Sulla scorta del saggio di José Antonio Merino vengono presentati due modelli esistenziali affini, per certi versi, e opposti, per altri: Don Chisciotte e San Francesco, due pazzi di cui abbiamo bisogno, oggi più che mai.
🖊 Post di Gian Maria Zavattaro.José Antonio Merino, Don Chisciotte e San Francesco Due pazzi necessari |
Jules David (1808-1892), Don Chisciotte e Sancio Panza, Illustrazione |
🔵 Don Chisciotte cavaliere generoso.
Jules David (1808-1892), L'avventura dei mulini a vento, Illustrazione |
Ma un cavaliere errante senza dama “è come un passero senza becco”: Dulcinea non è un’aggiunta artificiale, “è la donna straordinaria che giustifica sacrifici audaci e rischiosi, ispira sentimenti profondi e pone l’amore nell’estasi della vertigine più temeraria” (p. 90): amore che non chiede nulla in cambio né pretende di essere corrisposto (2). E non si può parlare di Don Chisciotte senza Sancio, emblema del realismo pragmatico come contrappeso al sognante idealismo del cavaliere errante, ma insieme anch'egli sognatore che si lascia contagiare dalle avventure fantastiche. L’uno non si potrebbe comprendere senza l’altro: Don Chisciotte non sarebbe tale senza Sancio, perché in lui si rispecchia la sua coscienza. Sancio non incarna solo il ruvido realismo, cambia e si trasforma, sogna e sperimenta il governatorato dell’isola di Baratteria, ma è pronto e sincero nel congedarsi dal potere (3). Al ritorno dalle avventure ritorna povero, ma non è più lo stesso e, se Don Chisciotte - la salute rovinata e i giorni contati - nel momento della morte recupera la ragione, rinuncia alle proprie pazzie, fa testamento, informa i suoi amici che ora è di nuovo Alonso Quijano il Buono, Sancio diventa l’autentico e irrimediabile pazzo, perché è necessario continuare la pazzia chisciottesca (4).
🔵 Francesco novello pazzo.
Bonaventura Berlinghieri, San Francesco e storie della sua vita (1235), Stimmate, particolare |
Bonaventura Berlinghieri, San Francesco e storie della sua vita (1235), Predica agli uccelli, particolare |
Il “ferocissimo lupo” che incontra (uno dei capitoli più belli dei Fioretti) è trasformato in “Frate lupo”: parabola e metafora della riconciliazione con tutti gli esseri, “del superamento di tutte le rivalità, della rinuncia alle proprie ingiustizie e assurde pretese” (p. 85), invito ad essere creatori di convivenza fraterna, avendo fiducia nell’altro nonostante le apparenze, attraverso la cordialità, l’amabilità, la speranza. Francesco e Chiara d’Assisi: “la più grande storia d’amore del medioevo cristiano”. La loro relazione è fatta di candore, dove amore e tenerezza sono liberi da ogni sospetto di complicità erotica o morbosa (7). Due singolari modelli di esistenza: ”Francesco rappresenta la parola; Chiara il silenzio; Francesco vive l’azione; Chiara la contemplazione; Francesco si converte in messaggio di pace; Chiara in fermento di unità; Francesco è la trasparenza; Chiara la luce; Francesco evidenzia l’animus creativo; Chiara l’anima feconda; Francesco è il grande specialista di Dio; Chiara la testimone gioiosa de “l’unica cosa necessaria” (p. 100).
Bonaventura Berlinghieri, San Francesco e storie della sua vita (1235), Guarigione di una bimba, particolare |
Bonaventura Berlinghieri, San Francesco e storie della sua vita (1235), Miracoli degli storpi, particolare |
Bonaventura Berlinghieri, San Francesco e storie della sua vita (1235), Miracoli degli zoppi, particolare |
🔵 Concludo con la chiosa di Merino agli intensi versi di Machado:
“Oltre al vivere e al
sognare,
ciò che maggiormente importa è:
risvegliarsi.
ciò che maggiormente importa è:
risvegliarsi.
Bonaventura Berlinghieri, San Francesco e storie della sua vita (1235), Miracoli degli ossessi, particolare |
Bonaventura Berlinghieri, San Francesco e storie della sua vita (1235), 160×123 cm, Chiesa di San Francesco, Pescia. |
🔵 Note.
(1)
Nel leggere le riflessioni di Merino qualcuno potrebbe sogghignare. Capisco: il
libro, come ogni libro che si rispetti, è rivolto a tutti ed a nessuno: a
nessuno di coloro che amano crogiolarsi nel girone di questa
liquida società che consuma il presente, privi di dubbi ed inquietudini,
senza alcun sentiero personale da percorrere; a tutti coloro che portano le stigmate delle loro
fatiche e le cicatrici delle loro lotte per migliorare la vita di tutti nel
loro inquieto quotidiano cammino.
(2) “Il nostro amore è stato sempre platonico, e non è andato più là di semplici
sguardi, e anche quelli così di rado, che potrei giurare con sicurezza
che in dodici anni da che l’amo più che la luce di
quest’occhi destinati a spegnersi sotterra, non l’ho vista che poche volte e in
queste poche volte potrà anche darsi che non si sia mai accorta ch’io la guardavo”
(Cervantes I,25 - citato a p. 92).
(3)
”Sono venuto senza un soldo e senza un soldo me ne vo: tutto al contrario
di come son soliti ad andarsene i governatori di altre isole” (cit. pp. 118-9).
(4) Chiama i suoi amici, il curato, il barbiere, il baccelliere Sansone Carrasco: “Signori, andiamo piano; acqua passata non macina più. Io fui pazzo ed ora son savio, fui don Chisciotte della Mancia e ora, come ho detto, sono Alonso Quijano, il Buono”. Ed a Sancio: “Perdonami, amico, d’averti dato occasione di parer pazzo quanto me, facendoti cadere nell’errore in cui son caduto io, e cioè che esistano e siano mai esistiti dei cavalieri erranti” (pp. 135-6, cit. Cervantes II, 74).
(5) Si domanda Merino: Chi è, ieri come oggi, il vero pazzo? Chi fa le guerre, chi lascia morire di fame o annegare bambini innocenti, chi pratica le violenze quotidiane, la distruzione della natura, l’inquinamento, la droga, il consumismo compulsivo, lo sfruttamento degli immigrati…?
(6) “Talora raccoglieva un legno da terra e, mentre lo teneva sul braccio sinistro, con la destra prendeva un archetto tenuto curvo da un filo e ve lo passava sopra accompagnandosi con movimenti adatti come fosse una viella e cantava in francese le lodi del Signore” (p.73).
(7) A seguito di maldicenze sulla loro mistica relazione, Francesco decide di allontanarsi. “Chiara, sconsolata e disperata, si sentì mancare non potendo congedarsi da Francesco. Aspettò alcuni momenti, e poi disse: “Padre, quando torneremo a vederci?”. “Quando tornerà l’estate e fioriranno le rose.”, rispose Francesco. E allora successe qualcosa di meraviglioso: era come se sui campi coperti di neve si fossero schiusi improvvisamente milioni di fiori multicolori. Superato il primo momento di incertezza, Chiara si chinò, colse un mazzetto di rose e lo offrì a Francesco. E da allora Francesco e Chiara non si separarono mai” (da la Leggenda di s. Chiara, 8, FF 3172, cit. p.98).
(8) Fra Elia, Ministro Generale dell’Ordine è sconcertato, non riesce a conciliare la tragicità della morte con il canto e la gioia e di fronte al suo sconcerto così risponde Francesco: “Fratello, lasciami godere nel Signore e cantare le sue lodi in mezzo alle mie sofferenze, poiché, per dono dello Spirito Santo, io sono così unito al mio Signore che, per sua misericordia, io posso ben gioire dell’Altissimo”.
(4) Chiama i suoi amici, il curato, il barbiere, il baccelliere Sansone Carrasco: “Signori, andiamo piano; acqua passata non macina più. Io fui pazzo ed ora son savio, fui don Chisciotte della Mancia e ora, come ho detto, sono Alonso Quijano, il Buono”. Ed a Sancio: “Perdonami, amico, d’averti dato occasione di parer pazzo quanto me, facendoti cadere nell’errore in cui son caduto io, e cioè che esistano e siano mai esistiti dei cavalieri erranti” (pp. 135-6, cit. Cervantes II, 74).
(5) Si domanda Merino: Chi è, ieri come oggi, il vero pazzo? Chi fa le guerre, chi lascia morire di fame o annegare bambini innocenti, chi pratica le violenze quotidiane, la distruzione della natura, l’inquinamento, la droga, il consumismo compulsivo, lo sfruttamento degli immigrati…?
(6) “Talora raccoglieva un legno da terra e, mentre lo teneva sul braccio sinistro, con la destra prendeva un archetto tenuto curvo da un filo e ve lo passava sopra accompagnandosi con movimenti adatti come fosse una viella e cantava in francese le lodi del Signore” (p.73).
(7) A seguito di maldicenze sulla loro mistica relazione, Francesco decide di allontanarsi. “Chiara, sconsolata e disperata, si sentì mancare non potendo congedarsi da Francesco. Aspettò alcuni momenti, e poi disse: “Padre, quando torneremo a vederci?”. “Quando tornerà l’estate e fioriranno le rose.”, rispose Francesco. E allora successe qualcosa di meraviglioso: era come se sui campi coperti di neve si fossero schiusi improvvisamente milioni di fiori multicolori. Superato il primo momento di incertezza, Chiara si chinò, colse un mazzetto di rose e lo offrì a Francesco. E da allora Francesco e Chiara non si separarono mai” (da la Leggenda di s. Chiara, 8, FF 3172, cit. p.98).
(8) Fra Elia, Ministro Generale dell’Ordine è sconcertato, non riesce a conciliare la tragicità della morte con il canto e la gioia e di fronte al suo sconcerto così risponde Francesco: “Fratello, lasciami godere nel Signore e cantare le sue lodi in mezzo alle mie sofferenze, poiché, per dono dello Spirito Santo, io sono così unito al mio Signore che, per sua misericordia, io posso ben gioire dell’Altissimo”.
Non poteva esserci inizio di giornata migliore : lettura ricreativa, risanatrice ed esortativa. Gian Maria ci guida nei sentieri della Vita ( e della morte ) suggerendoci di guardare due esemplari umani : don Chisciotte e San Francesco.
RispondiEliminaIn entrambi spicca la stranezza, la "pazzia". Quando l'ordine " costituito" si è radicato, non c'è altra leva che la pazzia.
E dalla pazzia la filosofia ha attinto continuamente: da Erasmo a Nietzsche.
Poi, come sempre, le "pietre d'angolo" di ogni esistenza : l'amicizia, l'ideale-donna, lo scopo (il senso).
Bella sintesi la tua, caro Rosario e care a noi tutti le “pietre d’angolo di ogni esistenza” che punteggiano il cammino di ognuno di noi e segnano il percorso del risveglio quotidiano alla speranza. Grazie.
Elimina...a proposito di "pietre d'angolo": pochissimi giorni fa ho seguito sul canale You Tune di "Darsi pace" la 12 su 36 "pietra angolare" del triennio di base dei gruppi organizzati da Marco Guzzi. Il motto dell'ultima pietra del primo anno del corsi base ha come motto "ricominciare". Assomiglia decisamente al risveglio. Mi piace che da parti diverse si arrivi a un climax comune. Buon segno!
EliminaChisciotte, Francesco, il Pricipe Minskij di Dostoevskij sono, nella prospettiva di Simone Weil, "figura" di Cristo.
RispondiEliminaCi è molto cara S. Weil ed amiamo molto Dostoevskij: a loro, a suo tempo, abbiamo dedicato un certo numero di post e ci ritorneremo quanto prima. Ma è proprio il principe Minskij, che ci ha affascinato. Grazie.
Elimina"I poeti, i folli e i bambini sono i 'Pastori dell'Essere': essi custodiscono cioè gelosamente la sorgente intima e feconda della vita umana" (Giovanni Salonia, in un suo saggio "Devo sapere subito se sono vivo", pag.55 - Giovanni Salonia, già frate cappuccino e luminare della Psicologia della Gestalt, è il nuovo vescovo ausiliare di Palermo).
RispondiEliminaGrazie sempre per i vostri spunti: acqua fresca che disseta lo spirito.
I poeti, i folli, i bambini: accolgo con piacere l’invito ad essere – compatibilmente e con la mia età…- poeta folle bambino. Grazie
EliminaNon conoscevo Bonaventura Berlinghieri, mi piace molto. Grazie.
RispondiEliminaGrazie caro Gianni per la tua attenzione alle immagini che sono il frutto di uno "studio" volto ad armonizzare contenuti ed iconografia. In questo caso l'accordo tra illustrazioni (Don Chisciotte) e raffigurazione pittorica (Berlinghieri) è stato particolarmente "meditato".
EliminaBello il " risveglio quotidiano alla speranza" anche, e soprattutto, quando la vita scaraventa via le "pietre d'angolo di ogni esistenza" .
RispondiEliminaAlla ricerca di un equilibrio instabile ( della pazzia) di Francesco e Don Chisciotte, ad ogni risveglio
Grazie, come sempre, per questi spunti di riflessione.
Grazie a te, cara Fausta, per il bellissimo commento. Francesco e Don Chisciotte (ma soprattutto Francesco) aprono vie di sogno e di gioia, in qualsiasi situazione esistenziale: credo sia questa la forza della loro “salutare” pazzia. Ciao, Rossana.
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