"Persona e Comunità" è un blog di riflessione culturale, filosofica, religiosa, pedagogica, estetica. Tutti gli articoli sono scritti da: Gian Maria Zavattaro, Rossana Rolando, Rosario Grillo.
Non potendo
delineare in poche righe la complessa personalità di Simone Weil(1909-1943), mi limito ad
indicare due direttrici: (1) fu sempre dalla parte degli oppressi e degli
“sventurati”; (2) la sua ricerca religiosa, intensa, mistica e profonda,
l’avvicinò alla fede cattolica. (1) In prima
fila nelle lotte sindacali e politiche, sperimenta il duro lavoro nelle
fabbriche e nei campi, partecipa alla guerra civile spagnola, intuisce la gravità
del nazismo che intende combattere senza risparmiarsi e si lascia infine morire
d’inedia per partecipare alle sofferenze degli ebrei.
Simone Weil, La questione operaia
Insegna
filosofia tra il 1931-38 nei licei femminili di varie città francesi,
disorientando alunne e cittadini per le sue iniziative. Dello stipendio spende
per sé solo l’equivalente del sussidio ai disoccupati, per condividerne le
ristrettezze di vita. In varie pubblicazioni denuncia anche lo stalinismo come
forma di oppressione non dissimile dal fascismo. Ospita per qualche tempo a
Parigi l’esule Trockij, con il quale si scontra verbalmente, lasciandolo
interdetto: “appartiene forse all’esercito della salvezza”.
Simone Weil, Quaderni, 1
Dal 1930
avverte incessanti dolori fisici che la tormenteranno per tutta la vita. Pur in
queste condizioni vuole vivere direttamente la condizione operaia (otto mesi di
lavoro in fabbrica, tra cui la Peugeot). Nell’agosto 1936 decide di prendere parte
alla guerra civile in Spagna, si aggrega ai repubblicani che per lei
rappresentano gli oppressi e gli umili. Pur non partecipando ai combattimenti,
si ferisce gravemente e torna in settembre a Parigi: “non era più, come mi era
sembrata all’inizio, una guerra di contadini affamati contro i
proprietari terrieri e il clero complice dei proprietari, ma una guerra tra la Russia,
la Germania e l’Italia”.
Simone Weil, Attesa di Dio.
(2) Ebrea,
intellettuale laica educata nell’agnosticismo, scopre progressivamente di
sentirsi cattolica “di diritto”. Decisivi
sono “tre contatti”: con alcuni pescatori portoghesi; con la spiritualità di S.
Francesco ad Assisi (“per la prima volta nella mia vita qualcosa più
forte di me mi ha obbligata a mettermi in ginocchio”); con la liturgia
cattolica nel 1938 a Solesmes, dove, mentre osserva un giovane cattolico che ha
ricevuto la comunione, lo vede rilucere di uno splendore angelico e,
recitando “L’amore mi diede il benvenuto” di George Herbert (che impara
a memoria), si sente “presa da Cristo”.
Simone Weil, L'ombra e la grazia.
Ma resterà
sempre volutamente “sulla soglia della Chiesa”. Nel 1940, con l’invasione
tedesca, si trasferisce a Vichy assieme ai genitori in attesa di imbarcarsi per
l’America, poi a Tolosa e infine a Marsiglia. Aiuta i rifugiati ebrei e
fraternizza con i poveri. Arrestata mentre distribuisce volantini, è rilasciata
dal giudice che la ritiene pazza. Conosce Perrin, un domenicano che diventa il
suo confidente spirituale e le presenta Thibon “filosofo contadino” che
l’assume nella sua fattoria, dove nell’autunno 1941 lavora come operaia
agricola, dorme in una casetta diroccata, sulla nuda terra, mangia quel che
trova, si disseta da una sorgente.
Simone Weil, La prima radice.
Nel 1942
scrive le sue opere migliori e si lega alla Resistenza con i giovani cattolici
guidati da Perrin. A metà
maggio segue i genitori a Casablanca, dove soccorre come può gli esuli ebrei. A
luglio è con i genitori a New York; non resiste; a dicembre è a Londra per
unirsi a “France libre”, ma è considerata ancora una volta pazza. Il 15
aprile 1943, trovata svenuta in camera, è condotta all’ospedale. Affetta da
tubercolosi aggravata dalle privazioni a cui si è sottoposta, muore il 24
agosto nel sanatorio di Ashford, nei pressi di Londra. Il Tuesday Express
titola in prima pagina: “Professoressa francese si lascia morire di fame”.
Nessun commento:
Posta un commento