“E’ un’arte difficile e perduta quella di dire no” (Giancico Carofiglio e le parole manomesse).
Post di Rossana Rolando.
Immagini di Friedrich Justin Bertuch, editore tedesco (1747-1822).
Bertuch, Drago, 1806 |
Le fiabe non dicono ai bambini che esistono i draghi: i bambini già sanno che esistono.
Le fiabe dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti (G.K.Chesterton).
Ho letto recentemente il tema di un bambino di seconda elementare: uno scritto abitato da draghi, Titani, giganti e forze dirompenti, uscite dalle viscere della terra, tali da muovere l’ira dell’Olimpo e degli dei tornati guerrieri, per combattere in difesa del loro regno. Un immaginario già sviluppato e complesso in cui i temi del male e del conflitto sono lì a testimoniare un mondo di simboli mitologici ben introiettati.
Molte volte ci siamo chiesti perché nelle fiabe ci siano personaggi spaventosi: streghe, mostri, pirati crudeli… Chesterton ne fornisce una profonda interpretazione: i draghi – metafora del male che corrode il mondo - esistono e i bambini lo sanno, non li si può proteggere dalla loro presenza. Però le fiabe ci sono per dire che i draghi possono essere sconfitti e questo, in certo qual modo, pone al riparo dall’angoscia.
Bertuch, Unicorno, 1806 |
💥 Tra i termini che vengono ripresi e che oggi, nel contesto in cui stiamo vivendo, assumono un carattere particolarmente significativo, ci sono “Ribellione” e “Bellezza”.²
Il primo non va inteso nel senso narcisistico della negazione di ogni regola e del perseguimento di propri capricci. Piuttosto la parola “ribellione” fa riferimento ad una importante tradizione storico filosofica, che la contrappone ai campi semantici della rassegnazione, repressione, obbedienza, sottomissione, tirannia.
Essa contiene anche un elemento di violenza e di sovvertimento dell’esistente (come nelle rivoluzioni), ma soprattutto, negli autori cui Carofiglio si richiama, evoca il tema della disobbedienza civile, della resistenza, del contrasto nei confronti di ciò che è ingiusto. In particolare, viene ripresa la posizione di don Milani, quando afferma: “non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge è di obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate”.
Bertuch, Basilisco, 1806 |
La riflessione procede con il testo sconvolgente di Primo Levi - l’Ultimo - che coglie proprio nella privazione della dignità umana e quindi nello spegnimento di ogni impeto di ribellione, lo scopo ultimo del mondo concentrazionario: “Possono venire i russi: non troveranno che noi domati, noi spenti, degni ormai della morte inerme che ci attende. Distruggere l’uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi”.⁴
💥 “E’ un’arte difficile e perduta quella di dire no”; “Ogni rivoluzione nasce da un no”; no “è la parola più urgente ed essenziale”⁵… il no è quello che solo può far uscire dalla separatezza della sofferenza individuale, assurda, per far entrare nella lotta collettiva della liberazione.
E così il discorso approda ad Albert Camus e al suo saggio “L’uomo in rivolta”, con il celebre incipit: “Che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no”.⁶
Bertuch, Fenice, 1806 |
In conclusione: ogni vera rivoluzione porta con sé “la capacità di osservare criticamente il reale, di ribellarsi allo squallore. E’ giudizio, progetto, etica. E’, dunque, capacità di scelta”.⁷
💥 Note.
1. Gianrico Carofiglio, La nuova manomissione delle parole, Feltrinelli, Milano 2021.
2. Ibidem, pp. 75-86.
3. Ibidem, p. 76. Citazione tratta da L'obbedienza non è più una virtù. Documenti del processo di don Milani, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina 1965, pp. 36-38.
4. Ibidem, p. 78. Da Primo Levi, Se questo è un uomo, in Id., Opere I, Einaudi 1958, pp. 145-146.
5. Ibidem, p. 79.
6. Ibidem, p. 83.
7. Ibidem, p. 86 (citazione di Susan Sontag, Nello stesso tempo, p. 10).
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Sono Rosario. Carofiglio ti ha ispirato bene, cara Rossana, facendoti muovere da don Milani a Primo Levi a Albert Camus : tema la ribellione.
RispondiEliminaCome tu scrivi, non è necessario precipitare nella rivoluzione. È piuttosto il recupero , la messa in salvo e l’esercizio della voglia di cambiamento, consapevoli che dove le acque sono stagnanti si crea palude.
Oggi le tendenze “ di dominio” sono invece la tacitazione, lo status quo, la normalizzazione. ( Verrebbe la voglia di metterci dietro a Foucault ed alla schiera di analisti francesi che ne hanno seguito le tracce, ma non facciamola lunga).
La prendo piuttosto per il verso delle favole, che sono incipit del tuo discorso. Le favole vere servono a proteggere dall’angoscia mantenendo il modus critico.Ogfi a me sembra che siano prevalenti le favole soporifere, quelle che addormentano le coscienze. Grazie Rossana 🌹✨🍀
A proposito di Foucault, mi viene in mente il bellissimo saggio sulla "parresia" ovvero sul "parlar chiaro": "La parresia è una forma di critica, verso gli altri o verso se stesso, ma sempre in una posizione in cui colui che parla o che confessa è in una condizione di inferiorità rispetto all'interlocutore".
EliminaLa parresia è già inizio di ribellione, ma richiede - nota ancora Foucault - coraggio di dire la verità, a dispetto del pericolo.
Un abbraccio.
Post perfetto. Mi fa pensare a quante persone oggi non conoscono la propria autentica unicità e, a volte, neppure l'esistenza dell'interiorità. Sembra assurdo ma è così. Girano tra di noi esseri senz'anima che si identificano totalmente nelle mode del momento. Esseri che non pensano con la loro testa, che credono di non avere nulla da dire di personale. Se il genere umano si perderà sarà anche per questo motivo, che troppi non conoscono la propria essenza, non avranno il coraggio di dire dei no e saranno teleguidati da chi ama esercitare il potere.
RispondiEliminaNotazione molto interessante: per dire no, è necessario sviluppare la dimensione dell'interiorità, del dialogo tra sé e sé (Socrate!) che, solo, permette di esercitare il pensiero e quindi la libertà di disobbedire. Grazie!
EliminaBellissima riflessione. Che mai come in questo momento sento mia. Ribellarsi significa resistere alla deriva di senso che vediamo ovunque. È quasi un dovere morale. Grazie, Rossana, per aver citato due persone a me particolarmente care: Don Milani è stato motore della mia scelta non violenta come obiettore di coscienza 40 anni fa; Primo Levi lo incontro ogni giorno...ed è un invito costante a resistere....
RispondiEliminaGrazie, Paolo, per la sintonia di pensieri. Anche nella Scuola, oggi più che mai, si richiede "ribellione" e resistenza. Un caro saluto.
EliminaRiflessioni magistrali, necessarie e toccanti. Penso a Melville e allo scrivano che diceva sommessamente, ma con infinita forza interiore "Preferirei di no".
RispondiEliminaBuona domenica e grazie. Un abbraccio affettuoso.
P.s. Cara Rossana, dovrei chiederti un'informazione. Potrei avere una tua mail? Se sì, puoi scriverla al mio indirizzo mail maridasaro@gmail.com
Cara Maria, hai fatto bene a ricordare Melville. "Preferirei di no" è diventato, poi, anche il titolo di un bel libro di Giorgio Bottai, sui dodici professori universitari che rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo.
EliminaMi auguro che tu abbia ricevuto la mia mail.
Un abbraccio.