Umberto Eco ad Albenga presso il Liceo “G. Bruno”, in occasione del Premio letterario “C'era una svolta” 2011 |
Umberto Eco ad Albenga, presso il Liceo “G. Bruno”. Presidenza. |
Umberto Eco ad Albenga San Carlo, Palazzo Oddo |
L’altro giorno un caro amico mi ha ricordato un articolo che tempo fa -
era il 1987 - avevo scritto su “Il Biellese”. L’avevo sepolto nei meandri
della memoria. Ora l’ho qui davanti e lo rileggo con una buona dose di
autoironia, tanto cara ad Umberto Eco. Esprimevo alcune mie riflessioni su Il
nome della rosa che avevo letto d’un fiato e che avevo trovato oltremodo
affascinante e seducente. Proprio per questo aveva provocato in me
una reazione di ovvia ed aperta ammirazione, ma non scevra da un guardingo
sospetto, che nel corso della mia vita ho cercato sempre di conservare di
fronte ad ogni fascino seducente. E poi ho conosciuto Umberto Eco
nel 2011 quando il Liceo che dirigevo lo invitò a presiedere il concorso
annuale “C’era una svolta”.
E’ in quell’occasione che incontrai l’uomo: la
sua umanità, la sua saggezza, la sua imprevedibile inventiva, il suo bel
rapportarsi con i giovani, il suo sguardo sul mondo e sugli altri ricco di
indulgenza e tolleranza condite di fine ironia, ma anche - nei riguardi
di alcuni pubblici personaggi - di qualche irridente arguto strale, pienamente
condiviso. Un incontro per molti di noi, più che significativo e memorabile,
unico. Qualche giorno dopo una sua “bustina di Minerva” suggellava
l’incontro con il Liceo, quasi un inno di speranza nelle giovani
generazioni...
Umberto Eco ad Albenga, San Carlo, Palazzo Oddo |
Umberto Eco, Il nome della rosa |
Disegno del labirinto della cattedrale di Reims, XVIII secolo (Schema riprodotto sulla copertina de Il nome della rosa, ed. Bompiani). |
Labirinto di segni ed ermeneutica.
Da un pezzo
da novanta come Eco era lecito attendersi squarci di documentata cronaca, auree
briciole di filosofare, eloqui forbiti e generose dosi di opulenta erudizione.
Le variegate interpretazioni che la critica ne ha tratto, i sentimenti
contrastanti suscitati, le non sopite polemiche sono – soprattutto nel caso di
un’opera dal successo strepitoso con risvolti commerciali assai interessanti –
effetti dall’autore esplicitamente previsti, come si conviene a chi deve
conoscere l’ermeneutica e la psicologia e ben sa che la lettura è sempre un
soggettivo comprendere ed un interpretare in situazione. Ma non è questo a
suscitare curiosità o interesse, quanto piuttosto il coacervo di questioni ed
eventi dall’autore riferiti o dai protagonisti vissuti e patiti.
Perfetti catari amministrano il “Consolamentum”, XIII secolo |
La finzione letteraria di Eco pare suggerire la convinzione che si tratti di microstoria: la sua abbazia sarebbe il microcosmo che in sé ricapitolerebbe il macrocosmo dell’età a cui viene fatta appartenere. Per una sorta di transfert ne deriva l’immagine di un Medio Evo declinante, disperatamente tenebroso ed opprimente, dal quale giustamente la ragione, simboleggiata da Occam, anela ad emanciparsi nella catarsi finale del fuoco divoratore. E’ impresa di onestà intellettuale verificare tutto ciò, non abbandonando vicende e problemi al fantasioso arbitrio per quanto artisticamente riuscito della ricostruzione letteraria, ma rapportandoli al loro reale contesto storico. Solo così assumono tragica durezza o trovano in non pochi casi drastico ridimensionamento - cito a caso - il conflitto tra potere temporale e spirituale, i movimenti ereticali e la loro protesta sociale, il nostro fra Dolcino e la bella Margherita, inquisitori ed inquisiti, povertà evangelica ricercata e miseria imposta, streghe e demoni, superstizioni ed antisemitismo, frati gaudenti e sodomiti, aristotelici ed antiaristotelici, intellettuali organici e disorganici, curiali ed imperiali. Si tratta di operare una riflessione storiograficamente corretta di questo periodo storico, nella disponibilità a convertire i pregiudizi in postgiudizi.
Miniatura dal Codex Benedictus, Biblioteca Apostolica Vaticana, inizio XIII secolo |
Come si viveva veramente nei monasteri? Quali le condizioni e la mentalità della gente comune come noi? Le contraddizioni, gli errori, i peccati (soprattutto di intolleranza) erano il segno della fallibile nostra condizione umana o il prodotto di una religiosità inautentica ed alienante? Comprendere l’essenza della società sacrale, cogliere il tempo della Chiesa avviato al suo tramonto, penetrare nelle ansie teocentriche e negli aneliti autentici della Cristianità che fu è insieme riconoscerne l’identità, quanto alla sostanza, e l’estraneità, quanto alle forme ed ai modi, rispetto alla nostra esperienza di fede che, nella pienezza della cosiddetta secolarizzazione, non è più contrassegnata da conclamati sostegni visibili.
Festa in maschera, Salterio di Luttrell XIV secolo |
Così anche questo approccio al passato, come ogni seria lezione storiografica, può consentire di cogliere e vivere meglio il nostro presente, che non è né il tempo delle Chiesa né il tempo del mercante, ma piuttosto tempo di privazione del sacro e nostalgia dell’Assente, dove il credente è chiamato ad elaborare e vivere l’interpretazione non religiosa ma cristologica della fede e della salvezza.
Monaco cellario testa la qualità del vino, miniatura dal “Li Livres dou Santé” di Aldobrandino da Siena, fine XIII secolo |
Maestro e discepoli, miniatura della Vita di San Cutberto di Beda il Venerabile, XII secolo |
Tuttavia l’elogio dell’ironia, che occupa pagine interessanti, pare piuttosto l’apologia di una specie particolare. E’ l’ironia del seduttore - ci rammenta Kierkegaard -, è il riso dell’esteta, di colui che, pur non ignorando che il conflitto e le contraddizioni sono segni profondi della condizione umana, sceglie di giocare all’infinito con le creazioni del suo sogno e la maestria della sua parola, contemplando il tutto con raffinato piacere... Prende così corpo, dopo il fascino del primo approccio al libro, il sospetto che l’ironia di chi sa sedurre, profusa in actu exercito in ogni pagina, non disdegni di irridere, oltre i suoi fantasmatici frati e monaci, anche i suoi reali compiacenti lettori.
Post di Gian Maria Zavattaro
Iconografia di Rossana Rolando.
Un indimenticabile personaggio del nostro tempo. Ricordo una tesi sull'estetica, all'Accademia di Belle Arti, elaborata con l'ausilio del suo libro "Il problema estetico in Tommaso d'Aquino".
RispondiEliminaOttorino Stefanini
Gentile Ottorino Stefanini, in effetti nel 2011, per me, per i giovani e per i docenti della mia scuola, l’incontro faccia a faccia con Umberto Eco è stato un evento unico, irripetibile. E così permane anche il ricordo. Di Eco – a proposito di estetica – mi va anche di rammentare (dopo “Storia della bellezza”) la “Storia della bruttezza”, con il modo tutto suo, anch’esso irripetibile, di tessere l’apologia della bellezza. Anche questa capacità di tenere insieme i contrari la dice lunga sulla complessità intrigante della figura e dell’opera. Grazie per il suo commento sul blog, molto gradito.
RispondiEliminaGrazie, GianMaria, per questa condivisione.. Sicuramente esperienza indimenticabile per tutti, docenti e alunni..promotrice di sensibilità e cultura.
RispondiEliminaBuona domenica
Grazie a te di cuore Nele Nele per esserci a condividere con noi. Buona settimana.
RispondiEliminaSarà stata un'esperienza davvero significativa la presenza di Umberto Eco a scuola! Mi sono emozionata anch'io guardando le foto ... Grazie anche delle intriganti riflessioni su "Il nome della rosa". Buona giornata.
RispondiEliminaSì, anche molto gratificante per i docenti e gli alunni di tante altre scuole superiori sparse per l’Italia, nostri ospiti per l’occasione. Buon pomeriggio.
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