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giovedì 9 maggio 2024

Fuori della "gabbia d'acciaio".

Post di Rosario Grillo.

Charlie Chaplin, Tempi moderni
Remo Bodei nel capitolo VII, Il mondo e lo sguardo, de La filosofia del ‘900 (1), passa in rassegna filosofi lontani e vicini alla nostra epoca, da Husserl a Foucault, mirando a definire la cosalità, aderente alla funzionalità tecnica e deviata dalla libertà del soggetto. Richiama così Odradek, uno strano congegno meccanico descritto in uno dei racconti di Kafka. Ne fa un simbolo di un importuno “intralcio”: per arcano, capace di reinventare la sua esistenza. Kafka ne consiglia l’oblio. Bodei chiosa l’episodio: “per Heidegger bisogna, al contrario, sottrarre le cose dall’oblio della metafisica, farle aprire nuovamente a un dialogo, dar voce alla loro alterità, rifondarne il senso, renderle, attraverso il linguaggio, crocevia di relazione, supporti di una diversa possibile esperienza non manipolata” (2).
*
Ricordo la definizione data alla tecnica da Max Weber: gabbia d’acciaio. Riproduce alla perfezione il meccanismo infernale in cui si trova incastrato l’operaio Charlot di Tempi moderni. Qualche decennio prima la sociologia americana aveva configurato il sistema taylorista (3): una piena sincronizzazione delle fasi della produzione (catena di montaggio), cronometrazione, asettica pianificazione, momenti di una radicale razionalizzazione. La “ragione strumentale” prendeva il sopravvento accompagnandosi alla calcolabilità, alla serialità ed alla riproducibilità tecnica.
Charlie Chaplin, Tempi moderni
Ai cantori della modernità - vedi in specie il Manifesto dei futuristi - si contrapponeva una filosofia che cercava il recondito dell’esistenza. Nel gruppo, Heidegger, che, dopo aver raffigurato la deiezione: l’essere gettato nel mondo, riferito all’Esserci, fermava la sua attenzione sulla “immagine del mondo” (dopo la svolta avvenuta con la pubblicazione di Hoelderlin e il senso della poesia): rappresentazione del mondo connaturata alla tecnica, serva della ragione strumentale.
La tecnica, da parte sua, sapeva padroneggiare la cosa e volgerla contro l’essere umano. A Husserl ed altri non restava che evocare la Lebenswelt (mondo della vita) e filosofare sotto la sua direzione. Un cantiere pieno di risorse innescanti altre possibilità di disegnare il “senso della vita”.
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Senza presunzione di trovare una strada maestra, rovistando nel numero di tentativi - esplorazioni - maniere, indulgente verso scuole filosofiche che, nel cosiddetto post moderno, hanno battuto la via delle ermeneutiche, accosto a questa temperie un filosofo, Michel Foucault, che si è dedicato a disvelare la biopolitica.
Lo prendo per il verso meno cattedratico - in presa diretta, potremmo dire. Nel mezzo di una vicenda in fieri (la rivoluzione khomeinista), che egli commenta da giornalista, occupato a cogliere “una briciola di senso”, aldilà della cronaca storica. L’occasione è offerta da un articolo di Felice Cimatti su Doppiozero (4).
Charlie Chaplin, Tempi moderni
Sto nel confine di questa argomentazione, riservandomi la parte di commentatore attento al contesto e curioso di certe potenzialità.
Focalizziamo gli anni ‘70 del XX secolo. Conservavano il ricordo della recente contestazione giovanile, conosciuta come movimento del Sessantotto. Con il seguito dell’autunno caldo, capace di mettere sulla difensiva il sistema capitalistico.
La reazione, non lontana, partiva poi dal centro dell’impero (1981). Prendeva il via la reaganomics. Poi la conferma successiva dalla politica operata dalla lady di ferro Margaret Thatcher, celebre per la presunzione di voler rendere insignificante la società.
Nel corso degli anni settanta, 1978, l’avvio della rivoluzione in Iran che portava alla fine dello Shah di Persia e all’insediamento dell’ayatollah Khomeyni.
Come illustra Cimatti, in Foucault è assente il piglio critico teso a valutare il futuro della rivoluzione iraniana, ad impronta sciita (per il quale è doveroso evidenziare il virus del fondamentalismo). Il suo, piuttosto, è uno sforzo a trovare un elemento fuori del tempo, capace di essere alimento dello spirito popolare, cifra di un cambiamento di soggetto. “Non essere più soggetto come lo si è stati fino a quel momento, soggetto rispetto ad un potere politico, ma soggetto di un sapere, soggetto di un’esperienza, soggetto anche di una credenza”(5). “Vi trovo inclusa una nascosta critica dello Stato moderno, macchina di accentramento di poteri, sottile erogatrice della “ragion di Stato” (Bodin, Botero). (6) Foucault cerca in quella rivoluzione uno “spirituale”, da combinare con la politica, disposto ad abbassare la barriera della laicità, interessato soprattutto a carpire la sorgente di una autentica libertà. “cos’è la spiritualità? Credo sia quella pratica attraverso cui l’uomo è dislocato, trasformato, sconvolto, fino alla sua rinuncia della sua propria individualità, alla sua posizione di soggetto (7).”
Charlie Chaplin, Tempi moderni
Il centro dell’interesse cade dunque sul soggetto. In favore di un soggetto che riacquista libertà di scelta: a tal guisa, impegnato ad esplorare le diverse possibilità, anche quelle che in passato si erano date. Un soggetto dinamico, aperto alla relazione - notevole, in Foucault, questa apertura all’alterità.
In contrapposizione ad un soggetto sclerotizzato, ridotto ad essere un ingranaggio di una macchina oggettiva ed impersonale: qual è la catena di montaggio, cominciamento di una sequenza che ha come terminal il più marcato consumismo.
 
Note.
(1) Remo Bodei, La filosofia del ‘900, il Mulino (letto in eBook).
(2) Idem
(3) F.Taylor, L’organizzazione scientifica del lavoro.
(4) Foucault, l’Iran e Khomeyni (qui, 23/09/23) di Felice Cimatti
(5) Da Cimatti, vedi sopra.
(6) Nella sua scia si può provare a formulare un giudizio più smaliziato dello stesso Stato di diritto, riducendolo a fedele riproduttore di una “forma giuridica” strettamente formale (in concreto, disattenta alla regola della giustizia sociale).
(7) Vedi citazione in Cimatti.

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