Matteo 25,43. Ti abbraccio, ma da un metro di distanza.

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  2. Grazie Gian Maria! Non troverà mai pace la questione degli emigrati: solleciti del pontefici, affanni dei “ buoni Samaritani “ non riescono ad invertire la gelida “ realpolotik” di Stati e ( pseudo) federazioni (Europa) che temono l’invasione e lo scompiglio della “ sicurezza (sic!).
    Oggi Manconi ha scritto qualcosa di ineccepibile ( a conti fatti) su Repubblica...
    Il libro della Rigotti ha un ventaglio più ampio, così, nelle sue fessure, si nascondono argomenti validi per smentire l’ostinazione anti umanitaria.

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