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lunedì 2 ottobre 2023

Che cosa significa "pensiero debole", in ambito filosofico?

Gianni Vattimo, pensiero debole e Cristianesimo.
Post di Rossana Rolando.

Prima di copertina
In questi giorni – il 19 settembre – si è spento il filosofo Gianni Vattimo, per molti anni professore dell’Università di Torino, noto per i suoi studi su Nietzsche, su Heidegger, sull’ermeneutica, spesso associato al cosiddetto “pensiero debole”. Questo, infatti, il famoso e assai discusso titolo del testo, da lui curato con Pier Aldo Rovatti, in cui si raccolgono vari contributi di autori diversi, tutti afferenti alla stessa linea di riflessione.¹
Forse è utile chiarire il significato di questa espressione, anche per i non addetti ai lavori, in modo da allargare lo spazio della riflessione e comprendere meglio il tempo in cui viviamo.
 
💥 Il presupposto.
L’orizzonte temporale, in cui si colloca il pensiero debole, è quello della postmodernità, teorizzata a partire dalla convinzione di una ormai conclusa età moderna. Il termine postmoderno viene ripreso da Vattimo per indicare il venir meno di alcune persuasioni fondamentali caratterizzanti la modernità. Tra esse, in primo piano, l’idea che vi sia un unico senso della storia e un suo procedere progressivo verso un fine. Ne erano convinti i grandi filosofi dell’Ottocento, da Hegel a Marx, anche se poi ciascuno diversificava i contenuti di questo processo, in chiave spirituale, economica, sociale, scientifica, tecnologica…
A partire da Nietzsche viene messa in crisi questa certezza, insieme a tutte le verità forti (concentrate nell’espressione “morte di Dio”), quelle che hanno la pretesa di valere universalmente e di essere fondate sulle strutture proprie del reale.
Con Walter Benjamin, Vattimo ritiene che l’attribuzione alla storia di un’univoca direzione sia carica di violenza: per un verso, perché annulla nell'unica storia le variegate culture e tradizioni; per l'altro verso, perché dissolve, all'interno di un progresso omogeneo, tutta l'umanità dimenticata e schiacciata: “la storia come linea unitaria è in verità solo la storia di ciò che ha vinto; essa si costituisce a prezzo dell’esclusione, prima nella pratica e poi nella memoria, di una moltitudine di possibilità, valori, immagini”. E ancora: “ciò che è stato escluso dalla cultura dei dominatori, non si lascia tanto facilmente comprendere in una totalizzazione: gli esclusi hanno fatto esperienza del fatto che la stessa nozione di totalità è una nozione signorile, dei dominatori”.²
 
💥 In quale senso “debole”?
Prima di copertina
Su questo presupposto si innesta l’idea di un pensiero debole, non certo perché privo di argomentazioni o perché contraddittorio e poco chiaro… Piuttosto “debole” perché contrapposto a forte: un pensare che non pretende di valere per tutti e che ammette tante possibili prospettive, tradizioni, posizioni.
L’univocità è forte perché assoluta e totalizzante, la pluralità è debole perché è divisa e differente. Nel postmoderno si assiste ad un indebolimento del pensare, dato dallo spezzarsi dell’unica verità nelle molte parziali verità, frutto di diverse angolature storiche, di molteplici punti di vista, di differenti appartenenze e legami.
Non a caso, in un piccolo libro dal titolo La società trasparente,³ il riferimento ai mass media e alla comunicazione generalizzata viene assunto come dato centrale per identificare il postmoderno.
 
💥 Quale etica? Quale Cristianesimo?
Dal punto di vista di Vattimo il pensiero debole non ha come suo esito la solitudine di tante monadi incomunicabili e in conflitto tra loro, ma pone le premesse per un confronto democratico, andando a generare un’etica della tolleranza, aperta alla diversità, proprio perché spogliata della pretesa di possedere una verità da imporre agli altri.
Prima di copertina
Lo stesso Cristianesimo, di cui Vattimo si è sempre professato discepolo - nell’espressione anch’essa “debole” del “credo di credere” -, non è concepito come un insieme di “verità forti”, rispetto alle quali si stabiliscono recinti ed esclusioni, ma come adesione alla figura di Gesù. Non a caso Vattimo cita la frase di Dostoevskij: “Se dovessi scegliere tra Gesù Cristo e la verità, sceglierei Gesù Cristo”.
E il suo commento riprende, rovesciandolo, il famoso Amicus Plato, sed magis amica veritas, sostenendo che, per scegliere Gesù Cristo, è necessario abbandonare quella verità in nome della quale si sono compiuti tanti delitti – il massacro delle guerre di religione, la presunta superiorità della civiltà occidentale, la soppressione della diversità… -, quando il suo valore si è imposto al di là di ogni amicizia tra gli uomini.
 
💥 Note.
1. AA.VV., Il pensiero debole, a cura di Gianni Vattimo e Pier Aldo Rovatti, Feltrinelli 1990 (Prima edizione 1983).
2. Ibidem, pp. 15 e 17.
3. Gianni Vattimo, La società trasparente, Garzanti, Milano 1989.
4. Gianni Vattimo, Essere e dintorni, La nave di Teseo, Milano 2018, p. 277.
 
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5 commenti:

  1. Rosario: Commento “ a caldo”, senza la necessaria riflessione ( digestione) del tuo argomento, cara Rossana. E ti dico grazie, grazie, ripetutamente grazie! Sulla linea di quanto faticosamente cerco di argomentare, nella scia di un fare prepotente che ha invaso tutto: la politica, l’informazione (univocamente faziosa), le scelte di politica internazionale ( quindi la diplomazia). Io penso che certa crisi della Chiesa ( triumphans?) discenda da lì e che la resistenza alla dichiarazione sulla “ morte di Dio” abbia portato solo rovine e non salvezza. Mi piace pensare ad una “ sotterranea alleanza” tra questo pensiero e la pastorale di Papa Francesco. Il tuo discorso richiama opportunamente la figura di Benjamin, le sue tesi di filosofia della storia : una declinazione molto diversa del divenire della storia. Un abbraccio 🤗

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    1. Grazie a te, Rosario, sempre tanto generoso e amico. Mi pare che tu abbia pienamente ragione nel "pensare ad una 'sotterranea alleanza' tra questo pensiero e la pastorale di Papa Francesco", almeno a quanto risulta dal confronto sull'Enciclica "Fratelli tutti", in cui è intervenuto Gianni Vattimo. Inserisco qui il link dell'articolo e del video riportato sulla pagina de La Civiltà Cattolica: FRATELLI TUTTI. UN DIALOGO CON GIANNI VATTIMO.
      Un grande abbraccio.

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  2. Ho conosciuto Vattimo a fine anni 60 quale ordinario di Estetica e assistente di Pareyson (e Guzzo...!) e soprattutto come controrelatore della mia tesi di laurea su Mounier. A Torino fu animatore tra il 50 e il 60 del gruppo Amici di Mounier! In uno degli ultimi incontri anche Rossana mia moglie lo conobbe.

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  3. Grazie, Rossana, per questo post chiarissimo che mi ha illuminato su tante cose. Un caro abbraccio di buona giornata!

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    1. Il tuo giudizio è prezioso. Ti ringrazio. Un grande abbraccio.

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