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mercoledì 22 aprile 2020

Oltre il 2020.

Pensare un oltre.
Post di Rosario Grillo.
Immagini di Andrea Ucini (qui il sito)

Modi per vincere il tuo Covid 19 
(The Waschington Post)
“Contro il tramonto dell’Occidente non sta la civiltà risorta, ma l’Utopia, che muta e interrogativa è racchiusa nell’immagine della civiltà che tramonta (Th. W. Adorno). 





Il tutto diparte dal momento “articolare che il mondo, investito dal coronavirus, sta vivendo.
C’è, in questo momento, dolore, certamente; e c’è volontà - inibita o repressa nel tempo ordinario - di andare in aiuto dell’altro.
Nel tempo della paura e dell’angoscia non emergono solo le tensioni fraterne e solidali.
Ivo Lizzola scrive “Nell’emergenza sembrano cavarsela meglio gli indifferenti, ci dicono gli antropologi e gli psicologi delle crisi. La stessa Zambrano in L’agonia dell’Europa, annota che “ogni disastro consente alla gente di manifestarsi nella sua cruda realtà: è strumento di rivelazione”. Rivela anche la forza del risentimento, della separazione dall’altro. Eppure da lì si svela anche come l’uomo (e lei parla proprio dell’uomo europeo) sia una creatura a cui non basta nascere una sola volta: può, anzi “ha bisogno di essere riconcepito” la speranza è “il suo fondo ultimo”, la nuova nascita.”
Andrea Ucini, Porte chiuse cuori aperti 
(Express)
«Dobbiamo ancora pensare, sentire l’esperienza che la vita sta disegnando dentro di noi, tra noi, del nostro tempo. Fare attenzione, dobbiamo fare attenzione: “l’educazione all’attenzione è la cosa più importante” scriveva Simone Weil; e ancora “che cos’è la cultura? Educazione all’attenzione. Anzitutto attenzione allo sventurato.
Ci sono esperienze che possono essere risvegli. Esperienze limite, immaginali e di scelta, di intuizione conoscitiva e di conversione, e durano un passaggio. Per aprire un nuovo inizio quel passaggio deve diventare una soglia, che introduca a un nuovo viaggio, sorretti dalla speranza in una “ulteriorità”, in un nuovo inizio”» (Intervista a Ivo Lizzola, dal blog AlzogliOcchiversoilCielo).

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Come in tutti i momenti di “pesante dolore l’uscita comune è la domanda: “perché Dio permette tutto ciò? Perché c’è il Male? 
La risposta migliore, per me, rifiutando ogni flirt con lo gnosticismo, è: il dolore, il male sono inviti a rinsaldare: “l’alleanza con Dio,  ad agire  nel CREATO,  con “nuova creazione,  nella charis e con la charis: a “ dare nuovi frutti”, a DONARE.
A casa 
(Express)
Non rimango, di certo, a vivere LA CRISI con la rabbia, con la recriminazione, nella divisione, recidendo con il “DIVIDE.
Appare, invece, nella crisi, un barlume di solidarietà, la pluricellulare COMUNITÀ; in essa va costruita la risposta, la nuova società.
Il processo dovrà interessare i molti piani: familiare, urbano, nazionale, internazionale.
L’immaginazione corre? L’utopia mi contraddistingue?
La parola sacra (la Bibbia) ci ha parlato per mezzo dei PROFETI…Ogni momento di “crisi mondiale (vorrei osare: cosmica) richiede Profezia… (1).
Sulla scia del richiamato Ricoeur (2): “la necessità di esistere ci caratterizza, ma con la necessità (sarebbe la greca ANANCHE) interviene lo STUPORE, la Meraviglia (ed è la radice del poetare, della POESIA), che, al livello più comune, confina con il più semplice lavoro che si sa fare, con l’ausilio del più basilare lavoratore (il barbiere cinese) che offre il suo servizio alla COMUNITÀ.
Sì, è vero, la Vita è servizio!
Etty Hillesum è stata grande per questo. Nella tragedia, nelle difficoltà, di solito, non si sa come innestare “il seme del conforto, della compassione, della cura, della PRESENZA e Lei ci ha indicato la strada, il come.
In questa PRESENZA è immanente la Attenzione lodata e praticata da Simone Weil.
Andrea Ucini, Distanti insieme 
(The Guardian)
Da una “condizione umana” simile, da uno stile e da una praxis del genere, proposti incessantemente dal Nostro Pontefie e ricomposti nella Divina Misericordia (sacrilegamente  rifiutati e criticati dai pomposi amanti della Legge e della Tradizione), possiamo tendere - termine ad quem - alla Attenzione, concepita dalla Weil come Attesa di Dio.
Giungiamo così  al “nodo del messianesimo.
In questo campo, per ragioni teologiche, il pensiero ebraico ha tanto meditato… e Benjamin  in esso.
Sorprendenti quei brevi scritti, raccolti sotto il titolo Esperienza e povertà, suggeriti nella intervista! (3).
L’illuminazione di Benjamin si raggruma nella “povertà, per dire: assenza di pretese - negazione di supponenza - semplicità - della “scintilla di novità”, della umana, solamente umana ispirazione, della leggerezza di tale contributo.
Benjamin, da una parte si fa difensore del “valore della esperienza, segno di sapere accumulato, di devozione - rispetto alla anzianità  - dall’altra è consapevole che il momento richiede “il passo leggero”, “il volo d’uccello”, la novitas.
Per questo - lo scritto è del 1933 - con la mente va al periodo bellico ed esplora “la pasta” delle nuove arti, della nuova cultura (concordante anche l’esplorazione dell’uso dei materiali e delle tecniche, come vetro ed acciaio, che contrassegnarono il momento).
Andrea Ucini, Distanti insieme 
(Weekend Avisen)
Benjamin si rivela un coraggioso “medium”, guidato da un innato pessimismo tra antico e nuovo, come nelle Tesi sulla filosofia della storia: tra passato e futuro.
La mia mente, inoltre, miscela elementi provenienti dalle letture più recenti, che portano verso un “punto di confluenza” tra F. Jesi W. Benjamin e Kierkegaard (il cenacolo si può ancora estendere a Rilke a Pascal), ben sapendo  che così  corro il pericolo di mescolare impropriamente (è super evidente, però, la diversità di contesto storico).
Il comune denominatore io lo pongo in un “embrione di fede”, che ognuno di loro sviluppa diversamente e che contiene, nel suo guscio, la “tentazione del demoniaco. Anche Pascal sentiva la maestosità della Scienza, del pensiero matematico! Anche Kierkegaard sentiva la “lussuria della bella frase” (estetismo)! Anche Rilke avvertiva l’immortalità del Poeta!
Ci muoviamo, noi umani, tra finitezza e limite, che sono ingredienti del “nostro impasto”  radiante della nostra condizione che si “sporge sull’infinito(ecco: la fessura per la quale s’incunea il demoniaco).
La particella di infinito, che ci salva, filo d’Arianna di un’umanità in cammino, è nella ricerca dell’altro: per superare la separazione, per avere com-pagnia, per formare Comunità.

🔸 Note.
(1) Mi convince sempre più la carica profetica insita negli scritti di W.Benjamin.
(2) Ma la vita è precaria, flottant scriveva Paul Ricoeur, incerta e titubante. Ci si trova in vita prima d’ogni esercizio di volontà. E in una “certa necessità di esistere“ – scrive il filosofo. Ma la vita “poi sfugge, si sottrae al controllo”: non si regna su di essa”. Sí, occorre continuare a volerla, sceglierla, la si deve curare, coltivare, anche se poi, in qualche modo, ti lascia.( da alzo gli occhi…).
(3) W.  Benjamin, Esperienza e povertà, Castelvecchi.

6 commenti:

  1. Troppa RICCHEZZA di citazioni in questo post tra l'altro sulla POVERTA' di Benjamin !

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    1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    2. “Melius abundare quam deficere”. Me la cavo con un detto latino, osservando poi, che povertà non coincide con deficienza. Comunque, grazie 😊

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    3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Caro Rosario, un post che veramente fa pensare, proprio perché esercita il pensiero. Ci riporta alla speranza “fondo ultimo”, al bisogno di rinascere e di essere ”riconcepiti”, all’educazione all’”attenzione” di S. Weil, alla vita “flottant” di Ricoeur, al donare e allo stupore, alla ”presenza” - vissuta e sperimentata nel travaglio del dolore e del martirio della Hillesum - come conforto compassione cura. Senza dimenticare i contrari: gli indifferenti, cui aggiungerei i profittatori, speculatori e sbruffoni parolai. Tutte le citazioni elencate sono ben più che esercitazioni accademiche (in ogni caso feconde), ma stimoli, sollecitazioni, indicazioni a cercare ancora e non fermarsi alla superficie, a entrare in ideale dialogo, al di là del tempo e dello spazio “oltre il 2020”, con coloro che hanno vissuto il rischio della “tentazione del demoniaco” come può accadere ad ognuno di noi, ma che soprattutto sono portatori di “un embrione di fede” e testimoni di una umanità da sempre in cammino, per quanto faticoso contrastato contradditorio, verso la comunità (com-pagnia, da cum panis, partecipe dello stesso pane). Un invito insomma a meditare nel silenzio interiore, non dimenticare questo tempo ferito ma farne tesoro nel futuro.

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  3. Senza fede, sarebbe difficile superare questo momento.
    Da ogni parte tutto crolla, ma la “ roccia “ resiste.
    Eppure , non riesco a pensare un Dio impassibile; Dio soffre con noi e per noi, che inguaribili autolesionisti, riusciamo sempre a farci del male, a fare il male.
    Aggiungo, se non urto, un commento pre datato ( nel senso che fu dato quando il coronavirus era di là da venire) : quello di Sergio Quinzio, che invita a guardare in altra prospettiva ed a vedere il tortuoso cammino del “ divenire di Dio” che attraversa il male per raggiungere alla fine il REGNO DI DIO. Grazie, caro amico ed ancora un immenso grazie a Rossana per la qualificata iconografia 🌈🎆🎈

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