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giovedì 17 ottobre 2019

L’arte di ascoltare (e di tacere).

Alla scuola di un classico: Plutarco insegna il significato del saper tacere (condizione del saper ascoltare).
Post di Rossana Rolando
Immagini delle opere di Fabio Inverni (qui il sito).

Il primo passo per vivere bene
è saper bene ascoltare¹.

Fabio Inverni, 
Furto d'artista
(Ragazza con l'orecchino di Jan Vermeer)
La natura ci ha fornito “un paio di orecchie, ma una lingua soltanto, per costringerci ad ascoltare di più e a parlare di meno”². L’affermazione di Plutarco (46 d.C. – 127 d.C.), contenuta nel trattatello dal titolo L’arte di ascoltare (e di tacere), stabilisce subito una stretta relazione tra la facoltà di ascoltare e la capacità di tacere, ponendo la seconda come presupposto della prima.
Non mi soffermo sui molti aspetti, anche godibilissimi, di questo piccolo manuale rivolto ai giovani - e non solo - perché siano educati all’ascolto della sapienza filosofica. Vorrei soltanto individuare alcuni motivi per cui la disposizione a tacere viene considerata un’arte e viene posta alla base dell’ascoltare.

“Coltivare il silenzio”³.
Tacere non indica soltanto l’atto fisico del non parlare, così come il silenzio non è soltanto la negazione di qualcosa (chiasso, rumore, parola vana).
L’esercizio del silenzio è anche, positivamente, l’apertura di uno spazio in cui è possibile ricevere una parola altra, che proviene da “fuori”. E può essere la parola della poesia, della filosofia, dell’arte, della musica o la parola detta da un’altra persona, fino alla parola che viene presuntivamente dall’Alto. Per questa trascendenza del messaggio, che supera il cerchio chiuso della propria soggettività, si parla di una “religiosità del silenzio”.

Il silenzio non è un vuoto da riempire.
Fabio Inverni, 
Luce silente
Nessuna risposta può essere recepita se non vi è prima una domanda. Nello stesso modo ogni vero ascolto nasce da una richiesta implicita o esplicita:  “La parola, infatti, è una risorsa per chi ascolta come lo è la luce per chi vede, a patto che ci sia il desiderio di recepirla”.
L’ascolto – come l’apprendimento – non si identifica con l’atto passivo del riempire, quanto piuttosto con il dinamico movimento dell’accendere: “La mente non è un vaso, del resto: non necessita di essere riempita; essa, piuttosto, come legna vuole del combustibile, per innescare l’impulso inventivo e lo sforzo verso la verità”.

Tacere è con-tenere.
Plutarco loda chi sa mantenere i segreti: “Non c’è parola detta che abbia giovato quanto le molte taciute: c’è sempre modo, infatti, di dire ciò che si è taciuto, ma non di tacere ciò che si è detto e che ormai è già fuoriuscito e va diffondendosi”.
Tuttavia - si può aggiungere, sulla scorta di altri passi -  l’ascoltare è sempre anche un “trattenere” (intra-tenere: fermare dentro di sé), un “con-tenere” (cum-tenere: tenere insieme), anche quando non siano in gioco questioni segrete. Altrimenti, senza questa capacità di contenimento, le parole  - siano pure le più sapienti - non attecchiscono, si riducono a chiacchiera, scivolano di dosso rimbombando qua e là come zucche vuote.

Far tacere l’infantilismo.
Fabio Inverni, 
Ricordi d'infanzia
Quando si ascolta, dice Plutarco, è bene sapere come porre le domande, per evitare di spostare la conversazione su altri argomenti, mettendo in imbarazzo chi parla; è opportuno ovviare alla tentazione di intervenire “troppo e troppo spesso”, per non incorrere in un altro atteggiamento tipico di chi ostenta;  è consigliabile, infine, rifuggire dal comportarsi come certi giovincelli che “per fare i capziosi e dare sfoggio della loro preparazione” spingono l’interlocutore a soffermarsi su  questioni minute e quisquilie .
L’ascolto, di cui parla Plutarco, supera dunque il piano psicologico del bisogno di riconoscimento, che si manifesta già da bambini nello sforzo continuo di attirare l’attenzione su di sé.
Il vero ascolto – così concludo – è frutto di un atteggiamento adulto di maturazione umana e interiore. 

Note. 
1. Plutarco, L'arte di ascoltare e di tacere, Garzanti, Milano 2018, p. 44.
2. Ibidem, p. 13.
3. Ibidem, p. 89.
4. Ibidem, p. 53 e 59.
5. Ibidem, p. 14.
6. Ibidem, p. 43.
7. Ibidem, p. 59.
8. Ibidem, p. 47.
9. Ibidem, pp. 25, 27.

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6 commenti:

  1. Chiarissima e illuminante la lezione sull'ascolto proposta dal video, quasi da esame di coscienza...
    Ma non meno interessanti i brani di Plutarco che ci hai proposto, cara Rossana! Il silenzio non è un vuoto...l'ascolto non si identifica con l'atto del riempire ma con l'accendere...ascoltare è trattenere...superando il bisogno di riconoscimento. E via dicendo!
    Spunti di riflessione molto concreti e sempre opportuni.
    Grazie di cuore e un grande abbraccio!!!

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  2. Cara Annamaria, il tema è antico e sempre nuovo: lo testimoniano pubblicazioni anche recenti. E' uscito quest'anno il libro "Esplorare il silenzio" di Nicoletta Polla - Mattiot ("un viaggio corale nel territorio ignoto dell'ineffabile, condotto da un gruppo pluridisciplinare di studiosi convinti che il silenzio abbia molto da raccontare"). [img]https://img.ibs.it/images/9788899438593_0_0_520_75.jpg[/img]
    Grazie a te, un grande abbraccio.

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  3. Felice la scelta dell’argomento ed ancor più azzeccata la scelta del classico Plutarco.
    Ne è uscita una magistrale lezione di pedagogia e, in senso lato, di educazione civica.
    Sempre al top, Rossana!

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    1. Grazie Rosario. Sei molto gentile e il tuo giudizio è per me importante. Un caro abbraccio.

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  4. Cara Rossana, sottoscrivo il precedente commento di Rosario. Aggiungo che il post contiene soprattutto magistrali considerazioni di psicologia individuale e sociale. Un abbraccio.

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  5. Mi fa piacere questa tua considerazione. In effetti il saggio di Plutarco è ricco di descrizioni su comportamenti e dinamiche psicologiche che ho voluto, almeno in parte, riprendere e che non sono per nulla fuori tempo (i classici!). Un caro abbraccio.

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