Søren Kierkegaard e l'esperienza di fede vissuta in prima persona, accettando la soglia del mistero.
Post di Rosario Grillo. Luplau Janssen, Ritratto di Søren Kierkegaard |
Sul mistero, si è soffermato il 19/03/20 il Sommo
Pontefice, riconoscendolo proprietà di San Giuseppe. Per mezzo suo, seppe
svolgere il paradossale compito di educatore di Gesù, Dio-uomo (1).
Pascal, grande tempra di credente, da una parte
lesse il mistero nell’uomo, proteso tra infinito e nulla, dall’altra ricondusse
la fede al cristocentrismo: la fede passa
esclusivamente attraverso Gesù (2).
Con queste premesse ci avviciniamo al percorso di
fede di Kierkegaard, il quale, pur essendo riconosciuto come un testimone della
fede in Cristo, fu anche un grande maneggiatore della parola come arte del
discorso (3).
Fermo restando il centro del nostro interesse, la
fede, si esce dalla difficoltà se ci si rifà ai maestri del pensatore danese,
rovistando nella trama della sua biografia, della sua formazione intellettuale,
del suo apprendistato di fede, ineluttabilmente filtrato dal ruolo del padre
(4).
La centralità della fede in Kierkegaard risulta, per
la verità, dalla trama del suo pensiero, dal tormento della relazione con
Regina Olsen, dalla acuta polemica con la Chiesa danese, dalla resistenza alla
secolarizzazione del Cristianesimo, comprovata dal rigetto della
identificazione del Cristianesimo come “cultura”, un
abito che si può vestire impersonalmente.
Emilius Ditlev Baerentzen, Ritratto di Regine Olsen |
Tutto ciò impronta il binario sul quale corre il suo
tentativo di “edificazione della fede”.
Assumo l’espressione usata da Furio Jesi che, nella
sua celebre indagine (5), discute la necessità di assumere come guida
dell’esegesi del pensiero del Danese, il suo intento di svolgere un discorso edificante.
Dalla nota 3 è emersa la centralità del pietismo, articolata vicenda religiosa che, nel
torrente impetuoso della religiosità moderna, accolse nelle sue acque affluenti
ed altrettanti ne emise (6).
✶✶✶✶✶✶✶✶✶✶✶✶✶✶✶✶✶
Sotto molti aspetti, cambiando oggetto, risulta
strana (diabolica?) la scelta che Kierkegaard fece, di assumere molteplici pseudonimi,
sotto i quali nascondere la sua identità. La difficoltà si può sciogliere se
seguiamo l’indicazione di Jesi: Kierkegaard scelse di condurre un discorso
edificante, nascondendolo ai suoi interlocutori. Da qui, il risalto che
assumono: la narrazione, l’osservazione e l’investigazione, tecniche utilizzate
nei suoi scritti. Potremmo spiegarlo con il piano di una dialettica
dell’esistenza, che avanza non per evoluzione, né per via logica, ma
per salti, focalizzandoci sulla possibilità.
Christian Olavius Zeuthn, Søren Kierkegaard in un caffè |
Resta fermo l’assunto che l’esperienza di fede
dev’essere vissuta in prima persona,
accettando la soglia del mistero (7).
Jesi chiarisce a sufficienza l’impossibilità di una
trasmissione, per via filosofica, dell’ “altro mondo”. “Bisogna aggiungere che
lo stesso Kierkegaard sembra non aver mai voluto indagare metodicamente la
realtà di quel mondo; le sue critiche contro i professionisti della filosofia e
in particolare contro gli hegeliani paiono mascherare sotto l’ironia una
condanna grave...
Quella sorta di universo parallelo, inconoscibile, a
fianco dell’universo secolare: anche chi vi appartiene, non lo conosce ma lo sa
nella singola esistenzialità” (8).
Note.
(1) In omelia alla messa
officiata in Santa Marta il 19/03/20.
(2) “La fede in Cristo è
autentica, non in quanto nasce da un miracolo ma in quanto è generata dalla
croce”. (Pascal)
(3) “Tutto ciò che è cristiano
deve assomigliare, nella forma di rappresentazione, alla spiegazione di un
medico al letto di un malato; quantunque soltanto l’esperto possa capirla, non
bisogna mai dimenticare dove ci si trova” (Kierkegaard, Malattia mortale).
Furio Jesi, che ci farà da battistrada nella disamina, gli attribuisce l’uso (abuso?)
di una certa “ mistica della parola”.
(4) Vengono in rilievo i tormenti
del padre, il rigore della sua educazione, la frequentazione della corrente del
pietismo. Dietro a questi, percorrendo
l’intero tragitto, si risale alla devotio moderna, si risale al transito storico tra Umanesimo e
Rinascimento.
(5) Furio Jesi, Kierkegaard, Bollati Boringhieri 1971
(6) Fra gli affluenti vanno
inclusi: la devotio moderna, che, con le sue
propaggini, arrivò fino ad Erasmo da Rotterdam, ma che soprattutto ebbe il suo
centro nella “Imitazione di Cristo” di Tommaso da Kempis; la tradizione
magico-alchemica ed astrologica, laddove era consociata con aspirazioni di
riforma religiosa (Paracelso); l’anabattismo, in confronto dialettico, vista la
resistenza allo gnosticismo. Tra gli emissari, va segnalata una
frequentatissima faglia di pensatori, coinvolti nella filosofia della
religione, da Kant a Lessing a Schleiermacher et caetera.
(7) I vari episodi, dei quali il
più celebre è il sacrificio di Isacco, non
conducono ad altro. Lo stesso Kierkegaard non può far altro che ritrarsi, in quel
momento. È per questo che egli parlò di “ una spina” nelle sue carni??? Molto
variegate le interpretazioni date... e questa si può aggiungere alle altre.
(8) Kierkegaard, cit. p.177.
Tra i tanti stimoli, quasi provocazioni, che suggerisci in Kierkegaard, autore a me particolarmente caro soprattutto quando più di 40 anni fa insegnavo filosofia (il rigetto del Cristianesimo come cultura, il Cristocentrismo, la dialettica dell’esistenza ed il Cristianesimo come comunicazione di esistenza, l’interiorità, la fede quasi paradosso alla soglia del mistero…) mi soffermo sul primo, quasi di atroce attualità: la critica di una cultura che pretendeva di inventare tutto e di spiegare tutto, mentre in questi giorni stiamo vivendo l’impossibilità dell’invenzione totale e della comprensione totale, cioè vivendo la nostra finitezza umana dove assumono il loro senso più mordente i centri di gravitazione dell’interiorità (il peccato la tentazione di disperare l’invocazione l’inquietudine l’amore…). Pare quasi che Kierkegaard oggi ci suggerisca - giunti quasi allo spartiacque non solo per ogni singola persona ma per la società tutta globale - di praticare con coraggio l’unica scelta, opzione come categoria esistenziale fondamentale nella dialettica della libertà e possibilità: non et et ma aut aut… Grazie, caro amico.
RispondiEliminaSotterraneamente Kierkegaard ha disseminato “domande di senso” e , se in verità son pochi i filosofi che si riconoscono nella sua scia, sono tanti, in realtà, anche laici, hanno qualche debito con lui.
RispondiEliminaMa conta ancor di più il fatto che in ogni stagione, tanto più in questa, ha tanto da insegnare.
Molte sensazioni mi spingevano a vederlo presente lo scorso Venerdì, nella piazza San Pietro, ad assistere Papa Francesco.
Grazie della tua pregnante lettura, Gian Maria!🙏💫
“… l’esperienza di fede dev’essere vissuta in prima persona …”. Cosa significa? “Vista la difficoltà di trovare qualcuno (un padre spirituale) nella propria Chiesa che voglia guidarci nelle vie più profonde dello spirito dove poter veramente sperimentare Dio”, desidero condividere qualche passo per me significativo, che riporto dal volumetto del trappista Basil Pennington (“Respiriamo Dio ogni giorno” – Edizioni Paoline 1978):
RispondiElimina“La cosa più importante nella preghiera non è pregare ma andare direttamente a Dio … dimenticate voi stessi … discendete nelle profondità del vostro spirito … perché è per la porta di questo io profondo che noi entriamo nella conoscenza spirituale di Dio … non per contemplare noi stessi ma per passare oltre noi stessi e trovare Lui …”(Thomas Merton)
“Pregare è un atto di fede … è semplicemente credere che noi siamo nel mistero di Dio … tuffati e immersi in Lui … Fede è la consapevolezza della Presenza divina … Se Dio è invisibile è perché Egli è fuori della capacità dei nostri sensi o dell’immaginazione e persino delle nostre percezioni mentali … Egli rimane sempre al di là di ogni conoscenza concettuale che un uomo possa avere di Lui … noi mai dobbiamo accontentarci di vivere, tanto meno di pregare e incontrare Dio, con l’apparenza del nostro essere, al livello soltanto dei nostri sensi e dei nostri intelletti. Il punto effettivo dell’Incontro divino è nel centro esatto del nostro essere … L’uomo non è fatto solo per lavorare con le mani e per pensare con l’intelletto, ma anche per adorare nel profondo silenzio del suo cuore … egli è chiamato a immergersi in quel silenzio e a confondervisi, incapace di proferire una parola … perché nessuna parola può esprimere il mistero di Dio, il mistero dell’uomo nella presenza di Dio … Qui la mente non può neppure pensare o concepire un pensiero … mai dovrebbero (le anime devote) essere soddisfatte di ogni pensiero prodigioso o di ogni meraviglioso senso di pace o beatitudine che possono sperimentare, Dio è oltre … (Henri Le Saux)
Raimondo Brunello
Ringrazio per il suo bel contributo, anche se velato da una punta polemica iniziale.
RispondiEliminaDelucido quindi inizialmente l’espressione da me usata, in linea con l’esperienza di fede di Kierkegaard, personaggio legato al pietismo ed intransigente sul rapporto soggettivo con Dio.. Il Trappismo, come tale, nasce dentro una “ comunità di fede”, legato all’ordine dei Cistercensi.
Comunque sia, oggi sono state superate, in buona parte, le barriere che prima impedivano una comprensione reciproca tra mondo protestante e mondo cattolico. Scrivo questo perché bisogna aver chiaro il percorso di fede ( il solenne principio luterano : “ la fede giustifica “) di stampo protestante dove, risalendo per la vis polemica e dietro la critica alle indulgenze, ergo verso la gerarchia ecclesiastica , è richiesto fondamentalmente il rapporto tra io-Dio.
Nel mondo monastico l’incontro con Dio, di natura, nasce , attraverso il silenzio e la preghiera.
Non ho nulla da obiettare a questo proposito. Soltanto che la fede deve confrontarsi anche con il mondo normale, che pulsa di affari economici, di relazioni sociali, di affetti variegati. A questo proposito , piuttosto, sottolineerei maggiormente un tipo di preghiera, convergente con l’attività lavorativa, come ho descritto narrando di de Foucauld.
E’ una questione di fede e di amore, di chi cerca sinceramente Dio nell'amore e può apprendere questa via di preghiera dai maestri spirituali:
RispondiElimina“Fino a quando non scopriamo questo io profondo, che è nascosto con Cristo in Dio, mai conosceremo appieno noi stessi come persone. Neppure conosceremo Dio. Perché è per la porta di questo io profondo che noi entriamo nella conoscenza spirituale di Dio …”(Thomas Merton)
Per chi ha fede lo scopo dell’esercizio di tutta la vita dell’uomo è unione e comunione con Dio, sentiero alla vera felicità. La spiritualità umana fondamentale si esplica in conformità alla propria cultura e religione. L’importante è trarne dei concreti benefici nel praticarla, nel modo di vivere di ognuno di noi.
Raimondo Brunello