La condizione umana sotto il segno interdisciplinare della complessità, nel dialogo tra i saperi.
Post di Rosario Grillo. Sputnik 1, il primo satellite artificiale in orbita intorno alla terra. Immagine Nasa. |
Mi domando se non sia il tempo di parlare di un
nuovo cambio di paradigma, con la consapevolezza della crisi che ha interessato
i capisaldi della fisica newtoniana, della epistemologia e in generale delle scienze
all’inizio del ‘900. Nell’annuncio c’è la volontà di comprendere nel fascio
delle novità destabilizzanti l’area delle scienze sociali ed umane. (1)
È noto che negli interstizi di una crisi rovinosa -
ancora non sufficientemente studiata - il ritorno di fiamma di dottrine e/o
atteggiamenti inneggianti al “carattere tipico ed esclusivo di una nazione ha
spinto a parlare e straparlare di identità.
In particolare, i fautori di una sorta di etnicismo nazionale hanno difeso i
crismi di un’identità dirimente, che andrebbe salvaguardata in tutti i modi.
È opportuno, in proposito, notare che gli studi di
antropologia culturale hanno già da tempo trasmesso documenti ed argomenti
sugli incroci avvenuti tra i popoli, sul magmatico divenire delle culture.
L'ammasso aperto delle Pleiadi. Immagine Nasa. |
Ma ora è fondamentale gettare lo sguardo sulla
sostanza e sullo spessore dei mutamenti che interessano le identità dei popoli
e, dentro di essi, il sapere, i modi del conoscere, i tipi di conoscenza
scientifica, l’unità del sapere e, da qui, la pedagogia e la trasmissione del
sapere.
Azzardo una parola che rinvia ad un codice: complessità. Potrebbe essere il nuovo paradigma...
Ma non facciamone una questione di fondamento! Si rischia di sbagliare strada.
La complessità caratterizza, senza ombra di dubbio,
la nostra società attuale. Con essa intendiamo l’intreccio
(da plecto = intreccio) di diversi fattori costitutivi di una situazione, di un
ambiente, di una realtà.
Nella conoscenza storica si è educata una
dimestichezza con le situazioni intrecciate,
laddove la lettura della vicenda richiede sempre l’esame di un insieme di
elementi e la messa a fuoco della interazione. La sociologia, da tempo, non può
fare a meno di possedere le lenti adatte per leggere la “matassa” dei sistemi
sociali.
Nella biologia, dopo Darwin, si sono dovute coltivare abilità
finalizzate a fare chiarezza sul processo di evoluzione delle specie. Nella
fisica, con il principio di indeterminazione,
ci si è dovuti confrontare sull’interferenza del punto di vista
dell’osservatore. In tutto il pensiero scientifico ci si domanda se il mondo è una nostra costruzione
o esiste “in re”.
Modello di origine ed espansione dello spaziotempo. Immagine Nasa. |
Ritrovo, per dire la verità, l’annosa questione del
rapporto tra oggetto-soggetto, alla ricerca
di un nuovo equilibrio. Lontana l’epoca del realismo, nella quale era il
soggetto a recepire dall’oggetto i contenuti e le condizioni del conoscere (anche
se oggi esistono cultori di un “nuovo realismo”). Superata la stagione del
soggetto che pretendeva di possedere le chiavi o le possibilità della conoscenza (nella misura del
dualismo cartesiano o del trascendentalismo o dell’idealismo puro).
È, nelle condizioni attuali, piuttosto un sostenersi
a vicenda, una reciprocità che toglie via le
radici del dogmatismo, del positivismo e di uno spiritualismo “disincarnato”
(che fa a meno del corpo).
In chiave storiografico - sociologica, è l’aderenza
ad un’epoca globale, con tempo e spazio decisamente
dilatati.
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Galassie. Immagine Nasa ed Esa |
Al loro interno, trovo il segno di un abbassamento
dell’uomo dalla sua presunta centralità (“l’uomo misura di tutte le cose”)
assieme all’eterogenea scoperta delle immense energie e facoltà che l’uomo
possiede. Ed ancora: la presenza del divenire - evoluzione, è meglio -
nell’ambito del cosmo, della natura e delle specie viventi...
La dottrina di Darwin ha avuto il merito di fare già
il consuntivo, ma, nello stesso tempo, di rendere necessario il superamento di
certe “strozzature”. Così si è capito che l’evoluzione non avanza con percorso
omogeneo ma per salti e...parallelamente,
possiamo arguire che gli stadi culturali della civiltà umana non sono
cumulativi ma vanno a sbalzi.
Rappresentazione di un multiverso (ogni disco è un universo con costanti fisiche diverse da quelle degli altri) |
Mauro Ceruti propone di classificare quattro tipi di
umanità, comparsi sulla scena della storia.
L’umanità dell’homo sapiens, raccoglitore e
cacciatore per lungo tratto di tempo, è
il primo tipo. La seconda fase si è affermata con la rivoluzione
agricola, segno di un’attività sedentaria al seguito dello sviluppo
dell’agricoltura e del commercio. Già in quest’epoca le società si stringono in
un rapporto vitale con l’ambiente locale, e da esso si muovono con il gioco
delle parti in conflitto: per la difesa e/o conquista della terra. Le abilità
intellettive e cognitive, al loro interno, sono messe a frutto in tale “economia”
e il gioco delle parti dev’essere a somma zero: se vinco io, tu perdi e
viceversa.
Anche la terza stagione, apertasi nel 1492 con la
classica scoperta dell’America e con l’insieme dei viaggi transoceanici forieri
della rete dei traffici commerciali, frutto della conquista della natura e
delle genti, è contrassegnata da un gioco a somma zero (epigoni: l’Imperialismo
e le due guerre mondiali). (4)
Test ad alta precisione della relatività generale della sonda Cassini (elaborazione artistica). Immagine Nasa. |
Segno tangibile del bisogno di un quarto tipo di
umanità. Essa incarna l’uomo consapevole del suo essere
indefinito (Pico della Mirandola), ovverosia distolto
dall’antropocentrismo, solidale con il tu, amante della diversità, abitante di
un tempo e di uno spazio dilatati, attivamente coinvolto nella complessità tipica dell’era globale.
Fuori dall’antropocentrismo, egli saprà instaurare
un rapporto di profondo rispetto della natura, animata e inanimata, arginando
finché si è in tempo, la crisi ecologica incombente.
Con l’attitudine alla relazione,
l’uomo saprà creare la condizione per l’affiorare imprevedibile
della risposta ad ogni impasse (risorsa presente in ognuno) (6) e mettere a
frutto la sinergia e l’empatia (7).
L’interesse accogliente verso la diversità
arricchisce il patrimonio genetico sia delle parti sia del tutto, predispone all’unità,
intesa non come sommatoria ma come organicità.
A far da guida, non il criterio della
ottimizzazione, che è sempre apriorismo esclusivo e discriminante, ma il
criterio della disponibilità, ovvero apertura alla novità, alla sorpresa,
all’innesto, al caso. (8) (9)
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🌟Note.
1. Ambito nel
quale si è scatenata una disputa ideologica. Il mio è un tentativo di replica
all’uso ed abuso che sul terreno politico si fa di concetti come: identità,
integrazione, multilateralismo, diversità.
2. M. Ceruti, Il
tempo della complessità, Raffaello Cortina
3. Si vedano gli
studi di Ilya Prigogine
4. È noto che la
politica dell’equilibrio (Balance of power) cercava di contenere la crisi esplosiva del sistema
internazionale.
5. Anche la
guerra fredda presumerà di contenerne la possibilità. Del resto, il
contenimento delle armi nucleari non ha potuto impedire lo scoppio di una molteplicità
di guerre locali ("la guerra a pezzetti" di cui ci parla Francesco I , come
terza guerra mondiale).
6. Non ci sarà
più essere superiore e inferiore, popolo sviluppato e sottosviluppato.
7. Accenno appena
alla fecondità del metodo pedagogico che ne potrà derivare, prospettandosi un
apprendimento attraverso la curiosità e la creatività , senza disciplina e
meritocrazia, in armonia con la natura e senza intralci di tecnicismi.
8. Occorrerà
giungere ad un approccio diverso al caso, che
non lo concepisca più come il frutto dell’arbitrio irrazionale - più o meno una
diavoleria - che lo contempli invece nel seno della Libertà
dispensata da Dio all’universo e che è terreno della creazione continua .
9. Rimando a: https://twitter.com/chiavesophia/status/1133764558143873024?s=21
Che bell'articolo hai scritto Rosario! Trattando con competenza uno fra gli argomenti insieme più interessanti e difficili da maneggiare: la complessità. Conosco di fama Mauro Ceruti e anch'io mi sono imbattuto qualche volta in alcune delle meraviglie di cui dài conto nel tuo scritto, dal paradigma di Kuhn al principio di indeterminazione di Heisenberg. Se posso consigliare anch'io un libro ai più giovani, mi permetto di segnalare "Formicai, Imperi, cervelli" di Alberto Gandolfi (Bollati Boringhieri). Di certo è un po' datato, ma è un esempio di chiarezza e abilità divulgativa. Ancora complimenti, un caro saluto.
RispondiEliminaTi ringrazio! Molto affascinante, e diciamo pure con linguaggio pedagogico: propulsivo ed attivante, il discorso di Ceruti, che , come d’abitudine rischia di essere un “ isolato” in Italia.
EliminaDa tempo remoto si parla di interdisciplinarità in Italia, ma si resta agli annunci... e, quel che conta, nelle Università tutto resta all’impianto ormai obsoleto.
Purtroppo che tu abbia ragione lo constatiamo ogni giorno...
EliminaGreat blog yyou have
RispondiEliminaGrazie!
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