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lunedì 1 gennaio 2024

Fiabe.

Nelle fiabe popolari, peraltro, si condensa la cifra universale delle letterature.
Post di Rosario Grillo
Illustrazioni di Otto Kubel (1868-1951).

Otto Kubel, Cappuccetto rosso, 1930
Tutti siamo stati bambini e, in quanto tali, siamo stati educati dalle fiabe popolari. Nelle fiabe popolari, peraltro, si condensa la cifra universale delle letterature. A conferma di ciò, ritroviamo certe novelle - si cominci pure dalle Mille e una notte (1) - nell’Olimpo delle letterature. Così pure molte volte possiamo far discendere il retaggio culturale di alcuni letterati, autori di poesie e di romanzi di riconosciuta grandezza mondiale, dal loro sicuro possesso della sapienza popolare concentrata nella novellistica.
L’intervento della psicanalisi ha messo in risalto il significato recondito ed insieme la funzione svolta dalle novelle. In esse si nascondono certi “archetipi”: figure emblematiche del processo di formazione della persona, sia nella chiave individuale che in quella sociale. Da questa misura nasce la loro pregnanza popolare: spiccano cioè le figure tipiche di una tradizione comunitaria.
Proseguendo su questo binario, possiamo anche capire le ragioni delle riedizioni o, meglio ancora, delle rivisitazioni di alcune fiabe nel ritratto aggiornato di personaggi famosi (Cenerentola Biancaneve eccetera). Esplicitamente Bruno Bettelheim ha scritto: “nulla può essere in grado di arricchire e divertire sia bambini sia adulti quanto la fiaba popolare… Esse possono essere più istruttive e rivelatrici circa i problemi interiori degli esseri umani e la giusta soluzione alle loro difficoltà in qualsiasi società” .(2) Permanendo quindi una personalità in sviluppo, che, secondo i canoni del padre della psicoanalisi Sigmund Freud, percorre i gradi della sua formazione al fine del controllo della sua libido e della chiusura della adolescenza con l’abbandono delle figure genitoriali e l’inserimento nella società adulta, mutano solo gli accessori ovvero quelle forme che vengono assunte in coerenza con il costume. (3)
Otto Kubel, Cappuccetto rosso, 1930
È appunto questa “chiave di registro” che porta alla ricomparsa di tante novelle popolari, che aiuta a spiegare lo status di immortalità che viene accordato a certe fiabe, con la riserva dell’aggiornamento. Spiego ancora meglio: è fondamentale riconoscere la “base popolare” che le novelle assumono e che, in esse, rivestono i protagonisti.
Da qui il peso del lavoro compiuto dagli autori per confortare questo indice. La premessa, che ho voluto fare, viene a confermare la bontà del lavoro della trasmissione Passato e presente, che (puntata dell’11/12/2023) ha deciso di approfondire l’opera dei fratelli Grimm.
Sterminata la produzione letteraria di questi fratelli che, avvicinati fuori dalla “oleografica immagine” di padri delle fiabe che ci hanno fatto crescere, prendono il colore dei grandi produttori editoriali e, cosa ancor più significativa, risultano membri di un importante e composito cenacolo intellettuale. Ci spostiamo così in un periodo, dopo la battaglia di Jena (1806), che vide l’impegno di parecchi intellettuali tedeschi - Jena è cittadina della Prussia - che operarono per la rinascita della Germania. (4)
In questo cenacolo i Grimm si trovarono in sintonia con Novalis, (5) con Schlegel, in misura larga con molti esponenti del romanticismo tedesco. (6)
È quello, infatti, un tornante decisivo della storia tedesca che, a seguito della lezione del criticismo kantiano, volge in chiave di “missione pedagogico-civile” il ruolo della cultura. Dall’arte alla filosofia, alla storia e alla religione, al diritto (7), è un concerto di risveglio dell’anima popolare, più o meno ruotante attorno al primato del sentimento. (8)
Otto Kubel, Cappuccetto rosso, 1930
È ovvio il rimando a Fichte, importante filosofo dell’idealismo tedesco, impegnato a riconoscere la libera attività dell’Io, e da lì a racchiudere nell’organicità di un popolo, unito sotto una stessa lingua viva, la missione della nazione.
Si sono composti quindi tutti gli elementi che formano il quadro della rilevante opera letteraria dei Grimm. Per definire la loro opera, restava da fare la “ripulitura” della tradizione orale. Si metteva allora il timbro della “coscienza popolare”.
 
Note.
(1) Per la nostra tradizione, fulcro della novellistica.
(2) Bruno Bettelheim, Il mondo incantato, UE Feltrinelli 1975.
(3) Riconosco a Freud una sostanziale aderenza al paradigma sociale di riferimento.
(4) Rinascimento e Risorgimento sono intercambiabili nel significato spirituale. Di sicuro allora cominciò il percorso che portò all’unificazione tedesca. Se di questa sarà artefice la realpolitik di Bismark, battente sull’uso della “forza”, sterile essa sarebbe stata in mancanza del pregnante background culturale.
(5) Vedi www.lacooltura.com/ fratelli grimm.
(6) È vero anche che il Romanticismo va periodizzato e i Grimm rientrano nel secondo, ma l’afflato è comune.
(7) I fratelli Grimm studiarono giurisprudenza alla scuola di Savigny e con lui condivisero l’appartenenza di diritto e poesia al “Geist des volks”.
(8) Certo non possiamo far rientrare Hegel, diffidente verso il sentimento o l‘intuizione ma, in tutt’altro modo, il filosofo di Berlino asseconda la temperie romantica.
 
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2 commenti:

  1. Una ventata di freschezza assieme a un ventaglio di sapienti riflessioni filosofiche. Risultato: così si fa cultura. Grazie, caro Rosario.

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  2. Troppo buono, Gian Maria! Il mio ringraziamento a Rossana per il suo lavoro inappuntabile 🫂

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