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sabato 8 agosto 2015

Un pensiero mattutino, con Bauman in vignetta. Interdipendenza.

Interdipendenza ...
“Interdipendenza significa che non possiamo più separarci dagli altri, siano essi stranieri, credenti in altra fede rispetto alla nostra oppure sostenitori di modi diversi di vivere; essi non sono lontani o sull’altra sponda rispetto a un confine controllato da qualche guardiano, ma si trovano in mezzo a noi, li incontriamo ogni giorno sul lavoro, nelle scuole frequentate dai nostri figli, nelle strade dove viviamo. La diversità umana ci è accanto, anche nei posti più vicini. Imparare a praticare l’arte del dialogo dovrebbe essere una delle scelte da inserire tra i compiti più urgenti con i quali dobbiamo confrontarci. L’alternativa al prenderci in carico gli uni gli altri è spararci a vicenda” (Zygmunt Bauman, intervistato da Avvenire il 20.10.14).
... non possiamo più 
separarci 
dagli altri ...
Una breve riflessione sull’intervista pubblicata da l’Avvenire (in occasione della presentazione del saggio Conversazioni su Dio e l’uomo (Laterza, 2014, pp.176, dialogo con il teologo polacco Stanislaw Obirek). In essa Bauman - esplicitamente riferendosi alla convinzione cara a papa Francesco che  “la verità è un incontro” - ribadisce con forza che  “la verità abita negli incontri umani e non ha altro posto in cui manifestarsi”.



... la verità è 
un incontro ...
Secondo Bauman oggi per la prima volta nella storia “l'imperativo morale e l'istinto di sopravvivenza” vanno nella stessa direzione: “o ci prendiamo cura della dignità di ognuno, nel pianeta, o moriremo insieme”. Non è più sufficiente  tacitare le nostre coscienze offrendo in elemosina a tutti cibo ed acqua necessari per sopravvivere.

... non possiamo più 
escludere ...
La modernità” si è fatta conoscere in tre quarti del mondo: molte ingiustizie ed iniquità un tempo ritenute tollerabili ed inevitabili sono oggi vissute  come inaccettabile offesa della  dignità dei popoli e delle singole persone.

... non possiamo più 
segregare ...
E poiché “l'alternativa al prenderci in carico gli uni gli altri è spararci a vicenda”, l'unica strada percorribile è il dialogo, quello vero, quello “degno di questo nome” che consiste nell’aprirci al fatto della diversità umana che possiede molte facce. Vuol dire cercare di accogliere l’altro senza pretestuosi rifiuti o pregiudiziali preclusioni. Vuol dire cercare di capire le ragioni dell’altro ed  accettare di agire senza pretendere di sapere tutto da subito ma convinti che da tutti si può ancora imparare.

... non possiamo semplicemente 
integrare ...
Vuol dire assumere sin dall’inizio un atteggiamento cooperativo e non combattivo, senza  dividerci  tra vincitori o sconfitti. Insomma il mondo  complesso in cui viviamo ci chiede di stabilire ponti e non muri, includere  e non escludere, accogliere (certamente secondo regole concordate e progetti condivisi) e non espellere a priori le persone o rifiutare le varietà di  punti di vista.

... dobbiamo 
includere ...
Ciò vale soprattutto per noi - qui, oggi - nel caso specifico dei migranti stranieri.
Stranieri! Ma chi sono poi gli stranieri?
Don Claudio Cipolla, prossimo nuovo vescovo di Padova, nell'intervista rilasciata a “Il mattino di Padova” del 2 agosto (che ho letto tramite la pagina facebook di Luciano Sguotti, al quale va il mio vivo ringraziamento) pone un inquietante interrogativo: non è forse che “i veri stranieri sono i privilegiati e gli oppressori”?

... perché la terra è di tutti.

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