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martedì 10 ottobre 2023

La bellezza dell'Africa.

L'Africa e noi.
Post di Gian Maria Zavattaro.

Mrs Oby Ezeilo, 19 maggio 2023
“In un’ora di grandi cambiamenti per il continente africano, alle prese con problematiche, speranze, sfide antiche e nuove [...] per cercare di capire è più utile individuare dei “punti fermi” che inseguire la cronaca” (retrocopertina di Joseph Hi-Zerbo, Punti fermi sull’Africa, EMI, 2011).
 
Nei giorni trascorsi prima della tragedia israelo-palestinese, i media si sono a buon diritto centrati sulle vicende dei fuggitivi nelle terre d'Europa. Eppure ogni giorno i “paesi del Sud”, in particolare l’Africa, sistematicamente sono violentati dalle infinite guerre regionali, dalle tragiche morti di persone che fuggono altrove, dalle violenze sulla popolazione, specie donne e bambini, vittime di sopraffazione, oppressione, sfruttamento.
Le nostre coscienze sono senza scampo interpellate e non possiamo starcene fuori solo perché ognuno di noi sa fin troppo bene di essere impotente nella sua singolarità. La storia, implacabile, non farà sconti alla nostra generazione.
Hi-Zerbo (1922-2006) - originario del Burkina Faso, militante politico, insegnante, padre della  storiografia africana, uno dei maggiori intellettuali africani del 900 - ha pubblicato numerosi saggi (tradotti da Einaudi, Jaca Book, EMI) ritenuti  fondamentali per le concrete proposte di convivenza, integrazione e scambio tra il suo continente e il resto del mondo.
 
In questi giorni di tragiche emergenze vorrei raccogliere brevemente alcune riflessioni sul suo “Punti fermi sull’Africa”.
Primo. E' vergognosamente arbitraria e faziosa  la visione eurocentrica che relega l’Africa nella periferia del mondo, così come lo sguardo paternalistico o discriminatorio che  attribuisce agli africani solo tradizione orale e cultura folkloristica ed agli occidentali invece civiltà e  storia.
Secondo. L’Africa, culla e speranza dell’umanità, ha generato la civiltà umana durante il più lungo periodo della storia del mondo.
Etnie
Poi per quattro secoli circa 100 milioni di persone sono state brutalmente schiavizzate come carne grezza per la prosperità di altri popoli. Il posto degli africani nella storia umana non è quello servile in cui finora sono  stati confinati.
Terzo. Non c’è una identità africana pura. L’identità africana non è una struttura fossile: è vita, storia in cammino,  processo che, inglobando il passato e il presente ed in qualche misura anche il futuro, si costruisce dalle molteplici identità africane.
QuartoNon c’è sviluppo “chiavi in mano”. L’unico sviluppo percorribile  è lo sviluppo “chiavi in testa”, sviluppo endogeno, “ubuntu”,  antidoto alla mercantilizzazione di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, espressione di “volere vivere non gli uni con gli altri, ma gli uni attraverso gli altri”. Lo sviluppo esogeno genera povertà e pauperizzazione: vi sono paesi africani che importano il 50% del loro cibo e ricevono dall’estero l’85% dei loro budget di investimento; l’85% della ricerca sull’Africa si fa fuori dell’Africa; i 2/3 dei paesi meno avanzati sono africani; i 2/3 dei malati di Aids e il 50%  dei rifugiati sono africani; ai giovani non resta che emigrare verso il “paradiso europeo” o essere gettati a migliaia agli incroci delle città africane. Si esce dalla spirale delle vittime programmate del mercato mondiale solo ricorrendo alla pratica dello sviluppo endogeno, che richiede come condizione l’integrazione  tra i vari paesi africani.
Quinto. La sovranità nazionale non esiste nella carestia e nella mendicità. L’aiuto umanitario “costituisce una menzogna sulla struttura mondiale degli scambi, perché il flusso netto dei capitali va da Sud a Nord”; sviluppa inoltre il complesso di mendicità e la dipendenza dagli avanzi del Nord,  trasformando il Sud in discarica del pianeta. Numerosi dirigenti svolgono un ruolo nefasto in questa discesa agli inferi dove  le  reti di complicità e di corruzione Nord-Sud interessano spesso le strutture statali. Sesto. La globalizzazione non è innocente. Mentre i paesi africani vegetano al limite della sopravvivenza, il Nord accumula tesori senza limiti:“un gigantesco prelievo di minerali, pietre preziose, energie non rinnovabili, risorse genetiche, sportivi, ricercatori, scienziati, informazioni, artisti e prodotti culturali (musica, arti plastiche), medici, medicine, rimborsi del debito ecc.”. Scandalo intollerabile  è il land grabbing, l’accaparramento delle terre “inutilizzate”, vendute ad  aziende o governi di altri paesi senza il consenso delle comunità che ci abitano, spingendo alla fame migliaia di contadini, lasciati senza terra né  futuro.
Atlante del gusto
Settimo: Che fare? La globalizzazione pilotata dalla logica del capitalismo neoliberista è un sistema totalizzante che governa tutte le dimensioni della vita individuale e collettiva. L’unica risposta è “prenderla in contropiede in tutti i settori del pensiero e dell’azione”, tramite una strategia di alleanze delle società civili, che con i loro progetti alternativi già operanti in tante parti del mondo possono riuscire a “sovvertire” le leggi di mercato per metterle al servizio potenzialmente di tutti i paesi del Sud e del Nord: per   condividere in circuiti  sempre più vasti  una economia solidale ed un mercato equo che sappiano aggirare le strutture dello scambio disuguale; per  educare le vecchie e nuove generazioni  al valore del lavoro, del bene sociale, del sentimento civico di appartenenza ad una comunità corresponsabile del bene comune; per rivendicare il rispetto delle differenze e la solidarietà sociale verso i gruppi più deboli del corpo sociale... In questa “resistenza” determinanti sono gli "intellettuali" nei vari settori della cultura, dell'istruzione, dell'economia e del sociale.
 
                                 Riflessioni a margine:                                                  Hi-Zerbo e Bauman  "profeti" inascoltati? 
Il timore di molti occidentali era non più di 10 anni fa  che in un breve lasso di  tempo,  se non si fosse sovvertita l’attuale globalizzazione, avremmo assistito non più a migrazioni in qualche modo  controllabili  ma a vere e proprie invasioni di maree di  gente disperata (persone!), che non avrebbero avuto più nulla da perdere, che non si sarebbero fermate di fronte a nulla.
E noi che facciamo? Che aspettiamo? Da che parte ci schieriamo oggi? E domani?  Non a parole, ma con  fatti e con decisioni laceranti.
Per Hi-Zerbo l’interdipendenza umanitaria, cioè il prenderci carico gli uni gli altri,era l’unica strada percorribile per salvare il creato: "Il rimedio dell’uomo è l’uomo stesso. L’uomo sono gli altri” (cit., pag.111).
Altrimenti, come già dichiarava Z. Bauman ad Avvenire il 20.10.14, quale alternativa?  Spararci a vicenda?
 
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