Commento e narrazione dell'ultimo Natale di Primo Levi ad Auschwitz.
🖊 Post di
Rossana Rolando.
🎨 Le immagini
riproducono il dipinto di Claude Monet, La gazza (al termine del racconto di Primo Levi si
capirà il collegamento con l'uccello che generalmente viene associato al
ladrocinio: la gazza ladra).
Claude Monet, La gazza, particolare |
Le voci sull’andamento bellico hanno raggiunto anche il Lager: si sa ormai che si avvicina la fine della guerra. La convinzione che sia “l’ultimo Natale di guerra e di prigionia” - come effettivamente sarà - conferisce al vissuto la forza delle esperienze che si imprimono nella memoria all’atto del congedo: non un Natale tra gli altri, ma l’ultimo.
In
questo brano (1), che è solo una parte dell’intera narrazione, sono riconoscibili i
temi sviluppati da Primo Levi anche in altre opere (penso soprattutto a I sommersi e i salvati): l’istinto della
sopravvivenza e il progressivo sfinimento, la condizione di Muselmänner, i sommersi, sottouomini deprivati di tutto, ormai incapaci di pensieri ed emozioni, la zona grigia di ambiguità che - in cambio di qualche misero vantaggio - porta i prigionieri a farsi complici dei nazisti e rende indistinto il confine tra le vittime e i carnefici.
Claude Monet, La gazza, particolare |
🔴🔴 Primo Levi, L'ultimo Natale di guerra 🔴🔴
Claude Monet, La gazza, particolare |
Eppure un pacco arrivò fino a me, mandato da mia sorella e da mia madre nascoste in Italia, attraverso una catena di amici […]. Il pacco conteneva cioccolato autarchico, biscotti e latte in polvere…
Mangiare, cibo, fame, erano i termini
che in Lager volevano dire cose totalmente diverse da quelle usuali: quel
pacco, inatteso, improbabile, impossibile, era come un meteorite, un oggetto
celeste, carico di simboli: di valore immenso, e di immensa forza viva.
Non
eravamo più soli: un legame col mondo di fuori era stato stabilito. E c’erano
cose deliziose da mangiare per giorni e giorni. Ma c’erano anche problemi
pratici gravi, da risolvere all’istante: ci trovavamo nella situazione di un
passante a cui venga donato in piena strada un lingotto d’oro. Dove metterlo?
[…] Come sottrarlo alla cupidigia degli altri? […]
Claude Monet, La gazza, particolare |
Non
avevamo nascondigli sicuri. Distribuimmo i viveri in tutte le tasche dei nostri
abiti, ci cucimmo tasche illegali […].
Alberto
e io ne parlammo a lungo alla sera, dopo il coprifuoco. Fra noi vigeva un patto
rigoroso: tutto quanto uno dei due riusciva
a procurarsi al di fuori della razione doveva essere diviso in due parti
esattamente uguali. In queste imprese Alberto riusciva sempre meglio di me, per
cui spesso gli avevo chiesto che interesse avesse a rimanere in società con un
partner poco efficiente qual ero io; ma Alberto mi aveva sempre risposto: «Non
si sa mai; io sono più svelto, ma tu sei più fortunato». Per una volta aveva
avuto ragione.
Alberto formulò una proposta originale. L’articolo più ingombrante erano i biscotti […]. Erano biscotti non tanto buoni ma di bella apparenza; avremmo potuto dividerli in due confezioni e farne omaggio al Kapo ed all’Anziano della baracca. Secondo Alberto […] i due “prominenti” ci avrebbero remunerato con indulgenze di vario tipo. Il resto del pacco lo avremmo consumato noi, a piccole razioni quotidiane ragionevoli, e nel massimo segreto possibile.
Alberto formulò una proposta originale. L’articolo più ingombrante erano i biscotti […]. Erano biscotti non tanto buoni ma di bella apparenza; avremmo potuto dividerli in due confezioni e farne omaggio al Kapo ed all’Anziano della baracca. Secondo Alberto […] i due “prominenti” ci avrebbero remunerato con indulgenze di vario tipo. Il resto del pacco lo avremmo consumato noi, a piccole razioni quotidiane ragionevoli, e nel massimo segreto possibile.
Claude Monet, La gazza, particolare |
Il
giorno di Natale si lavorò come di consueto […]. Tornato in campo a sera, andai
al lavatoio; nelle tasche avevo ancora una buona dose di cioccolato e di latte
in polvere, perciò aspettai finché si fosse fatto libero un posto nell’angolo
più lontano dalla porta d’ingresso. Appesi la giacca a un chiodo proprio dietro
di me: nessuno avrebbe potuto avvicinarsi senza che io lo vedessi. Incominciai
a lavarmi, e con la coda dell’occhio vidi che la giacca stava salendo. […]
Qualcuno, dalla finestrella che stava sopra il chiodo, aveva calato un funicella
e un chiodo. Corsi fuori, mezzo vestito com’ero, ma non c’era più nessuno.
Nessuno aveva visto niente, nessuno sapeva niente. Oltre a tutto, ero rimasto
senza giacca. Mi toccò andare dal furiere di baracca a confessare la mia colpa
perché in Lager essere derubati era una colpa: mi diede un’altra giacca […].
Ridividemmo il contenuto delle tasche di Alberto, che era rimasto indenne, e che sfoderò le sue migliori risorse filosofiche. Più di metà del pacco l’avevamo consumato noi, non è vero? E il resto non era del tutto sprecato, qualche altro affamato stava festeggiando il Natale a spese nostre, magari benedicendoci. E comunque, di una cosa si poteva essere sicuri: era quello l’ultimo Natale di guerra e di prigionia.
Ridividemmo il contenuto delle tasche di Alberto, che era rimasto indenne, e che sfoderò le sue migliori risorse filosofiche. Più di metà del pacco l’avevamo consumato noi, non è vero? E il resto non era del tutto sprecato, qualche altro affamato stava festeggiando il Natale a spese nostre, magari benedicendoci. E comunque, di una cosa si poteva essere sicuri: era quello l’ultimo Natale di guerra e di prigionia.
1. Il brano è tratto da Primo Levi, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, pp. 1261-1263.
Grazie.
RispondiEliminaRimando al commento messo su Filosofia in pantofole. Non sono riuscito a fare taglia incolla. Grande, Rossana!
RispondiEliminaIl commento di Rosario su Filosofia in pantofole:
RispondiEliminaLa cornice iconografica con gli stupefacenti quadri della neve ( serenità mista a lieve melanconia ), lo stile narrativo di Primo Levi, il messaggio intonato a in un ambiente estremo e disumano, l'introduzione sommessa e pertinente di Rossana impreziosiscono un post di grande qualità.
La mia risposta:
Ti ringrazio molto del commento e del tuo generoso giudizio che ben si accompagna al preziosissimo impegno da te profuso sul "nostro" blog. Ciao. Buona giornata
Grazie......era doveroso ricordare il Natale memorabile di Primo Levi.....
Non si può non fare memoria ..... e capire quanta emozione....quanto coraggio....quanta forza d' animo....quanta fede sono i doni che si ricevono nel tempo del Natale......
un Natale che molti possono darne testimonianza.....
Grazie .....ricordare perché il mondo conosca le verità e sappia diffonderle.....
Grazie Teresa. In questo racconto di Natale è racchiuso tutto un mondo di ricordi, emozioni, dolore trattenuto e controllato nella forma della scrittura… e ci colpisce come sempre sa fare Primo Levi. Ne approfitto per augurare Buone Feste insieme a mio marito. Buona giornata, Rossana.
EliminaDono è contenuto nella parola perdono, difficilissimo il perdono ed impossibile il dono se si è affamati (o deprivati) eppure vi si gioca forse in maniera essenziale il valore della nozione di civiltà ( che si accolla il disagio per potersi affrancare dal cervello rettile) ma quanta complessità e quanta difficoltà ad essere uomini buoni (io che sono capace di donare non sono capace di perdonare -in certi casi estremi e quindi mi vedo nella mia difficoltà...perché perdono non è mai gratificazione narcisistica di superiorità morale ma ha piena significazione solo nella naturalezza totale, da cui l'alleggerimento di tutti i pesi gravosi dell'anima.
RispondiEliminaCara Laura, grazie del tuo commento su questo tema difficilissimo del perdono. Ho visto un video, curato da Maurizio Ferraris, che mi è parso interessante: una trattazione laica, non retorica, con molti spunti e una simpatica conclusione… Mi fa piacere condividerlo con te e con chi vorrà prenderne visione. Questo il link: http://www.filosofia.rai.it/articoli-programma/zettel-3-filosofia-in-movimento-perdono/23309/default.aspx
EliminaTi abbraccio e buona giornata. Rossana.