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sabato 28 marzo 2020

Paura e angoscia in Kierkegaard. La filosofia illumina il presente.

L'angoscia come sentimento proprio dell'uomo, autenticamente pensante, di fronte al possibile.
Post di Rossana Rolando. 

“Chi ha imparato a sentire l’angoscia nel  modo giusto,
ha imparato la cosa più alta”¹.

Søren Kierkegaard, 
The Royal Library, Denmark
Galimberti, Recalcati e altri importanti analisti hanno interpretato la crisi coronavirus che stiamo vivendo utilizzando la distinzione tra paura e angoscia. La paura - dicono - non è adatta ad esprimere lo stato d’animo che noi proviamo oggi, perché essa è sempre generata da un pericolo ben preciso: si ha paura di un incendio, di un animale feroce, di un incidente. Più evocativa è l’angoscia che si genera di fronte ad un nemico invisibile, sconosciuto, non localizzabile: e il contagio da coronavirus ha una tentacolarità che sfugge ad ogni individuazione, ad ogni preciso “dove”, “quando”, “che cosa” può essere origine della malefica infezione.
La distinzione, posta in questi termini, è ripresa dal filosofo danese Søren Kierkegaard (1813-1855) che ha connotato la differenza tra paura, di fronte al determinato, e angoscia davanti al nulla di determinato:
“Il concetto dell’angoscia è completamente diverso da quello della paura e da simili concetti che si riferiscono a qualcosa di determinato, mentre invece l’angoscia è la realtà della libertà come possibilità per la possibilità”².

Chi prova angoscia.
L’angoscia è strutturale nell’uomo. Anche il bambino, che spesso non ha paura del pericolo e deve essere seguito perché non si faccia male, prova sentimenti angosciosi quando, per esempio, non vuole rimanere da solo al buio, perdendo tutti i suoi riferimenti.
Søren Kierkegaard, 
Royal Danish Library
“Se si osservano i bambini, quest’angoscia si trova in loro più chiaramente determinata come ricerca dell’avventuroso, del mostruoso, del misterioso”.
L’animale non prova angoscia, per questo si può dire che l’animale è immortale, perché non si pone davanti al poter-essere della morte (dirà Heidegger), non prefigura consapevolmente il morire a se stesso, come invece accade sempre nella profondità dell’umana riflessione. Dove c’è spirito, lì c’è anche angoscia. Infatti, nelle situazioni di anestesia spirituale, non si prova angoscia, si vive senza assumere fino in fondo la propria libertà (su questo peso della libertà si può ricordare “La leggenda del grande Inquisitore): “Se il mio interlocutore credesse che la sua grandezza fosse proprio di non aver mai avuto angoscia, lo inizierei con piacere alla mia spiegazione, cioè che la sua opinione risulta dal fatto ch’egli è assai privo di spirito”³.

Davanti a che cosa.
L’angoscia si prova di fronte al possibile e, quindi, al futuro. Dice Kierkegaard: “siamo costretti a lodare la realtà anche quando essa gravi su di noi con mano pesante e a ricordarci che essa è di gran lunga più facile che non la possibilità”.  Quando sappiamo che le cose stanno in un certo modo non proviamo angoscia (magari dolore, ma non angoscia), oppure quando siamo convinti che tutto andrà necessariamente come immaginiamo, non siamo assaliti dall'angoscia. Quando invece non sappiamo come andrà a finire e tutto dipende dalla nostra libertà, che non è mai assoluta, ma è sempre condizionata, sottoposta a mille variabili, ecco che allora sentiamo l'angoscia.
Tutto ruota intorno a Søren Kierkegaard,
caricatura dal foglio satirico danese Il corsaro
Perché per Kierkegaard la possibilità non è semplicemente quella positiva (di felicità, di successo…), ma è soprattutto quella negativa (di scacco, di fallimento…): “Nella possibilità tutto è ugualmente possibile e chi fu realmente educato mediante la possibilità, ha compreso tanto il lato terribile quanto quello piacevole”.
Per questo di fronte alla possibilità si può rimanere incerti, in dubbio, fino alla paralisi. Simpatia antipatica, antipatia simpatica, così Kierkegaard definisce l’angoscia per sottolineare questo doppio carattere di attrazione e repulsione.
Infine, se è vero che l’angoscia si prova di fronte al futuro, essa può tuttavia provenire anche dal passato, qualora esso non sia davvero totalmente passato e possa quindi, come tale,  ripresentarsi un domani, nella figura angosciosa della possibilità nullificante, generatrice di turbamento e dolore: Se ho angoscia di una disgrazia passata, non è in quanto la disgrazia è passata, ma in quanto può ripetersi, cioè può divenire futura⁶.

Narrazione biblica e riflessione sull’umano.
Per spiegare l’angoscia Kierkegaard ricorre a due luoghi biblici (al di là del discorso di fede, sono entrambi emblematici di una condizione umana, alla stregua di figure letterarie, archetipiche):
Søren Kierkegaard 
(autore del disegno Hans Peter Hansen)
Il primo, tratto dalla Genesi. Adamo, il primo uomo, vive con Eva nel giardino dell’Eden, creato integro, felice, immortale. Egli è innocente ed è, nello stesso tempo, ignorante. Il divieto a lui rivolto da Dio, quello di non mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male perché altrimenti ne sarebbe morto, risveglia in lui il sentimento della possibilità, della libertà e, con esso, lo stato d’animo dell’angoscia. Adamo non sa cosa significhi bene, male, morte…, ma la proibizione lo pone di fronte alla libertà. Il serpente, infatti, lo blandisce tramite Eva, lo tenta prospettandogli l’idea di poter diventare come Dio, dopo aver mangiato dell’albero.
Il secondo episodio è desunto dal Nuovo Testamento. Gesù stesso, in due diverse circostanze della sua vicenda terrena, viene ricordato nel momento in cui si rivolge a Giuda, prima del tradimento: “Quello che fai, fallo presto” (Gv. 13,27), e, nell’attimo che precede la morte, sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt. 27,46). Dice Kierkegaard: “coll’ultima si indica uno stato in cui Cristo si trova, la prima invece indica il rapporto con uno stato che non è”, che non è ancora, che non si conosce, indicando quindi la vera espressione dell’angoscia.

L’alleggerirsi dell’angoscia.
Søren Kierkegaard 
(disegnato da Wilhelm Marstrand)
Dal punto di vista di Kierkegaard l’angoscia che accompagna la libertà e quindi ogni scelta, anche quella della fede, quella di Abramo, non si supera mai, ma si allevia nell’abbandono a Dio, nell’atto di “riposare nella Provvidenza”, nel confidare che nulla di definitivamente negativo possa accadere all’uomo che si affida a Dio, come dice San Paolo: tutto concorre al bene di coloro che amano Dio (Rm. 8,28).
In fondo, e chiudo a cerchio, come ho iniziato, il nostro odierno “andrà tutto bene” che campeggia come scritta su cartelloni con arcobaleni, è la forma laicizzata di questa ricerca di rassicurazione di fronte a un futuro che non conosciamo e non dominiamo.


 
Note.
1. Søren Kierkegaard, Il concetto dell'angoscia. La malattia mortale, Sansoni, Firenze 1968, p. 193.
2. Ibidem, p. 51.
3. Ibidem, p. 196. Sugli animali, cfr. p. 193.
4.  Cfr. Ibidem, p. 195.
5. Ibidem, p. 195.
6. Ibidem, pp. 113-114.
7. Ibidem, p. 194.
8. Ibidem,p. 201. 

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4 commenti:

  1. A proposito di emergenza covid19, in una lucida intervista Noah Harari, storico israeliano, il 17/3/20 alla CNN, afferma che “Gli Stati Uniti non hanno più amici al mondo, hanno solo interessi”, … “un leader la cui filosofia è Me first – io per primo”, … “Se un virus, originatosi ad esempio in un pipistrello, riesce ad attraversare il confine con la specie umana in qualsiasi parte del mondo, quel virus si adatta al corpo umano e quindi è un pericolo per tutti in tutto il globo. È un’illusione, quindi, pensare che a lungo termine si possa proteggersi contro quel virus semplicemente chiudendo i confini del proprio Paese. La politica più efficace è quella di sorvegliare il confine tra il genere umano e il mondo dei virus.” … “Un Paese in cui inizia un focolaio, se pensa di essere da solo esiterà a prendere drastiche misure di quarantena perché penserà “be’, se blocchiamo l'intero Stato o intere città collasseremo economicamente e nessuno verrà ad aiutarci, quindi aspettiamo e vediamo se è davvero un pericolo così grande”. E poi sarà troppo tardi. Ora, se un Paese come l'Italia ad esempio sapesse che nel caso decidesse di fermarsi riceverà aiuto da altri Paesi, sarà disposto a prendere prima questa misura drastica. A beneficio dell'intera umanità. Per ogni euro che la Germania o la Francia spendono per sostenere l’Italia in una situazione del genere ne risparmierebbero 100 in seguito, non dovendo affrontare l'epidemia nelle loro città.” … (https://it.gariwo.net/educazione/yuval-noah-harari-sull-emergenza-covid19-21870.html).

    Questi sono giorni terribili, la pandemia da coronavirus finora solo in Italia ha portato alla morte oltre diecimila persone, non so quanto sia umano dover morire da soli senza poter contare neanche sulla vicinanza e l’affetto dei propri cari, in un letto di ospedale in perfetta solitudine (a causa della contagiosità del virus).
    Inoltre se lo Stato (o l’UE) non aiuterà immediatamente tutta la popolazione che è costretta a non lavorare, oltre ai morti per coronavirus ci sarà una diffusa ed estrema povertà, oggi il Papa lo ha detto, “tanta gente ha fame, persone che non hanno un posto fisso e che se non lavorano fisicamente non hanno i soldi per il pane quotidiano” .
    A proposito di solidarietà dei governi europei le premesse non sono buone, grazie a paesi come Olanda e Germania il consiglio europeo di ieri si è concluso senza nulla decidere su un piano europeo di aiuti economici, con un rinvio di 14 giorni (l’Olanda aveva chiesto un rinvio di un mese). Perché? Penso che la Germania e gli altri paesi del Nord Europa vogliano vedere se il contagio sarà devastante anche nei loro paesi come lo è in Italia e se così non fosse che l’Italia e gli altri paesi colpiti dall’epidemia si arrangino da soli. Questa finora è la solidarietà europea!
    Scusate per lo sfogo ed il fuori tema.
    Raimondo Brunello

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  2. Gentile Raimondo Brunello, abbiamo letto le sue osservazioni che esprimono una preoccupazione accorata e che condividiamo. Crediamo anche noi che, in questa crisi terribile, si giochi il futuro dell'Europa, il suo destino. A proposito di quel dolore nel dolore che è la solitudine della morte di chi è condannato dal coronavirus, senza nessuno che accompagni l'ultimo respiro, è stata scritta una bella lettera firmata da autorevoli personalità del mondo laico e religioso. Le inserisco qui l'immagine:
    [img]https://scontent.fmxp3-1.fna.fbcdn.net/v/t1.0-9/s960x960/90987363_10157254173429389_5341404312092278784_o.jpg?_nc_cat=107&_nc_sid=8024bb&_nc_ohc=jKMwH_aWN2YAX-MiEj5&_nc_ht=scontent.fmxp3-1.fna&_nc_tp=7&oh=10b63a40bbae8c041001a30f5644849f&oe=5EA4AB9A[/img]

    Grazie e buona domenica.

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  3. Cara Rossana, grazie dell'opportuno richiamo al pensiero di Kierkegaard, in questi giorni complessi e difficili. Buona domenica delle Palme e un abbraccio virtuale a te e al magnifico team di "Persona e Comunità".

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  4. Ciao Maria, grazie della tua amicizia. Buona serata.

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