🎨 Immagini delle opere di Odilon Redon.
“Per quanto tu ragioni,
c’è sempre un topo – un fiore – a scombinare la logica. Direi che tutto nel tuo
ragionamento è perfetto, se non avessi davanti questo prato di trifoglio. E
sarei anche d’accordo con te, se nella mente non mi bruciasse (se non mi bruciasse
la mente – con dolcezza) quest’odore di tannino che viene dalla segheria sotto
la pioggia: quest’odore di tronchi sbucciati (d’alba e d’alburno), e non ci
fosse il fresco delle foglie bagnate come tanti lunghi occhi, e il persistente
(ma sempre più sbiadito) blu della notte”
(Giorgio Caproni, Poesie 1932-1986).
(Giorgio Caproni, Poesie 1932-1986).
Nel mondo simbolico di Odilon Redon, Ragno che piange |
... e coloratissimo (Odilon Redon, Nuvola di fiori) |
La vista, simbolo della ragione... (Odilon Redon, L'occhio) |
... basta un fiore a scombinare la logica... (Odilon Redon, Ofelia tra i fiori) |
L'inserto di Giorgio Caproni, sopra riportato, mi colpisce sempre, lo trovo un bell’esempio di prosa poetica. Oltre a racchiudere alcuni significati che mi stanno a cuore. Provo a dire quello che mi suggeriscono queste poche righe.
1. “Per quanto tu ragioni c’è sempre un fiore a scombinare la logica…”
La vita non si può
chiudere in un sistema, in un ordine razionale, in uno schema… perché prima o
poi questo ordine viene sconvolto da qualcosa: un fiore… un prato di trifoglio…
Potrei aggiungere uno sguardo, una canzone, un incontro, un libro, un’emozione,
magari anche un dolore o un evento tragico… E’ l’irrompere del non prevedibile e del non
calcolabile, qualcosa che sorprende e supera.
2. “E sarei anche d’accordo
con te, se nella mente non mi bruciasse (se non mi bruciasse la mente – con dolcezza)
quest’odore…”
... perché la vita non è riducibile ad uno schema, come questa testa nel suo recipiente (Odilon Redon, L'uovo) |
... perché non tutto è dominabile e prevedibile... (Odilon Redon, La sfinge rossa) |
C’è una potenza del “sentire”
che dice tutta la nostra corporeità, il nostro essere mente, psiche, ragione-dentro-un-corpo. Non siamo platonicamente anime staccate dal corpo, né il nostro corpo
è la prigione dell’anima: quello che noi sentiamo è intriso di pensiero e, viceversa, quello che noi pensiamo traluce nel corpo o
si fa immagine corporea, come l’odore che “brucia la mente” o le foglie
paragonate a “tanti lunghi occhi”, o infine “il persistente blu della notte”, forse solo “più
sbiadito” perché i nostri pensieri hanno svuotato il cielo, sottraendo ad esso mistero e
profondità.
Eppure non ci vedrei una condanna della ragione, un invito
all’irrazionalità, un abbandono agli istinti e alle sensazioni, un’esaltazione eccessiva
del corpo. Tutte malattie – penso - della contemporaneità. “Per quanto tu
ragioni…” La ragione – il logos – consapevole di sé e quindi anche dei suoi
limiti, rimane comunque il nostro
contrassegno di uomini. Solo la ragione ci può salvare dal reciproco imbestialire, così come dal fanatismo e dalla cecità.
... tuttavia la ragione ci salva dai mostri... (Odilon Redon, Il pallone occhio) |
... ci rende degni della nostra umanità (Odilon Redon, Pegaso e le Muse).
Il video presenta una carrellata delle opere di Odilon Redon
(artista francese vissuto tra il 1840 e il 1916 e considerato il più
significativo esponente del simbolismo pittorico). Per prenderne visione si consiglia di mettere in
pausa la musica del blog.
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Poiché la vita non è del tutto prevedibile e basta poco per scombussolarla ,come far in modo che la ragione( realtà che ci distingue, nel regno animale, dagli altri esseri ) diventi una specie di guida che ( pur con tutti i limiti che ha in se stessa ) sia ,se non proprio un faro ,almeno un lume per trovar la strada ? Non vi è forse sempre il pericolo di cadere in un egocentrismo che non porta da nessuna parte , anche perché causa- effetto di quello individualismo così nocivo anche oggi ... Ci vorrebbe un LOGOS - pensiero- sapienza- ragione che si incarna... che ha un volto... una storia ... come la nostra... ( ma nello stesso tempo la sovrasta...) chei dia un senso al nostro vivere ,al nostro ragionare .... Nel mistero della vita ci sarà pure un tale ...LOGOS. C'è chi dice di si... perché non solo ci crede... ma l'ha anche incontrato .( fortunati loro ...)
RispondiEliminaCaro don Sandro, grazie innanzitutto per il Tuo intervento – profondo ed insieme appassionato - che ci ha costretto a meditare a lungo una riflessione coerente al nostro pensare ed essere. Condividiamo le Tue domande, non abbiamo risposte certe né perentorie, ma tracce da seguire. Logos-verbum-parola è accezione polisemica: ascolto, domanda, risposta ad un appello, colloquio, epifania di bontà-verità-bellezza, impegno amoroso (“dare la parola”). C’è logos e Logos, parola e Parola: parola che una ricerca costante ed inquieta disvela; Parola, che “in principium erat” e che si rivela nella Sua indicibile gratuità. E c’è l’antiparola.
RispondiEliminaA questo punto preferisco lasciare la "parola" a Rossana che proprio su questo blog ha pubblicato tempo fa un suo saggio su quel meraviglioso libro di Luisito Bianchi che è “La messa di un uomo disarmato”, libro che è anzitutto il teatro della lotta fra Parola e antiparola. Grazie.
Caro Sandro, non so se può essere interessante. Comunque, come suggerisce Gian Maria, riporto un brano di un lungo articolo che avevo scritto sul libro di Luisito Bianchi e che abbiamo anche pubblicato in questo blog con un post dal titolo "La resistenza come categoria interpretativa del vivere. Omaggio a Luisito Bianchi."
RispondiEliminaLa Parola è la gratuità, il disinteresse, l’amore fino alla sostituzione; l’antiparola è l’antigratuità, l’interesse, la guerra fino ai campi di sterminio, la violenza, l’oppressione, l’indifferenza… La vera separazione non è fra credenti e non credenti, ma fra parola e antiparola. “La Parola si è consegnata alla storia degli uomini accettando di essere irrisa, deformata, travisata, sostituita – poiché anche l’antiparola può mascherarsi da angelo di luce –, acconsentendo ad annichilirsi fino a scomparire. «L’obbedienza alla Parola, ripete l’abate, è nell’avvenimento. Debbo attendere che l’avvenimento si chiarisca, accettando l’incertezza dell’oggi come il mio modo attuale di obbedire alla Parola, senza precorrere nessun tempo. E’ una specie di profezia in speculo et in enigmate quella che sto vivendo. E la profezia presenta sempre aspetti oscuri che non possono essere illuminati a comando. La profezia scoppierà all’interno e si manifesterà nella realtà. Il lume a petrolio presso il mio giaciglio sta guizzando gli ultimi bagliori. Tam quam in caliginoso loco… Sento però distintamente i passi della sentinella. L’ascolto è possibile anche al buio… ». Il termine “avvenimento” ha una pregnanza particolare: non è il puro e semplice accadere delle cose, l’imprevisto imprevedibile. “L’avvenimento è il luogo in cui la Parola si affida al dire umano, si nasconde e si rivela nella parola umana, che diventa così traccia di una più alta Parola, rimando ad un Altrove da cui proviene e di cui è custode. Per questo rivelarsi nascondendosi la Parola richiede previamente il silenzio e l’orecchio affinato di chi sa attenderla e discernerla in mezzo alle altre parole. Solo all’interno di questa dinamica di ascolto e accoglienza la Parola realizza, infatti, la sua signoria, la sua sovranità su tutto quanto esiste e avviene”.