La figura del profeta e la sua solitudine in un racconto di Nietzsche.
Post e fotografie di Rossana Rolando.
Monastero di Bose, Cellole |
Qui propongo una
lettura che ha suscitato in me - rispetto a questi
giorni di sofferenza e trepidazione per le vicende della Comunità e del suo fondatore
Enzo Bianchi - tutta una serie di risonanze interiori e che,
forse, può avere un qualche valore anche per altri.
Monastero di Bose, Pieve di Cellole |
Non deve stupire il fatto che si tratti
di una pagina nietzschiana: come accade spesso, il filosofo - comunemente
considerato nemico di ogni teologia - ci offre un racconto intriso di rimandi biblici, potremmo anche dire fortemente “religioso”.
E’ anzitutto la narrazione di un dialogo
interiore, nel silenzio più profondo: “ieri, verso sera, ha
parlato a me la mia ora senza voce”².
Ma è soprattutto la rappresentazione del profeta, schernito dagli uomini,
sofferente, portatore di un messaggio che lo supera, destinato alla solitudine,
costretto alla dura scuola dell’umiltà.
Il brano ha inizio con la figura del profeta
che deve andare via dai suoi amici, obbligato com'è a lasciarli, con suo grande strazio.
✴️ “Che
mi è successo, amici? Voi mi vedete smarrito, scacciato, docile mio malgrado,
pronto a partire – ahimè ad andare via da voi!”³
Monastero di Bose, Cellole |
Ed ecco la risposta: l’ora senza voce, “questo è il nome della mia terribile padrona”⁴.
✴️ Ma un altro interrogativo preme: perché
deve tornare nella “caverna” della sua solitudine? Qual è il motivo di tale
allontanamento?
E sopraggiunge la replica: deve andare via
perché i cuori non si induriscano verso di lui (De 15,7).
Il profeta è spaventato, sente mancargli
il terreno sotto i piedi, il suo animo è atterrito.
✴️ Nel silenzio inaudito ode parlare l’ora
senza voce. Lo invita a dire quello che sa, a portare il messaggio. Il profeta
sente che questo annuncio è al di sopra delle sue forze.
Ma l’ora senza voce lo avverte del fatto
che proprio l’infrangersi - come un vaso - è il prezzo dell’annuncio⁵.
Egli dubita di sé, del proprio compito nel mondo, è lì per attendere qualcun altro, più degno di lui (Mat 3,11).
Egli dubita di sé, del proprio compito nel mondo, è lì per attendere qualcun altro, più degno di lui (Mat 3,11).
Monastero di Bose, Cellole |
L’ora senza voce lo riprende: “la rugiada cade sull’erba,
quando la notte è più silenziosa”⁶. Egli non
può sapere l’effetto del suo agire.
Ma il profeta sperimenta l’amarezza di
chi lo ha deriso quando ha pensato di aver trovato la propria strada ed ha
iniziato a percorrerla. Ora gli sembra di aver perduto la via, di non saper più proseguire.
L’ora senza voce lo rimprovera: “che
importa dei loro scherni?”⁷. Il cammino intrapreso è nuovo e deve essere ancora
indicato, si devono poter osare cose grandi: “le parole più silenziose sono
quelle che portano la tempesta. Pensieri che incedono con passi di colomba,
guidano il mondo”⁸.
Ma il profeta è titubante. Si vergogna.
Sente intorno a sé le risate che gli dilaniano le viscere. Non è ancora pronto per quello che deve dire, solo ridiventando fanciullo potrà parlare senza vergogna.
L’ora senza voce lo ammonisce: “i tuoi frutti sono maturi, ma
tu non sei maturo per i tuoi frutti! Perciò bisogna che tu torni nella tua
solitudine: perché devi ammorbidire la tua scorza”⁹.
Monastero di Bose, Cellole |
✴️ Le risate si dileguano e scende un
doppio silenzio (delle risa e del suo cuore, dell’ora senza voce). Egli rimane
a terra, madido di sudore.
Altre cose ha da dire, ma non è ancora il tempo.
Il racconto termina con l'immagine del profeta “sopraffatto dalla violenza del dolore per la prossima separazione dagli amici,
tanto da singhiozzare forte”. E così conclude: “né alcuno seppe consolarlo. Quella notte, però,
egli andò via da solo e abbandonò i suoi amici”¹⁰.
Note.
1. Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Adelphi, Milano 1996, pp. 170-173.
2. Ibidem, p. 170.
3. Ibidem, p. 170.
4. Ibidem, p. 170.
5. Ibidem, p. 408. Motivo hölderliniano: il recipiente deve infrangersi dopo l'annuncio del divino.
6. Ibidem, p. 171.
7. Ibidem, p. 171-172.
8. Ibidem, p. 172.
9. Ibidem, p. 172.
10. Ibidem, p. 173.
Note.
1. Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Adelphi, Milano 1996, pp. 170-173.
2. Ibidem, p. 170.
3. Ibidem, p. 170.
4. Ibidem, p. 170.
5. Ibidem, p. 408. Motivo hölderliniano: il recipiente deve infrangersi dopo l'annuncio del divino.
6. Ibidem, p. 171.
7. Ibidem, p. 171-172.
8. Ibidem, p. 172.
9. Ibidem, p. 172.
10. Ibidem, p. 173.
Lo stile del Profeta. No comment. Grazie 🙏
RispondiEliminaCiao Rosario. Grazie a te. Il tema del rapporto tra verità e silenzio ritorna nei sofferti tweet di Enzo Bianchi, in questi giorni per lui - credo - terribili.
EliminaGrazie. Condivido il legame con Bose, l'affetto per tutti i fratelli e le sorelle, il dolore di questo momento... l'ora senza voce...!
RispondiEliminaSì, l'espressione "l'ora senza voce" è molto evocativa: indica una negazione della voce, quindi il silenzio, ma un silenzio che parla. E noi avvertiamo la duplicità del silenzio in cui la verità viene custodita e, nello stesso tempo, nascosta. Grazie.
EliminaSempre affascinante la lettura metaforica perché l'analogia è principalmente poetica ed affronta la complessità col suo linguaggio che non è dogmatico e non snocciola certezze.
RispondiEliminaLa vicenda reale di Bose non mi è chiara perché non ho trovato lumi leggendo gli articoli che ne parlano. A me piace molto Enzo Bianchi, non so i retroscena accaduti e che accadono. Seguo sempre "Alzando gli occhi verso il cielo " vi trovo sempre parole illuminanti e sapienti che vengono proferite nello stile che a me aggrada, mai la scolastica ma la domanda, l'interrogare.
Grazie Laura per aver sottolineato, con la tua solita acutezza, l'aspetto della lettura metaforica, scelta che è stata il frutto di un lungo ri-pensamento. E' difficile, infatti, come tu noti, dire qualcosa su questa vicenda, senza rischiare di fraintendere situazioni complicate o di "snocciolare certezze": per questo mi è parso che solo spostando il linguaggio - sul piano "poetico" - si potesse tentare di esprimere comunque una forte partecipazione al dolore vissuto. Condivido totalmente la bellezza dello stile interrogante, aperto, che è poi il fascino di Bose, come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi.
EliminaQuanto accaduto a Bose ha lasciato tutti noi senza parole. Solo pochi giorni fa prima che fosse giunta la notizia dei provvedimenti presi dal Vaticano avevamo sostato nella chiesetta del monastero ed avevamo parlato con gli amici di questa stupenda esperienza. Ci si chiede perché non è possibile conoscere le motivazioni alla base del severo provvedimento. Speriamo che lo spirito della Pentecoste scenda su tutti e protegga questa splendida esperienza ela rafforzi.
RispondiEliminaTra gli articoli letti, segnalo l'intervista a Riccardo Larini, intellettuale vicino alla Comunità di Bose, di cui ha fatto parte per undici anni. Mi pare aiuti a capire, almeno in parte: Intervista a Riccardo Larini.
EliminaBose non è mai stata amata dalla chiesa, per lo meno dalla gran parte delle sue alte gerarchie, e un momento interno di difficoltà ha consentito di adottare un provvedimento di particolare rilevanza che per la sua violenza sembra tradire l'intenzione di zittire per sempre Enzo Bianchi e affondare la credibilità di una comunità che ha cercato di ricomporre la frattura, sempre più larga, tra la chiesa e le persone, sempre meno convinte che il Vangelo possa essere qualcosa di buono per loro. Tutto ciò testimonia l'autenticità del messaggio di Bose e la difficoltà, che rasenta l'impossibilità, di riformare la chiesa. Sperando che queste mie affermazioni possano essere presto smentite dai fatti, cerchiamo di vivere questo evento come uno stimolo ulteriore alla nostra ricerca di bene. Un abbraccio, Giuseppe Grosso
RispondiEliminaCaro Giuseppe, l'aspetto doloroso di tutta la vicenda riguarda spaventosamente Enzo Bianchi (e gli altri fratelli e sorella allontanati), ma - come tu affermi - rischia di trascinare con sé la credibilità stessa della Comunità. Per quanto possiamo capire tutto sarebbe stato diverso se fosse stato gestito senza interventi delle gerarchie, senza la visibilità mediatica, pur arrivando agli stessi esiti (dato quello che dice Larini, nell'intervista che ho citato nel precedente commento: "Sicuramente, sia da quanto mi è dato di sapere personalmente, sia da tutto ciò che è stato pubblicato (e non) in questi giorni, mi pare chiaro che un distanziamento tra le parti si fosse ormai reso necessario. Per quanto si sia persone mature e di grande fede, ci sono momenti in cui la convivenza può essere solo deleteria. Perciò è bene che tutti possano respirare".
EliminaOra, solo il tempo ci saprà dire gli effetti di una scelta così drammatica, perché “imposta" ed "esposta". Un abbraccio.
"L'essenziale è invisibile agli occhi" ciò che è vero arriva al cuore e non si vede. Ciò che ho ricevuto dai miei amici monaci è incommensurabile e solo nella compassione vera riusciamo a fare silenzio e lasciare i nostri cuori a parlare anche a distanza. E con queste parole di Nietzsche, possiamo cercare di "sentire" espressi, nel silenzio, il loro dolore e anche una tenue luce di speranza. Grazie Rossana per questo bellissimo contributo. Patrizia
RispondiEliminaCara Patrizia, quello che dici è vero anche per noi. Molto abbiamo ricevuto da Bose, in molteplici forme. Credo che il nostro coinvolgimento profondo, commosso, lontano dal clamore - in fondo superficiale e indifferente - sia proprio dato da questo com-patire che, pur "a distanza", ci fa avvertire un dolore intimo, di quelli che si provano per le persone più care. Un abbraccio forte.
EliminaHo sempre apprezzato Enzo Bianchi, una figura animata da vero spirito profetico, e mi ha meravigliato il provvedimento del Vaticano perchè mi pareva che lui e Papa Francesco fossero sulla stessa lunghezza d'onda. Qui però si tratta di problemi interni alla comunità e si sa che, a volte, ci sono situazioni incresciose che solo la lontananza e il silenzio possono sanare.
RispondiEliminaPersonalmente, ho conosciuto Bose vent'anni fa quando ho seguito un corso tenuto da Manicardi, e poi anche in seguito. So di essere una voce fuori dal coro, ma devo dire che, a fronte di un livello culturale altissimo, non in tutti ho trovato quel calore che mi sarei aspettata. Intellettuali di grande di levatura, certo...ma umanamente un po' freddini. Forse è solo una questione comunicativa o forse non tutti hanno ereditato il calore di fratel Enzo. E in ogni caso le mie personali impressioni non tolgono nulla al valore spirituale di questa comunità e alla sua storia.
Grazie a te, Rossana, di averne parlato con la discrezione che si addice a questo momento di sofferenza.
Ciao Annamaria, grazie per aver condiviso qui la tua esperienza, anche nelle notazioni meno entusiastiche del rapporto umano.
RispondiEliminaCome tu dici, il livello culturale mi pare comunque una delle grandi ricchezze di questa esperienza monastica: un modo di vivere la fede che allarga gli orizzonti a tutte le forme della bellezza, una Comunità che apre nuove vie ecumeniche, un approccio alle Scritture che fa respirare, un linguaggio - anche liturgico - che sa attirare...
Tutto questo ci fa guardare con gratitudine a Bose e ad Enzo Bianchi che ne rimane il grande ispiratore e fondatore.
Un abbraccio.
L’ora senza voce lo ammonisce: “i tuoi frutti sono maturi, ma tu non sei maturo per i tuoi frutti! Perciò bisogna che tu torni nella tua solitudine: perché devi ammorbidire la tua scorza”: forse una delle chiavi di lettura, espressa con delicatezza prudente e utilizzo di metafore poetiche. Speriamo che - nonostante i problemi umani - lo Spirito continui ad aleggiare sulla Comunità. Un abbraccio e buona domenica.
RispondiEliminaCiao Maria. Condivido con te questa speranza: credo che al di là della ferita lacerante di questi giorni, la vera fedeltà ad Enzo Bianchi si misurerà nella capacità di custodire e far crescere il suo sogno, quello di una Comunità in cui "aleggia lo Spirito". Grazie, un abbraccio a te e buona domenica.
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