La porosità come categoria interpretativa di un modo di essere e di pensare.
Post di Rosario Grillo
Immagini di Giandomenico Tiepolo (1727-1804).
Poros è parola greca polisemantica. Nella vicenda
mitologica, ripresa da Platone, concorre con Penia alla generazione di Eros. Il
quale, assumendo le proprietà dei genitori, è spinto ad elevarsi di continuo.
L’amore non è statico, bensì dinamico.
Nell’accezione di poro sensibile, è presente nella fisica degli atomisti da Leucippo a Democrito, visto che gli atomi principi dell’essere, unità indivisibili, sono costituiti di pori che riproducono le immagini degli urti che il loro movimento determina. L’atomismo batte la strada del meccanicismo.
Da tali urti discendono le impressioni sensibili e le immagini (eidola) mentali che le riproducono.
Già questi indizi bastano a metterci sulla scia della porosità, una qualità che implica penetrabilità e permeabilità. I pori sono la caratteristica di un tipo di roccia, il tufo, che ha caratteristiche opposte al marmo, visto che risulta porosa, suscettibile di sgretolamento ma indicata per le costruzioni nei paesi caldi, laddove si trova in abbondanza nelle cave.
La coincidenza di sostanza e luogo interpella una caratteristica antropologica della gente meridionale: la porosità.
In modo particolare, è stata riconosciuta tipica del
popolo napoletano. Su di essa, di primo acchito, riprendo la descrizione
fattane da Erri De Luca. In Tufo, l’Autore mette in risalto la vulcanicità
della società partenopea. Come un vulcano allo stesso tempo è in grado di
distruggere e creare, così la lava porta, come fuoco, la morte e, ridotta a
materia inerte, è ingrediente della fertilità della campagna circostante.
Stiamo prendendo confidenza con la virtù metamorfica della porosità.
La variabilità, la si trova rappresentata nella maschera tipica dei napoletani: Pulcinella. Personaggio della commedia dell’arte, Pulcinella porta alla fama la capacità di mutare in risorsa la condizione triste di base, la capacità di ridere del dolore.
Su questo è necessario concentrarci, per assumere non tanto una abilità dialettica - dialettica richiama sempre l’unità degli opposti - ma la dinamica di mutamento, l’arco di sviluppo, il potenziale.
La porosità s’imprime addirittura nella forma urbana della città di Napoli. A dirlo, gli intellettuali della regione. Così ne scrive Lucio Saviani : “Poros è, nella lingua che ha dato il nome a Napoli, “passaggio “, “guado”, “adito”, ma anche “ mezzo per passare”, “espediente per accedere”, dunque “entrata”, anche nel senso di “risorsa” e di “acquisto”. Da Poros hanno origine appunto, i “pori”, ma anche la “Porta” e il “Porto”, così come una situazione “senza via d’uscita” - come negli attraversamenti chiusi di cui parlava Masullo, quei vicoli ciechi - è quella dell’ “aporia”.
Al poros, inteso
invece nel senso di risorsa e di acquisto si apre invece la parola “emporio”.
A questo particolare senso di poros sembra ricondursi, a guardar bene, la
recente interpretazione della ricchezza legata non tanto alla proprietà quanto
all’ “accesso” (1).
Campano era G.B.Vico, il filosofo della “storia ideale eterna”. Scienza Nuova per eccellenza, perché riconosce all’uomo la “degnità” di “fattore”. Il compianto Aldo Masullo ha confermato il riconoscimento di Benedetto Croce: Vico, soggetto apparentemente appartato ed isolato, è protagonista del pensiero moderno quando attribuisce all’uomo la facoltà di “fabbricatore della storia”. (2)
Potremmo risalire allo stesso Giordano Bruno, nato a Nola, e mettere in vista, dentro la sua filosofia, l’insieme combinato di ragione ed immaginazione.
Proseguendo, comunque, sulla via del cangiante ed insistendo sul paradigma della città di Napoli, risulta confermato il carattere di non definito che presenta la città, sia negli interni: per il succedersi del decrepito e dell’ornato dentro i suoi palazzi, sia per l’insieme, quando l’assetto urbanistico conserva la provvisorietà. (3)
Della porosità parlò Benjamin, richiamato in nota, che frequentò Napoli, spinto dalla moda del Grand Tour, ma anche alla ricerca delle tipologie delle grandi città (4) e fece un tirocinio prima dell’allestimento dei Passages parigini.
Andrea Cortellessa ha ripreso i contorni del
“momento magico” durante il suo soggiorno a Capri del 1924, pubblicando su Antinomie
un estratto dello scritto del filosofo, accompagnato da ulteriori spunti che
Elenio Cicchini ha dedicato al tema porosità. Negli stessi vengono
confermati la predisposizione all’improvvisazione, alla teatralità, alla
gestualità: tutte “maniere” conosciute ed interpretate dai napoletani (De
Filippo, Troisi).
Chiudo con una nota mia. La porosità è abito della gente meridionale, che, commisurato ai climi caldi (leggerezza e traspirazione), può rappresentarne la giovialità triste, la predisposizione allo scambio.
✴️ Note.
Immagini di Giandomenico Tiepolo (1727-1804).
Giandomenico Tiepolo, L'altalena di Pulcinella, Ca' Rezzonico, Venezia |
Nell’accezione di poro sensibile, è presente nella fisica degli atomisti da Leucippo a Democrito, visto che gli atomi principi dell’essere, unità indivisibili, sono costituiti di pori che riproducono le immagini degli urti che il loro movimento determina. L’atomismo batte la strada del meccanicismo.
Da tali urti discendono le impressioni sensibili e le immagini (eidola) mentali che le riproducono.
Già questi indizi bastano a metterci sulla scia della porosità, una qualità che implica penetrabilità e permeabilità. I pori sono la caratteristica di un tipo di roccia, il tufo, che ha caratteristiche opposte al marmo, visto che risulta porosa, suscettibile di sgretolamento ma indicata per le costruzioni nei paesi caldi, laddove si trova in abbondanza nelle cave.
La coincidenza di sostanza e luogo interpella una caratteristica antropologica della gente meridionale: la porosità.
Giandomenico Tiepolo, Pulcinella e i saltimbanchi, Ca' Rezzonico, Venezia |
Stiamo prendendo confidenza con la virtù metamorfica della porosità.
La variabilità, la si trova rappresentata nella maschera tipica dei napoletani: Pulcinella. Personaggio della commedia dell’arte, Pulcinella porta alla fama la capacità di mutare in risorsa la condizione triste di base, la capacità di ridere del dolore.
Su questo è necessario concentrarci, per assumere non tanto una abilità dialettica - dialettica richiama sempre l’unità degli opposti - ma la dinamica di mutamento, l’arco di sviluppo, il potenziale.
La porosità s’imprime addirittura nella forma urbana della città di Napoli. A dirlo, gli intellettuali della regione. Così ne scrive Lucio Saviani : “Poros è, nella lingua che ha dato il nome a Napoli, “passaggio “, “guado”, “adito”, ma anche “ mezzo per passare”, “espediente per accedere”, dunque “entrata”, anche nel senso di “risorsa” e di “acquisto”. Da Poros hanno origine appunto, i “pori”, ma anche la “Porta” e il “Porto”, così come una situazione “senza via d’uscita” - come negli attraversamenti chiusi di cui parlava Masullo, quei vicoli ciechi - è quella dell’ “aporia”.
Giandomenico Tiepolo, Pulcinella innamorato, Ca' Rezzonico, Venezia |
Campano era G.B.Vico, il filosofo della “storia ideale eterna”. Scienza Nuova per eccellenza, perché riconosce all’uomo la “degnità” di “fattore”. Il compianto Aldo Masullo ha confermato il riconoscimento di Benedetto Croce: Vico, soggetto apparentemente appartato ed isolato, è protagonista del pensiero moderno quando attribuisce all’uomo la facoltà di “fabbricatore della storia”. (2)
Potremmo risalire allo stesso Giordano Bruno, nato a Nola, e mettere in vista, dentro la sua filosofia, l’insieme combinato di ragione ed immaginazione.
Proseguendo, comunque, sulla via del cangiante ed insistendo sul paradigma della città di Napoli, risulta confermato il carattere di non definito che presenta la città, sia negli interni: per il succedersi del decrepito e dell’ornato dentro i suoi palazzi, sia per l’insieme, quando l’assetto urbanistico conserva la provvisorietà. (3)
Della porosità parlò Benjamin, richiamato in nota, che frequentò Napoli, spinto dalla moda del Grand Tour, ma anche alla ricerca delle tipologie delle grandi città (4) e fece un tirocinio prima dell’allestimento dei Passages parigini.
Giandomenico Tiepolo, La partenza di Pulcinella, Ca' Rezzonico, Venezia |
Chiudo con una nota mia. La porosità è abito della gente meridionale, che, commisurato ai climi caldi (leggerezza e traspirazione), può rappresentarne la giovialità triste, la predisposizione allo scambio.
✴️ Note.
(1) Poros. Idee
di Napoli... a cura di Lucio Saviani, p. 76.
(2)“Nella filosofia vichiana, che in quanto “storicismo” può non problematizzare il movimento orizzontale della temporalità, resta tuttavia fortissimo il senso della verticalità. Per essa, infatti, i popoli debbono scendere fino al punto infimo della loro decadenza per poter iniziare la risalita e indirizzarsi verso l’alto. Ciò attesta la complessità dell’idea di storia, maturata nel fervore della cultura napoletana, e l’ardita acutezza del venirvi pensata la condizione storica dell’uomo non come semplice vicenda temporale ma come laborioso impegno per dare forma al proprio esistere “Napoli: siccome immobile, di Aldo Masullo e C. Scamardella, p. 36.
(3) Benjamin in Immagini di città così la descrisse “L’architettura è porosa come questa roccia. Edifici e azioni si trasformano gli uni nelle altre in cortili, arcate, scalinate. A tutto si lascia lo spazio per divenire teatro di nuove costellazioni mai viste prima. Si evita il definitivo, il codificato. Nessuna situazione, così com’è, sembra pensata per sempre, nessuna forma impone: ’così e non altrimenti’ ”.
(4) W.Benjamin, Immagini di città.
(2)“Nella filosofia vichiana, che in quanto “storicismo” può non problematizzare il movimento orizzontale della temporalità, resta tuttavia fortissimo il senso della verticalità. Per essa, infatti, i popoli debbono scendere fino al punto infimo della loro decadenza per poter iniziare la risalita e indirizzarsi verso l’alto. Ciò attesta la complessità dell’idea di storia, maturata nel fervore della cultura napoletana, e l’ardita acutezza del venirvi pensata la condizione storica dell’uomo non come semplice vicenda temporale ma come laborioso impegno per dare forma al proprio esistere “Napoli: siccome immobile, di Aldo Masullo e C. Scamardella, p. 36.
(3) Benjamin in Immagini di città così la descrisse “L’architettura è porosa come questa roccia. Edifici e azioni si trasformano gli uni nelle altre in cortili, arcate, scalinate. A tutto si lascia lo spazio per divenire teatro di nuove costellazioni mai viste prima. Si evita il definitivo, il codificato. Nessuna situazione, così com’è, sembra pensata per sempre, nessuna forma impone: ’così e non altrimenti’ ”.
(4) W.Benjamin, Immagini di città.
Saggio intrigante il tuo, caro Rosario, e pensoso, soprattutto se riferito alla presente temperie. ”La virtù metaforica della porosità…, la capacità di mutare in risorsa la condizione triste di base…, la capacità di ridere del dolore…, la caratteristica antropologica della gente meridionale”! Chiudo anch’io con una nota personale: mi sembra il tuo un inno alla speranza, prodromo di quella speranza che oggi, domenica dell’Ascensione (ed ancor più la settimana di Pentecste) ci sollecita ad abbracciare. Interpreto il tuo post come invito a convertirmi, convertirci “all’abito della gente meridionale, alla leggerezza e traspirazione, alla giovialità triste, alla predisposizione allo scambio”, porta ed entrata per procedere ben oltre…. Buona domenica.
RispondiEliminaMi ha colpito che il “ malinconico Benjamin , dopo resistenza, si sia sentito attratto dalla porosità. . Il tuo è un invito a ripercorrere il tracciato della ibridazione nord sud dai tempi dei Greci e dei Romani. Ma, per farla breve, la virtù del “cuore caldo “ delMediterraneo è proprio la “penetrabilita’ “ : in essa accoglienza e dono... Buona Pentecoste!
RispondiElimina