Una lettura del capitalismo che passa attraverso i vari volti da esso assunti fino ad oggi e che - al di là delle trasformazioni - lo individua come una fede: vera e propria religione del denaro e del potere finanziario.
🖋 Post di Rosario Grillo
🎨 Immagini delle opere di Marinus van Reymerswaele, pittore olandese vissuto tra il 1490 e il 1546.
Marinus van Reymerswael, I cambiavalute, particolare |
Qualche cantore ha addirittura messo a disposizione lo strumento
dell’analisi storica per conclamare la sua
“invincibilità”: così dopo la caduta del comunismo nel 1989, decretando
“la fine della storia” (Samuel Huntingthon).
Fastidiosa (o repellente) la sicumera
con cui gli “addetti ai lavori” del capitalismo finanziario, che ne rappresenta
uno stadio evoluto e sofisticato, rigettano come astrusi e aleatori, comunque
non pragmatici, i criteri di valutazione e di comparazione dei fatti economici
eterogenei al loro sistema di algoritmi.
La globalizzazione, in questo contesto,
rischia di essere letta esclusivamente “a una dimensione”, univocamente
padroneggiata dalla logica del dominio capitalista.
Il fulcro del capitale è sempre stato nella mobilità della ricchezza, come per tempo individuò Aristotele configurando la “crematistica” (e diffidandone). Gli economisti della scuola classica e Marx, nell’epoca del capitalismo moderno, lo dettagliarono con razionalità, indicandone leggi, comportamenti economici, limiti sociali e contraddizioni.
Il fulcro del capitale è sempre stato nella mobilità della ricchezza, come per tempo individuò Aristotele configurando la “crematistica” (e diffidandone). Gli economisti della scuola classica e Marx, nell’epoca del capitalismo moderno, lo dettagliarono con razionalità, indicandone leggi, comportamenti economici, limiti sociali e contraddizioni.
Marinus van Reymerswael, I cambiavalute, particolare |
“Nel mondo circolano oltre 700 trilioni
di dollari (in valore nominale) di derivati, di cui soltanto il dieci per
cento, e forse meno, passa attraverso le borse. Il resto è scambiato tra
privati….
Si stima che le transazioni che vanno a comporre gli indici resi pubblici riguardino appena il quaranta per cento dei titoli scambiati; gli altri si negoziano su piattaforme private… Di quel quaranta per cento almeno quattro quinti hanno finalità puramente speculative a breve termine… Di tali transazioni a breve, circa il 35-40 per cento nell’eurozona, e il 75-80 per cento nel Regno Unito e in USA, si svolgono mediante computer governati da algoritmi che esplorano su quale piazza del mondo il tale titolo (o divisa o tasso d’interesse o altro) vale meno e su quale vale di più…..Ne segue che chi parla di giudizio dei mercati dovrebbe piuttosto parlare di giudizio dei computer “ (L. Gallino su La Repubblica del 26 giugno 2013).
Si stima che le transazioni che vanno a comporre gli indici resi pubblici riguardino appena il quaranta per cento dei titoli scambiati; gli altri si negoziano su piattaforme private… Di quel quaranta per cento almeno quattro quinti hanno finalità puramente speculative a breve termine… Di tali transazioni a breve, circa il 35-40 per cento nell’eurozona, e il 75-80 per cento nel Regno Unito e in USA, si svolgono mediante computer governati da algoritmi che esplorano su quale piazza del mondo il tale titolo (o divisa o tasso d’interesse o altro) vale meno e su quale vale di più…..Ne segue che chi parla di giudizio dei mercati dovrebbe piuttosto parlare di giudizio dei computer “ (L. Gallino su La Repubblica del 26 giugno 2013).
Marinus van Reymerswael, I cambiavalute, particolare |
Ecco
emergere, di seguito, una serie di termini-chiave (conversione, fiducia, debito che nel tedesco Schuld ha anche un
altro significato: colpa) rivelatori
di una sostanza religiosa del verbo capitalista.
M.Weber,
guidato da un’esigenza di metodo scientifico per cui doveva replicare al
materialismo storico di Marx, all’inizio del Novecento aveva messo in luce una
dimensione etico-psicologica interna al capitalismo, così da azzardare la
definizione: “spirito del capitalismo”. Egli aveva così messo a fuoco le
caratteristiche di: austerità – razionalità di gestione – attivismo
economico mirato al successo, nell’etica calvinista.
Marinus van Reymerswael, Il cambiavalute |
Nello stesso contesto culturale,
caratterizzato da un fecondo dibattito sul problema del metodo, W. Benjamin
abbozzò le scarne tesi conosciute sotto il nome di “Capitalismo come religione”. In esse riconobbe al capitalismo la natura
di una religione, ristretta al solo aspetto cultuale.
Una tesi radicale, che, per cominciare,
tralasciava d’insistere sull’afflato
morale, suggerito da Weber, che accompagnerebbe l’istanza del profitto
capitalistico facendolo vibrare, nella sua autenticità, di una risonanza etica
e di una finalità sociale.
Come aveva capito Marx, il dato
quantitativo è determinante nella movimentazione del
denaro, perché solo così riesce ad avere senso un investimento di denaro
secondo la transazione D.M.D’ animata dal valore di scambio. Nell’astratto
d’essa transazione s’include sia la “molla” continua del circuito economico (applicata
in conformità dei generi specifici: commerciale, industriale, post-industriale)
sia la fede riposta nell’esito, nel successo dell’affare.
Va
qui evidenziato che la figura protagonista, attore indiscusso dello scenario
capitalistico, è l’individuo, anche
quando, per affrontare forze coalizzate e avversità nemiche, si dà corso ad associazioni
monopolistiche (trust, cartello e vari) che finiranno per assumere natura di
organizzazioni individuali.
Marinus van Reymerswael, Il banchiere con sua moglie, particolare |
In quest’ottica si comprende la
filosofia socio-politica del neoliberismo affermatasi a partire dagli anni
settanta del XX secolo. Di essa è conosciuta la rivendicazione del primato del
mercato correlata con l’ostilità a tutte le ingerenze estranee, di natura
socio-politica. Essa ha contrassegnato una svolta storica, che si prolunga
dagli anni settanta al momento attuale; per questo è stata coinvolta in maniera
attiva nei fattori scatenanti e nell’andamento (prolungato) della presente
crisi, nata come crollo di alcuni imperi finanziari e continuata come crisi dei
debiti sovrani con una fatale coda recessiva.
“Messo
in cassa” il salvataggio delle grandi banche, alfieri di quell’estremo
capitalismo finanziario fondato sulla pura speculazione borsistica e sganciato
da qualsiasi fondamento reale di ricchezza (di capitale), lo stesso “partito”,
con varie uscite (ultima quella della JP Morgan), mette sotto stato accusa la
democrazia e le sue garanzie, bollandole come ostacoli all’azione (panacea) del
mercato liberatore.
Marinus van Reymerswael, Il banchiere con sua moglie, particolare |
Non sono passate nella dimenticanza le
riserve del nostro M. Monti sulla democrazia, suggellate nell’opera “La democrazia in Europa”, espresse assieme alla
preferenza per i tecnici (gli ottimati), unici custodi della sacralità del Mercato.
Al cospetto di questa
sfrontatezza/cocciutaggine, che può avere come unica chiave di lettura la
struttura ideologica, confinante con il dogmatismo, tornano alla mente le
intuizioni di W. Benjamin circa la sostanza religiosa del capitalismo.
Come si scriveva sopra, per Benjamin, il
capitalismo è il culto ossessivo “sans trevé et sans mercì” del Dio-Denaro. Di
un denaro, che oggi ha perso qualsiasi oggettività di riscontro, sottomesso
com’è all’ingegneria finanziaria dei software dei brokers più smaliziati (vedi
le riserve di L. Gallino).
Esito fatale di un’evoluzione, che lo
stesso Schumpeter aveva intravisto, quando aveva delineato la necessità nel
capitalismo di creare, in forza della sua evoluzione, “nuove combinazioni”
superiori alle fonti di finanziamento dei privati imprenditori, fatalmente
bisognose delle grandi banche.
Marinus van Reymerswael, Il banchiere con sua moglie |
“Il banchiere, dunque, fondamentalmente
non è tanto un intermediario della merce ‘potere d’acquisto’, ma un
‘produttore’ di questa merce. Dal momento però che oggi, normalmente, anche
tutti i fondi di riserva e i risparmi affluiscono a lui e che su di lui si
concentra la domanda totale di potere d’acquisto disponibile, sia esistente sia
da creare, egli ha per così dire sostituito o messo sotto la sua tutela i
capitalisti privati, è diventato egli stesso il capitalista” (J. Schumpeter, Teoria
dello sviluppo economico).
Benjamin
proponeva un Unkehr, un netto
capovolgimento sostanziato da ragioni socio-comunitarie, lasciando trasparire
gli echi e marxisti e resistenziali presenti nella sua riflessione. Oggi, in
presenza di una perdita di pathos, abbiamo comunque presente i fondamenti
concettuali del “verbo capitalista”, illuminati da tali presupposti e possiamo
essere pienamente consapevoli del carattere fideistico delle
raccomandazioni e dei desiderata dei potentati del capitalismo finanziario.
Marinus van Reymerswael, L'esattore delle tasse |
Paradigmatiche
e conclusive le parole di G. Agamben, che mettono a fuoco indelebilmente
le implicanze delle note benjaminiane: “Nella pistis paolina rivive quell’antichissima istituzione indoeuropea
che Benveniste ha ricostruito: ‘la fedeltà personale’… Se questo è vero, allora
l’ipotesi di Benjamin di una stretta relazione tra capitalismo e cristianesimo
riceve una conferma ulteriore: il capitalismo è una religione interamente
fondata sulla fede... E come, secondo Benjamin, il capitalismo è una religione
in cui il culto si è emancipato da ogni oggetto e la colpa da ogni peccato e
quindi da ogni possibile redenzione, così, dal punto di vista della fede, il
capitalismo non ha alcun oggetto: crede nel puro fatto di credere, nel puro
credito – cioè nel denaro”.
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Per ascoltare il video di Rai Educational, Carlo Salzani su “Capitalismo come religione” di Walter Benjamin (durata 7 minuti circa), cliccare qui.
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Su, coraggio,commentate! Sembrate ammutoliti come nei casi di relazioni" professorali ", che lasciano esterrefatti.
RispondiEliminaNessuna devozione al Capitalismo, come nessuna remora.
Da esso discende tanta parte del nostro modus vivendi e per ciò se ne deve dibattere.
Mi riesce difficile pensare al capitalismo come religione anche se solo cultuale. Penso che la rottura con questa "religione" così pervasiva e che pare invincibile non possa prescindere da una grande, grandissima componente religiosa. Di una religione basata sull'essere e non sull'avere. Facile a dirsi..... , ma qualcosa si muove.
RispondiEliminaCaro Rosario, accetto la tua provocazione, in qualche modo riprendendo il discorso di Gianni. Non c’è scampo: siamo tutti impregnati, volenti e nolenti, consapevoli e non, di ”fede” e prassi capitalistica, a partire dai sedicenti rivoluzionari, che nel capitalismo ci sguazzano bene. Non vedo soluzioni, se non a lungo termine e “vedo solo la possibilità di una rivoluzione prima di tutto “spirituale”. Mounier - pressappoco negli anni di Benjamin - sosteneva che “una delle deviazioni fondamenali del capitalismo è quella di aver sottomesso la vita spirituale al consumo, il consumo alla produzione e la produzione al profitto”. In altre parole lo sfruttamento economico globale, l’ingiustizia sociale planetaria, l’oppressione politica sono gli aspetti di un dominio globale che trova le sue basi in una cultura che si è nei secoli degenerata, divenuta una religione invisibile dello spirito. Il compito primo dovrebbe essere dunque liberare lo spirito, reinventare la civiltà: una vera e propri conversione interiore. Mounier nel primo numero di Esprit nel 1932 dichiarava: “ cambiate il cuore del vostro cuore‟μετανοεῖτε“. E poi naturalmente nuove strutture, restaurando la società, innanzitutto incominciando da se stessi e da piccoli gruppi, incessantemente ricominciando. A distanza di quasi 100 anni vale il medesimo grido.
RispondiEliminaNel testo, collage di spunti che mi sono arrivati da più parti, ho cercato di invitare a vedere un ossimoro : Fede dentro l'universo mentale (psicologia, ma non solo) del capitalista. Il paradosso è che proviene da un "homo oeconomicus ", perché il dato di base è completamente materialista.
RispondiEliminaL'attacco "alla fede capitalista" può avvenire da diverse angolazioni ( non solo spiritualista, che viene da esso, pregiudizialmente, rifiutata) e principalmente sfidando il Capitalismo dentro la "sua logica"( per niente ferrea)