Post di Rosario Grillo.
Charlie Chaplin, Tempi moderni |
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Ricordo la definizione data alla tecnica da Max Weber: gabbia d’acciaio. Riproduce alla perfezione il meccanismo infernale in cui si trova incastrato l’operaio Charlot di Tempi moderni. Qualche decennio prima la sociologia americana aveva configurato il sistema taylorista (3): una piena sincronizzazione delle fasi della produzione (catena di montaggio), cronometrazione, asettica pianificazione, momenti di una radicale razionalizzazione. La “ragione strumentale” prendeva il sopravvento accompagnandosi alla calcolabilità, alla serialità ed alla riproducibilità tecnica.
Charlie Chaplin, Tempi moderni |
La tecnica, da parte sua, sapeva padroneggiare la cosa e volgerla contro l’essere umano. A Husserl ed altri non restava che evocare la Lebenswelt (mondo della vita) e filosofare sotto la sua direzione. Un cantiere pieno di risorse innescanti altre possibilità di disegnare il “senso della vita”.
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Senza presunzione di trovare una strada maestra, rovistando nel numero di tentativi - esplorazioni - maniere, indulgente verso scuole filosofiche che, nel cosiddetto post moderno, hanno battuto la via delle ermeneutiche, accosto a questa temperie un filosofo, Michel Foucault, che si è dedicato a disvelare la biopolitica.
Lo prendo per il verso meno cattedratico - in presa diretta, potremmo dire. Nel mezzo di una vicenda in fieri (la rivoluzione khomeinista), che egli commenta da giornalista, occupato a cogliere “una briciola di senso”, aldilà della cronaca storica. L’occasione è offerta da un articolo di Felice Cimatti su Doppiozero (4).
Charlie Chaplin, Tempi moderni |
Focalizziamo gli anni ‘70 del XX secolo. Conservavano il ricordo della recente contestazione giovanile, conosciuta come movimento del Sessantotto. Con il seguito dell’autunno caldo, capace di mettere sulla difensiva il sistema capitalistico.
La reazione, non lontana, partiva poi dal centro dell’impero (1981). Prendeva il via la reaganomics. Poi la conferma successiva dalla politica operata dalla lady di ferro Margaret Thatcher, celebre per la presunzione di voler rendere insignificante la società.
Nel corso degli anni settanta, 1978, l’avvio della rivoluzione in Iran che portava alla fine dello Shah di Persia e all’insediamento dell’ayatollah Khomeyni.
Come illustra Cimatti, in Foucault è assente il piglio critico teso a valutare il futuro della rivoluzione iraniana, ad impronta sciita (per il quale è doveroso evidenziare il virus del fondamentalismo). Il suo, piuttosto, è uno sforzo a trovare un elemento fuori del tempo, capace di essere alimento dello spirito popolare, cifra di un cambiamento di soggetto. “Non essere più soggetto come lo si è stati fino a quel momento, soggetto rispetto ad un potere politico, ma soggetto di un sapere, soggetto di un’esperienza, soggetto anche di una credenza”(5). “Vi trovo inclusa una nascosta critica dello Stato moderno, macchina di accentramento di poteri, sottile erogatrice della “ragion di Stato” (Bodin, Botero). (6) Foucault cerca in quella rivoluzione uno “spirituale”, da combinare con la politica, disposto ad abbassare la barriera della laicità, interessato soprattutto a carpire la sorgente di una autentica libertà. “cos’è la spiritualità? Credo sia quella pratica attraverso cui l’uomo è dislocato, trasformato, sconvolto, fino alla sua rinuncia della sua propria individualità, alla sua posizione di soggetto (7).”
Charlie Chaplin, Tempi moderni |
In contrapposizione ad un soggetto sclerotizzato, ridotto ad essere un ingranaggio di una macchina oggettiva ed impersonale: qual è la catena di montaggio, cominciamento di una sequenza che ha come terminal il più marcato consumismo.
Note.
(1) Remo Bodei, La filosofia del ‘900, il Mulino (letto in eBook).
(2) Idem
(3) F.Taylor, L’organizzazione scientifica del lavoro.
(4) Foucault, l’Iran e Khomeyni (qui, 23/09/23) di Felice Cimatti
(5) Da Cimatti, vedi sopra.
(6) Nella sua scia si può provare a formulare un giudizio più smaliziato dello stesso Stato di diritto, riducendolo a fedele riproduttore di una “forma giuridica” strettamente formale (in concreto, disattenta alla regola della giustizia sociale).
(7) Vedi citazione in Cimatti.
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