Riflessione esistenziale sulla pensione.
Post di Rossana Rolando Illustrazioni di Alessandro Gottardo (Shout).
Alessandro Gottardo (Shout), Valigia |
Soprattutto se tende ad uscire dal
politically correct, che considera la pensione come la terra promessa da tutti agognata.
Certo vedo i miei colleghi, futuri
pensionati, felici per questa tappa raggiunta, vissuta con un misto di celata
malinconia - per chi ha più amato il proprio lavoro - e di manifesta
soddisfazione, direi anzi liberazione.
Perché allora mi assale questo senso - sottile, pervasivo - di tristezza?
Alessandro Gottardo (Shout), Coltivare il talento |
Ecco, sento forte questa “serranda di
ferro”.
O, ancor più duramente, avverto la cruda
verità di quanto la stessa Simone de Beauvoir afferma, ne La Terza età: “V’è quasi
sempre un’ambivalenza nel lavoro, che è al tempo stesso un asservimento, una
fatica, ma anche una fonte d’interesse, un elemento di equilibrio, e un fattore
di integrazione alla società. Quest’ambiguità si riflette nella pensione, che
si può considerare come una specie di grande vacanza, o come una caduta tra gli
scarti”¹.
Un pensiero scomodo, lo capisco bene.
C’è poi un altro aspetto che rende il
momento difficile.
In qualche modo è il linguaggio
dell’addio che risulta duro da pronunciare.
Alessandro Gottardo (Shout), [Viale della musica] |
Perciò non vorrei salutare, come dice Gianmaria Testa in una sua bella canzone, dal titolo Lasciami andare: “perché io non lo capisco/ il tempo giusto del saluto”. E ancora: “Non torneremo mai/ sui nostri passi mai/ non ci sarà più posto/ neanche di nascosto/ nei giorni andati mai/ non torneremo più/ o solo ricordare/ che il tempo del ricordo/ è il tempo del ritardo/ e non fa ritornare”.
Eppure, nella vita ci sono tanti addii,
inutile nasconderlo.
Derrida, sull’onda di Lévinas, un
filosofo che amo molto, spiega questa parola così evocativa:
“Penso che la parola addio possa significare almeno tre cose:
1) Il saluto o la benedizione data (prima di ogni linguaggio constativo,
‘addio’ può significare sia ‘buongiorno’, sia ‘ti vedo’, ‘vedo che sei qui’, io
ti parlo prima ancora di dirti qualsiasi altra cosa – e in Francia capita che
si dica addio nel momento
dell’incontro e non della separazione). 2) Il saluto o la benedizione data nel
momento di separarsi, o di lascarsi, talvolta per sempre (e non lo si può mai
escludere): senza ritorno quaggiù, nel momento della morte. 3) L’ad-Dio, il per
Dio o il davanti a Dio prima di tutto e in ogni rapporto all’altro, in ogni
altro addio. Ogni rapporto all’altro sarebbe, prima e dopo tutto, un addio”².
Alessandro Gottardo (Shout), [Albero della vita] |
In conclusione però, al di là di ogni
facile retorica, rifuggita volutamente in questo post, vi è forse qualcosa in
grado di mitigare la malinconia che accompagna ogni addio, ogni fine, ogni
linea superata.
Ed è l’idea della rinascita. Initium ut esset, creatus est homo (Agostino: “L’uomo è stato creato affinché ci fosse un inizio”). La frase ha profondamente influenzato
Hannah Arendt, la filosofa che concepisce la vita come cominciamento sempre
nuovo.
Ecco, solo se vissuta in questo modo, mi
pare che la pensione possa essere un traguardo, nel senso etimologico del guardare
attraverso, vedendo in essa un nuovo inizio.
Dedico dunque a tutti i pensionati
vecchi e nuovi questa citazione tratta da Vita
activa: “Se lasciate a se stesse, le faccende umane possono solo seguire la
legge della mortalità, che è la più certa e implacabile legge di una vita spesa
tra la nascita e la morte”, se non fosse per la facoltà di “iniziare qualcosa
di nuovo, una facoltà che è inerente all’azione, e ci ricorda in permanenza che
gli uomini, anche se devono morire, non
sono nati per morire ma per incominciare”.³
Note.
1. Simone de Beauvoir, La terza età, Einaudi, Torino 2002, p. 244.
2. Jacques Derrida, Addio a Emmanuel Lévinas, Jaka Book, Milano 1998, p. 69.
3. Hannah Arendt, Vita activa, Bompiani, Milano 2006, p. 182.
Note.
1. Simone de Beauvoir, La terza età, Einaudi, Torino 2002, p. 244.
2. Jacques Derrida, Addio a Emmanuel Lévinas, Jaka Book, Milano 1998, p. 69.
3. Hannah Arendt, Vita activa, Bompiani, Milano 2006, p. 182.
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Mi sento molto in sintonia con quanto scrivi. Ogni volta si sente la stretta al cuore, la serranda che si chiude... è sempre difficile lasciare...ma è anche bello, per me estremamente gioioso "essere aperti alla sorpresa". Scrivo di seguito una citazione di fr Roger di Taizé, in cui mi rispecchio:
RispondiElimina"la vita chiede di andare di scoperta in scoperta, da un inizio ad un altro inizio. Cercare in ogni situazione la pace del cuore. E scaturisce l'insperato"
Grazie di cuore. Un abbraccio Patrizia
Molto bella questa citazione di Roger di Taizé che aggiunge, rispetto alla dimensione prettamente filosofica della Arendt, l'elemento provvidenzialistico, dal quale scaturiscono sentimenti di pace e di speranza in ogni situazione di vita. Grazie, cara Patrizia, sono felice della sintonia. Un abbraccio.
EliminaBellissimo e di efficacia salutare il pensiero della Arendt. Incominciare, ricominciare, iniziare, innovare, rinnovare ovvero come modulare la nostra risposta alla morte, alla sua insensatezza, alla sua insostenibilità mentale, al suo assurdo mistero.
RispondiElimina(Rossana grazie per le considerazioni, ancora una volta, che amplificano la visuale).
Sì, questo è il vero punto ("la nostra risposta alla morte, alla sua insensatezza, alla sua insostenibilità mentale, al suo assurdo mistero") che collega le riflessioni dal sapore "tragico" di Simone de Beauvoir o di Derrida... con il pensiero della rinascita della Arendt, un pensiero che si pone proprio in aperta contrapposizione con le visioni filosofiche dell'uomo come "essere per la morte". Se non si sente "questo punto" tutto risulta banalizzato.
EliminaSempre mentalmente vicine io e te. Grazie, un abbraccio grande.
Bello questo post che ha il sapore di una meditazione Zen. Bello il fluire tra un pensiero e l'altro radicato nell'esperienza occidentale del mondo e della realtà. Nell'epoca del finimento di una civilizzazione in cui noi siamo stati chiamati a vivere (io oggi ho 63 anni ed il 1° dicembre 2024 mi hanno detto andrò in pensione) ogni area culturale di questo giardino che è la Terra fiorisce della più splendida coscienza dell'esistere. Il ricominciamento non lo vedremo ma cosa importa se questo crepuscolo illumina l'universo intero?
RispondiEliminaGrazie del suo commento "tra Oriente e Occidente", che allarga (così mi pare) la riflessione ad una dimensione cosmica, al tramonto della civiltà occidentale, come è stato teorizzato da molte parti.
EliminaUn saluto cordiale.
La vita è una serie di ricominciamenti, più che di addii. E andare in pensione significa potersi confrontare con esperienze straordinarie che possono riempire la vita con la stessa intensità di un lavoro amato.
RispondiEliminaCi sono sicuramente esperienze molto ricche di persone che hanno saputo interpretare l'età della pensione in modo significativo, per sé e per gli altri. Grazie, buona giornata.
EliminaUn crescendo di riflessioni , un crescendo di emozioni. Nella mia pelle ho provato la chiusura, ora sto provando di continuo la gioia del nuovo inizio. Grazie.
RispondiEliminaGrazie Rosario! Mi fa particolarmente piacere il tuo coinvolgimento emotivo, proprio di chi ha vissuto con intensità - nella pelle - queste fasi della vita. Del resto il post parte proprio da una dimensione affettiva. Un caro abbraccio.
RispondiEliminaProfonde queste considerazioni, anche se le sento venate di tristezza. Io sono in pensione ormai da 11 anni e, per quanto la mia vita lavorativa sia stata sostanzialmente serena, concluderla non mi ha lasciato nostalgie o la sensazione della "serranda di ferro". Ho avuto invece la gioia di voltare pagina e dedicarmi ad altro.
RispondiEliminaDella mia vita precedente mi è rimasta la bellezza di incontrare le persone ritrovando - anche a distanza di tempo - una gioiosa e spontanea capacità di dialogo come se ci fossimo lasciate solo ieri. Credo che tutto questo sia il frutto della condivisione quotidiana di tanti cose grandi e piccole, talora difficili, talaltra meno come in ogni lavoro. Una quotidianità e una consuetudine che però ci costruiscono rendendo solide certe relazioni talora anche al di là delle parole.
Grazie, Rossana, e buon pomeriggio!
Cara Annamaria, grazie per la condivisione della tua esperienza, ricca di spessore umano. Credo possa convivere con la tristezza degli "addii". In fondo la vita è polifonica e accoglie anche i contrari. Un grande abbraccio, Rossana.
EliminaDi queste riflessioni, da prof. in pensione da pochi mesi, ho bevuto ogni virgola e ogni accento. Credo che la vita in sé sia una continua morte e resurrezione, anche se certi addii sono più significativi di altri. L'importante è avere sempre passioni, interessi e progettualità sempre nuove, vive e tenaci. Grazie, cara Rossana.
RispondiEliminaHo pensato anche a te scrivendo questo post. Grazie del tuo commento coinvolto, sentito. Bella l'idea di una continua "morte e resurrezione". Un grande abbraccio.
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