Una riflessione - nel tempo odierno dell'immigrazione particolarmente urgente - sulla lingua come tratto fondamentale della identità personale e tramite di rapporti interculturali fecondi.
Post di Rosario Grillo
Immagini di calligrammi (poesie disegnate) del poeta francese Guillaume Apollinaire (1880-1918).
Prendo spunto dall’espressione “lingua
madre”, per mettere in risalto la simbiosi tra linguaggio e persone.
Anzi, procedendo più oltre, una simbiosi: linguaggio-popolo.
Immagini di calligrammi (poesie disegnate) del poeta francese Guillaume Apollinaire (1880-1918).
Apollinaire, Calligramma, Poema del 9 febbraio 1915 |
Quest’ultimo, del resto, è questione molto
nota e ben argomentata. In modo particolare dalla cultura romantica che ha
riconosciuto nella lingua: il carattere identitario, sempre vitale e dinamico,
di un popolo.
Stabilito ciò, ho bisogno di “liberare” la
persona, senza per ciò, disconoscere un legame con l’entità organica della nazione.
[Sfioro qui un grosso problema, che non
posso approfondire: che cos’è una nazione].
L’uomo, essere comunicante, ha nel
linguaggio la sua forza espressiva più forte. Non unica, visto che è
accompagnata dalla gestualità.
Apollinaire, Calligramma, Uccello e fiori |
La pedagogia evidenzia nel bambino la
natura essenzialmente spontanea del linguaggio. Successivamente viene acquisita.
L’acquisizione, cioè, è operazione di
in-culturazione, che consegue una fase spontanea.
In questo sfondo ha un peso il rapporto amniotico
con la madre ed embrionale con entrambi i genitori.
Su questo fondamento va costruito il
rispetto educativo dei tempi di sviluppo dell’abilità linguistica fino alla
performance più abile e raffinata.
Da questa angolazione va visto il problema
del rapporto dialetto-lingua nazionale (ci sarà una ragione per la quale io,
e come me tanti altri, dopo decenni di ambientazione in territorio diverso,
preferisco esprimermi nell’intimità del mio dialetto d’origine).
Apollinaire, Calligramma, Fiori |
Facendo sì che gli interessati non siano
sottoposti ad uno snaturamento con l’imposizione coatta della lingua del
posto d’accoglienza.
Da una parte è lo spirito dell’accoglienza
che lo richiede. Dall’altra, è il rispetto della diversità, con
l’adozione della prospettiva di 'Inter-culturalita', ad esigerlo.
Dai mediatori culturali più avvertiti
viene riconosciuto, infatti, che la resistenza degli immigrati è dettata dalla
semplice osservazione: nella lingua essi riconoscono l’unica cosa che li tiene
uniti alla madrepatria.
Un punto d'innesto fecondo potrebbe
essere quello di un impianto della lingua, come avviene nella tecnica
vegetale.
La via sarebbe quella della comparazione
linguistica, della glottologia, anche se il processo, per la sua lunghezza,
risulterebbe poco pratico.
Apollinaire, Calligramma, Jean della luna |
Resta ferma la scelta chiave, che collega
il processo dell’integrazione culturale all’accoglienza. Per qualcuno, infatti,
è insidiosa la stessa parola di integrazione, che potrebbe nascondere un
intento neocolonialista e disumano.
Come scrivevo sopra, è meglio muoversi sul
terreno della 'Inter-culturalita'.
Essa corrisponde alla vocazione
Inter-nazionale e contiene la latitudine giuridica idonea ad affermare diritti
universali nel rispetto della autonomia, delle individualità etniche, delle
diversità.
È finita l’epoca del melting pot,
che sempre più sta cozzando contro l’esistenza di “compartimenti stagni”, per
la presenza dell’ottica della ghettizzazione.
🎨🎨🎨🎨🎨🎨🎨🎨🎨🎨
🎨🎨🎨🎨🎨🎨🎨🎨🎨🎨
🎨🎨🎨🎨🎨🎨🎨🎨🎨🎨
Un grazie immenso a Rossana per aver impreziosito il post con i calligrammi di Apollinaire, creando lo spunto per una nuova prospettiva artistica
RispondiEliminaSempre gentile e caro. Un saluto anche da Rossana.
EliminaComplimenti per le nozze felici tra riflessioni e calligrammi!
RispondiEliminaGrazie di cuore, un caro saluto.
EliminaDella tua pensosa lectio, vorrei sottolineare e ribadire due cose: la prima è che giustamente dobbiamo sciogliere ogni equivoco sulla voce “integrazione” che è tale ed ha senso solo se implica reciprocità e pariteticità nel rispetto del contesto culturale e giuridico in cui siamo inseriti; la seconda è l’esplicito invito ad adoperarsi per una concreta reciproca inclusione che vede nella lingua e nel possesso della parola l’unica autentica strada per entrare in relazione con le persone, per promuovere in ognuno il gusto della cittadinanza attiva e responsabile (solo garantita da un lavoro dignitoso e da una sicura fonte di reddito), per costruire insieme la comunità nell’accogliere ed essere accolti, perché l’accoglienza è “scelta che riguarda ognuno non solo nel senso attivo di ospitare chi bussa alla nostra porta, ma anche nel senso di essere accolti: trovare accoglienza, infatti, è un bisogno e un desiderio fondamentale per chiunque”. Ciao. Buona serata.
RispondiEliminaCiao Gian Maria e grazie della tua attenzione. Mi accorgo ( e mi conforta ) di aver dedicato la mia riflessione a temi espliciti della Relazione : Lingua, Gesti. Per una volta mi autoelogio, ma non lo faccio per me. Per confermare l’importanza della Relazione.
RispondiElimina