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martedì 20 agosto 2019

Prima la libertà, poi la sicurezza. L'ultimo messaggio di Àgnes Heller.

Il testo consegnato da Àgnes Heller all’European Forum Alpbach due giorni prima della morte costituisce un monito per tutti i Paesi europei.
Post di Rossana Rolando
Fotografie tratte dalla pagina facebook di Francesco Comina, scrittore e amico di Àgnes Heller (con gentile autorizzazione).

Àgnes Heller e Francesco Comina
Ad un mese dalla morte di Àgnes Heller (19 luglio 2019) è stato reso noto il documento inedito da lei consegnato all’European Forum Alpbach e letto il 18 agosto, in quella stessa sede, con il titolo “Libertà e sicurezza” (qui il link). Lo scritto, elaborato dalla grande filosofa ungherese, trae forza non solo dalle argomentazioni che porta e dall’estrema attualità del messaggio, ma anche dalla sua coerenza con un’esperienza biografica che ha conosciuto  le pagine più buie del Novecento (dai ghetti antisemiti ai regimi comunisti dell’Est europeo) mantenendo intatto il coraggio di vivere e lottare per il libero pensiero, svincolato da ogni omologazione (per una breve ed efficace presentazione della vita si può leggere l'articolo di Cristiana Dobner su "Prospettiva Persona".).

Àgnes Heller e Arturo Paoli, 
estimatore della filosofa ungherese
Il testo si apre con il noto episodio dell’Esodo riguardante la fuga del popolo ebraico dall’Egitto e  la libertà ottenuta d’un tratto, senza il travaglio consapevole delle conquiste faticose. Ben presto, infatti, al peso della libertà – con le incertezze e le difficoltà del viaggio nel deserto – si sostituisce il rimpianto per la sicurezza del tempo di schiavitù, quando non era necessario pensare come procurarsi cibo e conforti elementari. Anche l’adorazione del vitello d’oro è la risposta all’incapacità di vivere la libertà attraverso la “costituzione” – quella dei  dieci Comandamenti – ricevuta in dono.
Questa figura dell’Esodo viene applicata dalla Heller all’Ungheria e agli Stati dell’est europeo, ma potremmo dire, in generale, è associabile a tutti quei Paesi che non sanno fare buon uso della libertà ricevuta, considerandola cosa ovvia e scontata.

Àgnes Heller e Zygmunt Bauman
Il corpo del testo dimostra la preminenza logica della libertà sulla sicurezza (se anche si fosse costretti a scegliere tra libertà e sicurezza, comunque la scelta starebbe alla base dell’opzione) e, argomenta, da un punto di vista storico filosofico, l’affermarsi moderno del principio “naturale” dell’uguaglianza tra gli uomini contrapposto alla “innaturale” esistenza della schiavitù. Per questo Rousseau può dire: “Tutti gli uomini  sono nati liberi e dappertutto sono in catene”, distinguendo tra il piano ontologico e il piano empirico (de facto).
La constatazione di Rousseau, prosegue la Heller, continua ad essere drammaticamente vera. E questo significa che la libertà originaria è un fondamento che non fonda” ovvero non produce necessariamente società senza “catene: se gli esseri umani sono liberi, essi sono liberi di scegliere anche la negazione della libertà. Se non potessero farlo, non sarebbero davvero liberi.

La tesi centrale del discorso lega indissolubilmente la libertà all'elezione di governi e  istituzioni politiche capaci di operare scelte adeguate in vari ambiti (in particolare: economico e scientifico tecnologico), tali da impedire un dominio incontrollato del mercato e uno strapotere della tecnologia, fino alla distruzione dell’uomo e dell’ambiente. Solo una democrazia liberale è in grado di arginare i rischi di annientamento che incombono sul genere umano nel presente e nel futuro.

Àgnes Heller
La conclusione mette in guardia dal voler tornare in terra d’Egitto, barattando la libertà con una presunta sicurezza.  Autoritarismi, totalitarismi, regimi di vario colore sono mostri minacciosi sempre pronti a riaffermarsi qualora venga meno la coscienza democratica: “Il ‘capitano’ regge il timone, ma non è lui a decidere la rotta, bensì i passeggeri e l’equipaggio”.
Il discorso ha termine con due splendide citazioni. La prima ricorda con Kant che “è possibile fondare istituzioni grazie alle quali persino una razza di diavoli sarà costretta a comportarsi onestamente”. La seconda richiama l’invito del Candide di Voltaire “a coltivare il proprio giardino”, inteso come quel pezzo di terra in cui a ciascuno è toccato in sorte di esercitare la propria responsabilità, nella consapevolezza che “Proprio come in un organismo, ciò che accade in un Paese fa sentire il suo impatto su tutti gli altri paesi”.

6 commenti:

  1. Lavorare in rete ovvero lavorare con sinergia. Se segnali provenienti dall’opinione corrente dicono che “ la filosofia non conta niente” ci si contrappone con la filosofia che , dai tempi che furono, orienta alla libertà di pensiero... Bene, possiamo dire che la Heller batte e ribatte questa strada, Va considerato che dalla “ libertà di pensiero “ alla “ libertà pratica, che è tutt’uno con la libertà di scegliere “ il passo è breve. Con la clausola - banale o sottile ? - che “la libertà non fonda”. La libertà, nel tradursi alla empiricita’, alla quotidianità, perde il filo della sua ontologia. Quante volte si è dibattuto su questo! La Heller segue coerentemente Rousseau, l’Illuminismo e la modernità, argomentando una “presa” della modernità piena, fino alle società che vorrebbero definirsi anti- modernità. È questa la parte decisamente più coraggiosa ed innovativa dentro una logica impeccabile, che proviene da “ una testimone “ autentica. Post magnifico ed opportuno, visto “il tempo che corre “.🌈

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  2. Grazie Rosario per il tuo commento che riprende nodi fondamentali del pensiero e della figura di Àgnes Heller, una filosofa capace di orientare le scelte del tempo presente nella buona direzione. Leggendola - ho appena finito "La dignità dell'opera d'arte": un piccolo gioiello - si apprezzano il rigore, la lucidità, la capacità di sviluppo, la chiarezza di argomentazione che la pongono giustamente tra le pensatrici più significative del Novecento e di questo inizio secolo. Non stupisce che abbia ricoperto la cattedra intitolata ad Hannah Arendt a New York.

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  3. Non credo che tutti gli uomini nascano liberi, secondo l'assunto di Rousseau. Al contrario nasciamo tutti fortemente condizionati dalle condizioni psico-fisiche, dall'ambiente familiare e socio- culturale, dalla situazione storico-politico-economica del nostro paese di nascita.
    Tuttavia il condizionamento non è determinazione. Quindi per ciascuno, a partire dalla sua condizione, esiste un piccolo margine di libertà, cioè di compiere atti non determinati. Ma la libertà è prima di tutto liberazione da schiavitù interne oltre che esterne. Chi non è consapevole di essere schiavo, non farà mai il primo passo per liberarsi dalla schiavitù. Quindi al primo posto, credo, debba venire la formazione della coscienza critica, attraverso il confronto con altre forme di pensiero. Laddove questo non fosse possibile perché vietato, come nei regimi totalitari, ci sarebbe poco spazio per la consapevolezza di sé e del mondo. Ma anche i sistemi capitalistici, determinando una condizione di pesante disuguaglianza sociale e la conseguente forma di miseria per molti, condiziona fortemente a livello fisico, psichico, e culturale la capacità di autodeterminazione.
    Anche partendo da una situazione, diciamo normale, non estrema, la libertà non può che essere una conquista coraggiosa da tutte le " schiavitù" interne, dalle paure ai pregiudizi, dai vizi alle abitudini mentali. La conquista della libertà interna, essere liberi interiormente, precede la lotta per la libertà esterna, per l'affermazione dei diritti umani universali, per una vita significativamente umana, dove la cultura, la giustizia, la fraternità
    siano realtà possibili, sempre da perfezionare. Preferire la sicurezza alla libertà è la peggiore scelta possibile. Per vivere bisogna accettare di correre i rischi.

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    1. @Maria Paola Moglia. A partire da due assunti diversi: la libertà come condizione originaria di un ipotetico "stato di natura" che precede le coercizioni sociali (la tesi di Rousseau che la Heller fa propria) oppure la libertà come conquista e liberazione dalle "catene" esterne e interne(secondo la sua ricca proposta), comunque essa - la libertà - viene prima logicamente e assiologicamente rispetto alla sicurezza perché decide come e in che termini si intenda "essere sicuri". Questa mi pare anche la sua conclusione quando afferma: "Preferire la sicurezza alla libertà è la peggiore scelta possibile."
      Grazie per l'articolata riflessione che entra in un'ideale discussione con la pensatrice ungherese e, in generale, con i contenuti proposti in questo post. Un saluto.

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  4. Confesso di aver 'conosciuto' Agnes Heller solo in occasione della sua morte, grazie a uno scritto toccante del mio amico Augusto Cavadi, nel suo blog. Altrettanto intenso il tuo post, corredato dalle foto commoventi della Heller con Arturo Paoli e Bauman, come l pensatrice ungherese testimoni significativi del 1900. Quanto mai attuale il monito di questa pensatrice a non tornare "in terra d'Egitto" sacrificando la libertà a una equivoca idea di sicurezza. Grazie. Un caro saluto.

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    1. E' proprio come tu dici - una "equivoca idea di sicurezza" - e l'aggettivo “equivoca” ci riporta tristemente alla situazione italiana. Ciao, cara Maria. Un abbraccio.

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