Martin Heidegger e Hannah Arendt: un legame che segna tutta la vita, impregnandola di sé.
Post di Rossana Rolando
Vignette di Emiliano Bruzzone (qui il sito) e disegni di Franz Kafka.
L’amore
tra Martin Heidegger ed Hannah Arendt ha inizio nel 1924, anno in cui ella
frequenta le sue lezioni a Marburgo. La Arendt è una giovane tedesca ebrea, di
18 anni, una personalità intensa e brillante, molto bella. Heidegger ha 35 anni,
è sposato con Elfride e padre di due figli. La sua carriera universitaria è
iniziata come assistente di Edmund Husserl a Friburgo (1919) - città nella
quale ha conosciuto anche Karl Jaspers, avviando con lui una sofferta amicizia - per poi continuare a
Marburgo (1923) e, in un secondo momento (1928), ritornare a Friburgo, come
successore di Husserl.¹
Scrive Martin Heidegger a Hannah Arendt:
“L’irrompere della presenza dell’altro nella nostra vita è qualcosa che nessun sentimento riesce a dominare” (1925).²
“Io non potrò mai averLa per me, ma Lei apparterrà d’ora in poi alla mia vita, ed essa ne trarrà nuova linfa” (1925).³
Scrive Hannah Arendt a Martin Heidegger:
“Ti amo come il primo giorno – tu lo sai e io l’ho sempre saputo, anche prima di questo nostro incontro” (1928).⁴
Il fascino di Heidegger.
Heidegger esercita un influsso immenso
sugli studenti, provocando un vero e proprio sconvolgimento intellettuale e
umano in chi lo ascolta. Basta ricordare alcuni giudizi di nomi famosi:
“Si era avvinti ancor prima di comprenderlo” (Hans Jonas).
“Heidegger aveva un modo affascinante di tenere lezione. Ci insegnava a pensare nel senso del ripensare, cioè del continuare da soli a pensare” (Heinrich Schlier).
L’incontro con Heidegger “… fu un evento fondamentale, non soltanto per me” (Hans-Georg Gadamer).
Da giovane studente si poteva avere l’impressione di essere testimoni della creazione e della fine del mondo (Emmanuel Lévinas)⁵.
Nazionalsocialismo.
Heidegger aderisce al nazionalsocialismo e diviene rettore della Università di Friburgo (1933), lasciandosi irretire nelle maglie del nazismo e sedurre dall’oscura malia di Hitler, nel quale vede la “guida” politica e la possibilità di un rinnovamento spirituale: un’ubriacatura del potere da cui prenderà distanza l’anno successivo dimettendosi dalla carica, provando vergogna per il suo errore di valutazione, senza però mai fare davvero i conti con le proprie oggettive responsabilità.⁶
Nel frattempo la Arendt si sottrae al
giogo di Heidegger⁷. Si laurea con Jaspers (1928), trovando in lui l’appoggio
di un’amicizia duratura (Jaspers, la cui moglie è ebrea, non aderirà mai al
nazionalsocialismo e per questo perderà la cattedra di Heidelberg).
Nel 1929 la Arendt si sposa con Günther Stern, ma il matrimonio non dura e nel 1937 divorzia. Nello stesso anno viene privata della cittadinanza tedesca. Si risposa poi, nel 1940, con Heinrich Blücher e con lui rimane fino alla fine (egli muore nel 1970, la Arendt nel 1975, un anno prima di Heidegger).
In quanto ebrea è costretta a fuggire in Francia (1933) e poi negli Usa (dal 1941).
Viaggi in Europa.
Nel 1950 riallaccia i rapporti con Heidegger. Compie visite di studio in Europa e lo incontra ripetutamente. Si sviluppa un’amicizia contrastata, fatta di interrogativi irrisolti, di lettere, di doni, di confronti intellettuali, di silenzi, di sentimenti intensi e duplici (sfiducia e rinnovata fiducia - da parte di lei -, ambiguità - lui -, ricerca di franchezza - lei -…)… fino alla morte.
Scrive la Arendt, sei mesi dopo averlo rivisto, nel 1950:
«Treue, “fedeltà”. True: vero e fedele. Come se ciò a cui non possiamo rimanere fedeli non fosse mai stato vero… nella fedeltà e soltanto in essa siamo padroni del nostro passato… Il contrario della fedeltà non è l’infedeltà in senso comune… ma solo l’oblio, la dimenticanza. E’ l’unico peccato reale, poiché cancella la verità, la verità che fu.»⁸
In un biglietto mai spedito, che fa seguito alla tormentata decisione di non dedicare ad Heidegger il libro Vita activa. La condizione umana (1958), si legge:
“De vita activa:/ho rinunciato alla dedica di questo libro./Come potevo dedicarlo a te,/mio intimo, a cui sono e non sono/rimasta fedele,/ma comunque, in entrambi i casi, amandoti.”⁹
Racconto.
La storia d’amore tra Martin Heidegger e
Hannah Arendt può forse trovare una chiave interpretativa nei simboli
ambivalenti della volpe e della trappola. In essi la Arendt mette insieme la
volpe: la grandezza del filosofo (nei confronti del quale non è mai venuta meno
la sua stima intellettuale); e la trappola (l’incomprensibile adesione di un pensatore
del calibro di Heidegger al nazionalsocialismo e la sua “infedeltà” al loro
rapporto, mostrata nella sua ripetuta dimenticanza).
Nel 1952 la Arendt annota nel suo quaderno:
“In qualunque modo lo si voglia vedere, è incontestabile che a Friburgo io mi sono messa (e non caduta) in una trappola. Ma è altrettanto incontestabile che Martin (Heidegger), lo sappia o no, si trovi in questa trappola, che in essa sia di casa, che ci abbia costruito attorno questa casa; cosicché si può andarlo a trovare soltanto se si va a trovarlo nella trappola, se si va in trappola.”¹⁰
Un anno dopo, nel 1953, la Arendt elabora, nella forma del racconto allegorico (che trascrivo qui in forma sintetica), la sua valutazione del filosofo e forse anche del rapporto ambivalente che ha segnato per sempre la sua vita, sul piano affettivo e intellettuale, nella doppia valenza dell’esperienza esaltante e del legame che imprigiona. L’apologo non ha il sapore di un insegnamento morale tipico delle favole di Esopo, ma sembra piuttosto ispirato a La tana di Franz Kafka (vedi qui).
«Heidegger, pieno d’orgoglio: “Dicono
che Heidegger sia una volpe”. Questa è la vera storia di Heidegger la volpe:
C’era una volta una volpe che tanto mancava d’astuzia che non solo finiva continuamente in trappole, ma non riusciva a percepire la differenza tra una trappola e una non-trappola. Questa volpe aveva anche un altro difetto, qualcosa cioè che non era a posto nella sua pelliccia, cosicché era del tutto carente della difesa naturale contro gli affronti della vita da volpi. Dopo aver speso tutta la giovinezza bazzicando le trappole altrui, e non essendole rimasto della pelliccia, per così dire, un solo pezzo sano, questa volpe decise di ritirarsi del tutto dal mondo delle volpi, e si mise a costruire una tana per volpi… Le venne un’idea nuovissima e mai sentita tra le volpi: si costruì una tana come trappola per volpi, vi si sistemò, la spacciò per una tana normale… e decise però di diventare a suo modo astuta e rimodellare la sua trappola auto-prodotta, che era adatta solo a lei, in trappola per gli altri… Volendo farle visita nella tana dove aveva casa, bisognava andare nella sua trappola. Dalla quale poteva senz’altro allontanarsi chiunque a parte lei stessa. Le era letteralmente cucita addosso. La volpe dimorante nella trappola diceva però con orgoglio: entrano così tanti nella mia trappola, sono diventata la migliore di tutte le volpi. E anche in ciò vi era qualcosa di vero: nessuno conosce la natura delle trappole meglio di chi passa tutta la vita in una trappola.»¹¹.
Note.
Emiliano Bruzzone, Martin Heidegger |
Scrive Martin Heidegger a Hannah Arendt:
“L’irrompere della presenza dell’altro nella nostra vita è qualcosa che nessun sentimento riesce a dominare” (1925).²
“Io non potrò mai averLa per me, ma Lei apparterrà d’ora in poi alla mia vita, ed essa ne trarrà nuova linfa” (1925).³
Scrive Hannah Arendt a Martin Heidegger:
“Ti amo come il primo giorno – tu lo sai e io l’ho sempre saputo, anche prima di questo nostro incontro” (1928).⁴
Il fascino di Heidegger.
Emiliano Bruzzone, Hans-Georg Gadamer |
“Si era avvinti ancor prima di comprenderlo” (Hans Jonas).
“Heidegger aveva un modo affascinante di tenere lezione. Ci insegnava a pensare nel senso del ripensare, cioè del continuare da soli a pensare” (Heinrich Schlier).
L’incontro con Heidegger “… fu un evento fondamentale, non soltanto per me” (Hans-Georg Gadamer).
Da giovane studente si poteva avere l’impressione di essere testimoni della creazione e della fine del mondo (Emmanuel Lévinas)⁵.
Nazionalsocialismo.
Heidegger aderisce al nazionalsocialismo e diviene rettore della Università di Friburgo (1933), lasciandosi irretire nelle maglie del nazismo e sedurre dall’oscura malia di Hitler, nel quale vede la “guida” politica e la possibilità di un rinnovamento spirituale: un’ubriacatura del potere da cui prenderà distanza l’anno successivo dimettendosi dalla carica, provando vergogna per il suo errore di valutazione, senza però mai fare davvero i conti con le proprie oggettive responsabilità.⁶
Esilio
di Hannah Arendt.
Emiliano Bruzzone, Karl Jaspers |
Nel 1929 la Arendt si sposa con Günther Stern, ma il matrimonio non dura e nel 1937 divorzia. Nello stesso anno viene privata della cittadinanza tedesca. Si risposa poi, nel 1940, con Heinrich Blücher e con lui rimane fino alla fine (egli muore nel 1970, la Arendt nel 1975, un anno prima di Heidegger).
In quanto ebrea è costretta a fuggire in Francia (1933) e poi negli Usa (dal 1941).
Viaggi in Europa.
Nel 1950 riallaccia i rapporti con Heidegger. Compie visite di studio in Europa e lo incontra ripetutamente. Si sviluppa un’amicizia contrastata, fatta di interrogativi irrisolti, di lettere, di doni, di confronti intellettuali, di silenzi, di sentimenti intensi e duplici (sfiducia e rinnovata fiducia - da parte di lei -, ambiguità - lui -, ricerca di franchezza - lei -…)… fino alla morte.
Scrive la Arendt, sei mesi dopo averlo rivisto, nel 1950:
«Treue, “fedeltà”. True: vero e fedele. Come se ciò a cui non possiamo rimanere fedeli non fosse mai stato vero… nella fedeltà e soltanto in essa siamo padroni del nostro passato… Il contrario della fedeltà non è l’infedeltà in senso comune… ma solo l’oblio, la dimenticanza. E’ l’unico peccato reale, poiché cancella la verità, la verità che fu.»⁸
In un biglietto mai spedito, che fa seguito alla tormentata decisione di non dedicare ad Heidegger il libro Vita activa. La condizione umana (1958), si legge:
“De vita activa:/ho rinunciato alla dedica di questo libro./Come potevo dedicarlo a te,/mio intimo, a cui sono e non sono/rimasta fedele,/ma comunque, in entrambi i casi, amandoti.”⁹
Racconto.
Franz Kafka, Il pensatore |
Nel 1952 la Arendt annota nel suo quaderno:
“In qualunque modo lo si voglia vedere, è incontestabile che a Friburgo io mi sono messa (e non caduta) in una trappola. Ma è altrettanto incontestabile che Martin (Heidegger), lo sappia o no, si trovi in questa trappola, che in essa sia di casa, che ci abbia costruito attorno questa casa; cosicché si può andarlo a trovare soltanto se si va a trovarlo nella trappola, se si va in trappola.”¹⁰
Un anno dopo, nel 1953, la Arendt elabora, nella forma del racconto allegorico (che trascrivo qui in forma sintetica), la sua valutazione del filosofo e forse anche del rapporto ambivalente che ha segnato per sempre la sua vita, sul piano affettivo e intellettuale, nella doppia valenza dell’esperienza esaltante e del legame che imprigiona. L’apologo non ha il sapore di un insegnamento morale tipico delle favole di Esopo, ma sembra piuttosto ispirato a La tana di Franz Kafka (vedi qui).
Franz Kafka, L'uomo tra le sbarre |
C’era una volta una volpe che tanto mancava d’astuzia che non solo finiva continuamente in trappole, ma non riusciva a percepire la differenza tra una trappola e una non-trappola. Questa volpe aveva anche un altro difetto, qualcosa cioè che non era a posto nella sua pelliccia, cosicché era del tutto carente della difesa naturale contro gli affronti della vita da volpi. Dopo aver speso tutta la giovinezza bazzicando le trappole altrui, e non essendole rimasto della pelliccia, per così dire, un solo pezzo sano, questa volpe decise di ritirarsi del tutto dal mondo delle volpi, e si mise a costruire una tana per volpi… Le venne un’idea nuovissima e mai sentita tra le volpi: si costruì una tana come trappola per volpi, vi si sistemò, la spacciò per una tana normale… e decise però di diventare a suo modo astuta e rimodellare la sua trappola auto-prodotta, che era adatta solo a lei, in trappola per gli altri… Volendo farle visita nella tana dove aveva casa, bisognava andare nella sua trappola. Dalla quale poteva senz’altro allontanarsi chiunque a parte lei stessa. Le era letteralmente cucita addosso. La volpe dimorante nella trappola diceva però con orgoglio: entrano così tanti nella mia trappola, sono diventata la migliore di tutte le volpi. E anche in ciò vi era qualcosa di vero: nessuno conosce la natura delle trappole meglio di chi passa tutta la vita in una trappola.»¹¹.
Note.
Emiliano Bruzzone, Edmund Husserl |
2. Antonia Grunenberg, Hannah Arendt e Martin Heidegger. Storia di un amore, cit., p. 95.
3. Ibidem, p. 92.
4. Ibidem, quarta di copertina.
5. Ibidem, rispettivamente pp. 86; 85; 130.
6. Ibidem, p.291. Scrive Antonia Grunenberg: “Come poté succedere che non solo un pensatore tanto importante come Heidegger, ma anche grandi menti della scienza, della letteratura e dell’arte, fossero attratti dalla becera chiassosità di un Adolf Hitler e dei suoi amici? E quanto dovette essere profonda la vergogna di queste grandi menti – Heidegger incluso – quando si resero conto della trappola in cui erano caduti?” E ancora: “Chi - come Heidegger – non avesse materialmente commesso crimini, doveva assumersi lo stesso la responsabilità del fatto che in nome della collettività di cui faceva parte fossero stati commessi crimini – perché nessuno poteva limitarsi a chiamarsi fuori da quella collettività” (p. 395).
7. Ibidem, p. 105.
8. Ibidem, p. 343.
9. Ibidem, p. 344.
10. Ibidem, p. 318.
10. Ibidem, pp. 349-350.
Post intrigante! Temi biografici creano squarci problematici, utili ad arricchire la comprensione delle dottrine di entrambi. Così l’attrazione erotica in Annah Arendt non inficia la libertà della sua indagine, tanto meno la purezza del suo cliché umanisistco. In Heidegger, dove riluce la potenza teoretica e la bravura didattica, invece resta l’ombra dei suoi compromessi. Grazie Rossana!🌹
RispondiEliminaEfficacissima conclusione sintetica, nel tuo commento. Concordo pienamente. Un abbraccio.
EliminaNon conoscevo queste vicende così profonde e problematiche, ma ho letto con interesse.
RispondiEliminaGrazie, cara Rossana!!!
Grazie a te,cara Annamaria, per la tua attenzione. Ho scelto questo tema della relazione amorosa, ma il libro di Antonia Grunenberg (400 pagine che si leggono d'un fiato) è ricchissimo di spunti appena suggeriti in questo post: la Germania di Weimar e la situazione politica e culturale, gli intellettuali e il mondo accademico, la questione della colpa relativamente alla Germania, il sionismo, gli Stati Uniti tra le due guerre... e molto altro.
EliminaUn libro da leggere.
[img]https://img.ibs.it/images/9788830425538_0_0_0_75.jpg[/img]
Cara Rossana, grazie a questo tuo scritto così ricco e ben calibrato ho potuto conoscere meglio la figura di Heidegger e l'ambivalenza della relazione tra il filosofo e Hanna Arendt. Davvero coinvolgente e toccante la metafora della volpe e della tana utilizzata dalla Arendt per fornire a se stessa e al mondo "la sua valutazione del filosofo e forse anche del rapporto ambivalente che ha segnato per sempre la sua vita, sul piano affettivo e intellettuale, nella doppia valenza dell’esperienza esaltante e del legame che imprigiona". Un abbraccio e buon tutto.
RispondiEliminaCiao Maria! Hai colto, come al solito, il cuore di quello che ho voluto evidenziare e che mi pare connoti un rapporto così intenso e durevole, tenuto vivo, anche nei lunghi periodi di silenzio. Segno anche di una interiorità dilatata che sedimenta i sentimenti e ad essi rimane fedele, pur nelle diverse strade della vita. Un abbraccio anche a te.
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