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domenica 8 giugno 2014

Siamo individui o persone?



Piccolo viaggio nei significati...
(Egon Schiele, Barca da pesca)
Individuo o persona? 
(Egon Schiele, Tre uomini)
Il termine "persona" indica forse, in origine,  
la maschera dell'attore, il personaggio rappresentato ...
ma cosa significa veramente?
(Egon Schiele, Ritratto di Friederike Beer)
Nell’uso comune si utilizzano i termini individuo e persona in modo interscambiabile. A ben vedere però, le due parole nascondono due modi diversi di pensare l’uomo. Il concetto di individuo indica un mondo chiuso in se stesso, quello di persona concepisce l'identità di ciascuno in modo dialogico, come risultato di relazioni. Proponiamo un'interpretazione che volutamente radicalizza la differenza o addirittura l'opposizione…

L'individuo è uno tra tanti.
(Egon Schiele, Alberi)
La persona è quello sguardo 
unico e irripetibile.
(Egon Schiele, Donna addolorata)
L’individuo è uno tra tanti: è una stella tra tante stelle, una spiga tra tante spighe, un animale tra tanti animali, un uomo tra tanti uomini, un identico valore …
La persona è unica, irripetibile, originale, senza prezzo.

Individuo è qualsiasi cosa non divisa in se stessa e divisa da ogni altro essere: questa pietra, questo fiore, questa quercia.
Persona è solo quell'essere dotato di coscienza e di ragione che chiamiamo uomo.

L’individuo è all’interno di un genere.
La persona emerge, sporge, non è inglobabile in una totalità. 

L'individuo è come un'isola.
(Egon Schiele, Sole d'autunno)
La persona è come un ponte.
(Egon Schiele, Ponte)
L’individuo è un'isola, un atomo, una monade senza porte né finestre. 
La persona è un ponte, una relazione, un rapporto, un legame, un "essere con".

L’individuo è soltanto se stesso, un solo unico filo.
La persona è quel punto particolarissimo in cui si incrociano tutti i fili dell’universo.

L’individuo è uno.
La persona è una e molteplice insieme.

La persona è una e molteplice insieme...
(Egon Schiele, Ritratto di donna)
...come una terra dai molti colori... 
un intreccio di incontri, 
esperienze, confronti.
(Egon Schiele, Campo del paesaggio)
L’individuo può essere adoperato come mezzo, come strumento per raggiungere un fine.
La  persona non è mai soltanto un mezzo, è un fine in se stessa. 

L’individuo può decidere di non amare. 
La persona si definisce tale perché ama. 

L’individuo è solo contro tutti.
La persona è sola, ma con tutti.

L'individuo non esce da sé ...
(Egon Schiele, Autoritratto)
La persona è in cammino verso gli altri.
(Egon Schiele, Conversione)
L’individuo è chiusura, monologo, ripiegamento su di sé.
La persona è apertura, dialogo, uscita da sé.


L’individuo riduce il tu all’io, come se fosse un altro io.
La persona è l’io che nasce dal confronto con il tu, con il volto dell’altro.

L'individuo riduce l'altro all'io.
(Egon Schiele, Autoritratto)
La persona si fa carico dell'altro.
(Egon Schiele, Agonia)
L’individuo è libero.
La persona è responsabile.

L'individuo è  dato, fissato, definito qui ed ora.
La persona è tensione, progetto, autosuperamento.

Individui si è... 
persone si diventa.

La persona è quello che progetta di essere.
(Egon Schiele, Autoritratto)
La persona è conquista.
 (Egon Schiele, Ritratto)
Senza alcuna pretesa esaustiva, proponiamo alcune tracce orientative sui diversi autori che hanno sviluppato il tema oggetto di questo post. La riflessione sulla persona, in contrapposizione al concetto di individuo e alle sue derive individualistiche, può essere principalmente ricondotta a tre filoni di pensiero:
  • L’originale riflessione sulla persona condotta da Jacques Maritain (1883-1972) - filosofo francese neotomista - e il personalismo fondato da Emmanuel Mounier (1905-1950), sviluppatosi in Francia intorno agli anni Trenta con la rivista Esprit (1932). In questo orizzonte si collocano anche autori come Charles Peguy (1873-1914), Nicolaj Berdjaev (1874–1948), Gabriel Marcel (1889-1973), e Simone Weil (1909-1943).
  • Accanto a questo filone si può considerare la filosofia neoebraica del Novecento, anche detta filosofia del dialogo, che ben si collega al concetto di persona come frutto di una relazione dialogica. I nomi più noti sono quelli di Martin Buber (1878-1965),  Franz Rosenzweig (1886-1929) ed Emmanuel Lévinas (1906-1995).
  • L’impostazione dialogica è propria anche di un terzo settore della filosofia contemporanea, quello ermeneutico. In questo ambito segnaliamo in particolare il pensiero di Hans-Georg Gadamer (1900-2002) e di Paul Ricoeur (1913-2005), il primo influenzato prevalentemente da Martin Heidegger, il secondo da Karl Jaspers.
In Italia, tra  i pensatori più significativi sul tema della persona e sulla centralità della relazione nella costruzione del sé, segnaliamo Luigi Pareyson (1918-1991), Armando Rigobello (nato nel 1924), Virgilio Melchiorre (nato nel 1931) e, nell’area genovese, Alberto Caracciolo (1918-1990).

Su questo blog sono già stati riservati diversi interventi agli autori sopracitati: Berdjaev è stato presentato in un post (7 settembre 2013), Emmanuel Mounier, il rapporto tra Maritain e Mounier, Peguy, Simone Weil e Martin Buber  sono stati oggetto di riflessione nelle "pagine" (segnalate a lato di ogni post).


Quale significato vogliamo abitare? 
Siamo persone o individui?
 (Egon Schiele, Casa)
Le immagini di questo post riproducono opere di Egon Schiele, pittore austriaco, espressionista, vissuto tra il 1890 e il 1918. 

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4 commenti:

  1. Bella discussione! Resta da capire qual'è il propellente necessario , l'energia che consente il cammino da individuo a persona. E poi, nasciamo individui con l'opportunità di morire persone grazie a questo cammino? e questa energia, è l'Altro che c'è in ognuno?

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    Risposte
    1. Caro Giuliano, non ho affatto la pretesa di poter rispondere ai tuoi interrogativi terribilmente seri. Sono convinto che ognuno debba trovare da sé la risposta. Posso, al più e semplicemente, comunicarti alcune riflessioni - punti fermi per me - sulla stregua del personalismo di Mounier al quale mi sono ispirato sin dagli anni universitari. La persona è indefinibile: non sopporta una definizione statica, che rischierebbe di sclerotizzare ciò che invece è mobile dinamico fluttuante, trasformando il soggetto in oggetto La persona non è un'entità, un ideale, ma una fonte di energia e di creazione, un'esistenza articolata sul mondo attraverso il bisogno, l'amore e l'azione, ‟un movimento incrociato di interiorizzazione e di dono". E non si lascia rinchiudere nell'opposizione fra l'Io e gli Altri, perché l'amore non è un sentimento che si aggiunge alla vita, ma è costitutivo della vita umana. Proprio in questo la persona si distingue dall'individuo: è capace di legarsi liberamente ad altri attraverso valori che contano più della vita e supera l’individuo solo dandosi agli altri e aderendo a valori trascendenti. L'individuo tende verso la dissoluzione nel mondo anonimo del ”si-on”, i suoi tratti sono la dispersione e l’avarizia. La persona è scelta, è generosità: un orientamento ed una polarizzazione esattamente inversi. Al limite l'individualità è la morte; inversamente, la persona tende a collegarsi agli altri fino alla comunione, di modo che ‟al limite, essere è amare". Pur non cessando mai di esaurire il mistero della persona, possiamo parlare di “esistenza incorporata”, sempre “situata”, di persona come progetto, impegno, engagement. Il suo vero modo di essere si costruisce progressivamente e si afferma gradualmente in un cammino legato alle decisioni esistenziali di ognuno, le quali passano tutte attraverso la relazione, l’incontro con l’altro, il dialogo io-tu. Proprio per questo la comunicazione è al centro dell’universo personale e si oppone all’individualismo,“metafisica della solitudine integrale”. La dialettica di interiorità ed esteriorità segna dall’’inizio alla fine la vita personale: dialettica tra vita privata e vita pubblica, dialettica tutta racchiusa tra il mondo della parola ed il silenzio, tra polo politico e polo profetico, l’uno e l’altro essenziali.

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  2. Caro professore,
    ho letto con piacere questa sua riflessione.
    Penso che il concetto di persona sia intimamente legato a quello di comunità e di bene comune: persona e comunità sono due realtà complementari, che reciprocamente acquisiscono senso e significato.
    Non a caso il bene comune è stato rappresentato- penso in particolare a Zamagni- come il prodotto dei "beni" delle persone: ora, se il bene comune è un prodotto ed un fattore valesse zero, ecco che cade tutta la moltiplicazione... Questo ci porta a concludere che senza la persona non c'è bene comune, che la persona acquisisce nella relazionalità il suo profondo significato.
    Non le riporto qui, perchè non ho i testi a portata di mano (li ho a casa e ora scrivo da Genova), le definizioni di "persona" che, ad esempio, fornisce Maritain sia in "Umanesimo Integrale, sia ne "La filosofia dell'educazione": entrambe mi confortano in queste mie affermazioni.
    Se, allora, scopriamo che è la relazionalità uno dei cardini del concetto di "persona", dobbiamo pure definire la legge che la regola: io, come sa, penso che questa debba essere la legge dell'amore.

    Io, poi, penso che ci sia un legame tra la visione personalista a cui posso dire di far riferimento e la teologia del Corpo Mistico di Cristo, che ha delle straordinarie implicazioni sociali... Se una parte soffre, anche le altre ne risentono; ogni parte è unica e inimitabile in ciò a cui è chiamata...

    E poi pongo alla sua attenzione, in forma di flash, un altro punto: il rapporto tra persona, bene comune, "civiltà dell'amore", secondo quanto afferma Mt 22, 37-40 !
    "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. 3E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso"; l'indissolubilitò, dunque, tra amore per Dio e amore per il prossimo.. Il Novecento ci ha tristemente insegnato che, quando l'amore per il prossimo si è staccato da quello per Dio, sostituito da altri fini (il riscatto di classe (comunismo) la nazione (nazifascismo) i soldi e il successo (capitalismo), i risultati sono stati tragici... Partendo da valori che, intesi in chiave strumentale e non finale, possono essere positivi (l'eliminazione delle diseguglianze sociali, la promozione dell'identità di un popolo, la circolazione del denaro, la voglia di emergere) si è giunti ad aberrazioni che sono costate e ancora oggi (ebbene si, perchè le vittime non sono solo i morti nei lager o nei gulag, ma anche i molti che in molte altre parti del mondo- anche da noi- non hanno di che mangiare) costano milioni di vite umane... Ecco, allora, l'attualità della "civiltà dell'amore", preconizzata dal grande Paolo VI, di cui ogni uomo di buona volontà è chiamato ad essere testimone ed artefice.
    So che insisto sempre su quello, ma non penso ci siano altre vie d'uscita...
    Sono pure consapevole che sia un'utopia, ma sono altrettanto convinto che sia un paradigma a cui dobbiamo cercare di avvicinarci sempre più...
    Un caro saluto,
    grazie per l'attenzione,
    Marco

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    Risposte
    1. Caro sig. Marco, il Suo intervento, puntuale ed illuminante come sempre, mi offre l’occasione per una riflessione sul personalismo di matrice mouneriana al quale come Ella sa, si ispira il titolo di questo blog. Non a caso il prossimo post sarà “società degli individui - comunità delle persone”, a completamento e coronamento di questo. Ha ragione: non si può pensare la persona senza la comunità. Io traggo questo convincimento proprio dal personalismo comunitario che si ispira a Mounier (il quale risente non poco del neotomismo dell’amico e “maestro” Maritain) che ritengo possa essere compreso e condiviso da tutti, credenti e non credenti, pur con motivazioni ed angolature diverse. E questo proprio perché l’aspirazione alla “civiltà dell’amore” è un anelito insopprimibile. Scriveva Mounier: “L'atto d'amore è la più forte certezza dell'uomo, il cogito esistenziale irrefutabile: amo, dunque l'essere è e la vita vale la pena di essere vissuta". Il personalismo non è una filosofia delle idee, non è una dottrina particolare, ma una filosofia provvisoria destinata, secondo la stessa opinione di Mounier, ad essere superata con la progressiva realizzazione della persona e della comunità: insomma la strada verso un modo nuovo di riflettere e di agire. Mounier stesso definiva il ruolo storico del personalismo come ‟una reazione della filosofia dell'uomo contro l'eccesso della filosofia delle idee e l'eccesso della filosofia delle cose". E’ incontestabile che abbia attinto dal Vangelo la sua sovra-motivazione, ma non è “un calco ideologico del cristianesimo”: pur mantenendo l’imprinting della sua origine cristiana, ha svolto un ruolo ecumenico attraverso proposte filosofiche-politiche-culturali cui hanno aderito tanto i credenti di diverse confessioni quanto gli agnostici. Penso a Weil, Berdjaev, Ricoeur, Buber, Lévinas, Lahbabi... Perché? Il personalismo si presenta volutamente come anti-ideologia: “La meta del personalismo è l'universale nell'uomo e nell'umanità - il che non appartiene a nessuna ideologia" (cfr. J. Lacroix, Il personalismo come anti ideologia, Mi, 1974, p. 39). Non c’è contraddizione tra l'origine cristiana e occidentale del personalismo e la sua vocazione a costituire un discorso comune a culture e religioni differenti, se si accetta che il movimento di personalizzazione conferisce senso alla storia dell'umanità. Penso infine ai documenti del Concilio Vaticano Il, che riprendono il linguaggio di teologi o economisti personalisti (Chenu, Lebret, Perroux..); penso anche a Garaudy (da giovane stupidamente avverso a Mounier) e ad un certo marxismo(Schaff, Stojanović, Kolakowsky,…) che però, dopo l'esperienza dello stalinismo, si costringe a ritornare a un “socialismo dal volto umano” rispettoso dei diritti e delle libertà personali.
      Caro Marco, “la civiltà dell’amore preconizzata dal grande Paolo VI” (ricordo ancora il bacio furtivo al Suo anello e – per sicurezza – alla Sua mano - che io giovincello, sgattaiolando tra la folla in San Pietro, riuscii ad imprimere, proprio nel giorno di chiusura del Concilio…) è, sì, un’utopia ma, come Ella dice, un paradigma, “un mito direttivo” diceva Mounier. Grazie a Lei, sig. Marco.

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