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venerdì 4 novembre 2016

Una riflessione personale sul 4 novembre.

In questo articolo il 4 novembre, lungi da ogni retorica celebrativa, viene ricordato nei suoi riflessi sulle vicende personali e collettive e nel suo essere ancora oggi monito rivolto a tutti perché si continui a operare e a sperare in un domani di fraternità.
Di Gian Maria Zavattaro.
La virtù che amo di più - dice Dio - è la speranza.
 La fede non mi stupisce. Non è stupefacente. Sì, io risplendo a tal punto
nella mia creazione, che, per non vedermi, questa buona gente dovrebbe essere cieca.
 L’amore  - dice Dio -  non mi stupisce.  Queste povere creature sono così infelici:
 come potrebbero non avere pietà l’una dell’altra, a meno che non abbiano un cuore di pietra.
  Che questi poveri figli vedano come vanno le cose e credano che domani andrà meglio.
 Questo è stupefacente”
 (Ch .Pèguy)
Ripropongo  una riflessione personale su ciò che la prima
guerra mondiale ha rappresentato per tante famiglie, come la mia.

Redipuglia, Cimitero Militare
(Collezione Umberto Fabiani)
Il 4 novembre è per me un giorno di trepida mestizia, unita ad una pervicace speranza. Non riesco a provare altri sentimenti. Questo post vuole essere un tributo, tenero come un abbraccio fraterno, alle miriadi di morti, in ogni parte del mondo, a causa delle guerre di ieri e di oggi.
Secondo le stime della gran parte degli storici il totale dei morti nella prima guerra mondiale, tra militari e civili, è compreso tra i 15 e i 17 milioni, di cui circa 1.200.000 italiani (militari e civili).
Dalle doline del Carso 
(Collezione Claudio Granella)
Tra loro anche mio nonno paterno, morto sul Carso cent’anni fa (dicembre 1916), lasciando una vedova ventiquattrenne, mia nonna, e due bimbi piccoli, mio padre e mio zio. Da allora la mia famiglia è stata segnata per decenni, e lo è per certi versi ancora oggi, da questo tragico e per noi assurdo e inconcepibile lutto. Così è stato per centinaia di migliaia di famiglie in Italia e per milioni nel mondo.
Non ho nessuna voglia di celebrare il 4 novembre sotto altra forma se non quella di ricordare il pianto di vedove ed orfani prematuramente privati degli affetti più cari da un’ inutile strage”, che  nulla sembra insegnare a noi  uomini e donne del 2016. Non è questione di essere o non  essere pacifisti. Certo, mi dichiaro e voglio essere pacifico (operatore di pace, dal lat. pacifĭcus, comp. di pax-pacis ‘pace’ e il suffisso -ficus,  der. di facĕre ‘fare’), ma non pacificato dalle guerre di ieri e di oggi.

Le vostre spose 
e i vostri figli attendono 
(Collezione Claudio Granella)
Non voglio ricordare solo i morti, voglio  ricordare anche  il ritorno a casa dei vivi alla fine del conflitto. La guerra, oltre ad impegnare ed esaurire le disponibilità economiche e finanziarie dei paesi belligeranti, li aveva costretti, nella quasi totalità, a gravarsi di debiti pesantissimi; l’industria doveva affrontare il problema della riconversione dalla guerra alla pace, con l’aggravante di manodopera qualificata falcidiata dalla guerra; le campagne, che avevano fornito agli eserciti il maggior numero di combattenti, presentavano  il desolante aspetto delle terre abbandonate.  Penso alla fame ed alla miseria imperversanti, alla rivoluzione russa, al biennio rosso, all’avvento del  fascismo e…..ai calci che il “principale” (così si chiamava il datore di lavoro) regolarmente affibbiava al fondoschiena di mio padre, bambino orfano  costretto per necessità a 10 anni a lavorare…
Il barbaro ti rapisce 
i beni e le robe 
(Collezione Claudio Granella)
Nei paesi “vinti”  ancor più drammatica la situazione a causa delle dure condizioni imposte dai vincitori. Ma ovunque i fenomeni tipici del dopoguerra: inflazione, scarsità di beni di consumo, rincaro spaventoso dei prezzi. Scampati dalla morte in guerra, i reduci e le loro famiglie dovevano affrontare una quotidiana lotta per l’esistenza, non meno drammatica. Soprattutto tragico il ritorno e il destino dei mutilati ed invalidi, non importa se “vincitori” o “vinti”, tutti ugualmente condannati a vivere giorni stentati e dolorosi, impreparati ad  inserirsi nella vita familiare e civile, spesso travolti dalle implicazioni materiali psicologiche e morali del loro status fisico e mentale, che sconvolgeva e rendeva angosciante la loro esistenza quotidiana.
(Collezione Umberto Fabiani)
Giorno di amarezza il quattro novembre e di insopportabile sgomento per l’ipocrita retorica di certe tronfie celebrazioni alla memoria, che non costano niente, se non ai contribuenti.
La memoria, quella vera profonda,  è altra cosa. Amo il mio Paese, l’Italia, non tanto per la vittoria di 98 anni fa, ma per la capacità della sua gente - i nostri tris/bisnonni, nonni e  padri - di non arrendersi mai, di operare e sperare in un domani di fraternità per le nuove e future generazioni.
Questo è il testimone che ho raccolto ed è anche oggi la mia speranza.

Tutte le immagini delle cartoline sono tratte dal sito Associazione Storica Cimeeetrincee.

Collezione Umberto Fabiani

20 commenti:


  1. Ormai è da più di un anno che gira la "ruota retorica" della commemorazione della Grande Guerra, sulla briglia del centenario. Poco si è fin qui ricavato, soprattutto in tema di nuove ipotesi storiografiche. Molto invece si è speso, ed improvvidamente , visto il periodo di austerità. Sulla falsariga della historia magistra vitae si dovrebbe pensare a trarre esortazione per "vivere in pace". Il pontefice ci interpella con l'espressione di " guerra a pezzetti ", continua e martoriante. Gian Maria ci invita ad incamminarci sulla giusta strada.
    Molte considerazioni sì potrebbero fare sulla sconsideratezza della Grande Guerra, rimuovendo la retorica patriotttica matrice del fascismo successivo, ricordando le sue cause "imperialiste", ricordando le assurde sistemazioni geopolitiche conseguenti. Molto meglio, come fa Già Maria, acconciarvi alla "Speranza", fonte di vita.

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    1. Fai bene, caro Rosario, a sottolineare le guerre in atto come ”guerra a pezzetti” quasi, per citare ancora papa Francesco, i molteplici volti di una terza guerra mondiale. Mi va di ancorarmi con te e tanti altri alla “fonte di vita la Speranza”.

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  2. Mariapaola Benedetti4 novembre 2016 alle ore 12:17

    Un post bellissimo. Quando guardo a questi figli nostri mi chiedo se mai arriverà loro l'eco di tanta infelicità, e con essa il grande rispetto per la nostra patria, le nostre istituzioni in genere cosi mal rappresentate.

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    1. Ho bazzicato con i giovani per 42 anni, mi sono sfilate davanti tante generazioni ed ho sperimentato l’impegno e la sete di conoscenza non di tutti, ma di tante significative minoranze. Rimango fiducioso.

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  3. La mia famiglia non ha avuto lutti diretti nel corso della Grande Guerra, ma ricordo bene nell'infanzia come era presente il ricordo di essa. Racconti e soprattutto canzoni cantate da mamma. Ancora mi capita di fischiettare Monte Nero, nero e traditore, ... tutti giovani sui ventanni....; i monumenti ai caduti in tutti i paesi dell'isola , e poi i libri, i film: Un anno sull'altopiano, Orizzonti di gloria. Da qualche anno vivo in Trentino, dapprima a Rovereto dove ogni sera sentivo i cento rintocchi densi di Maria Dolens, ora a Riva del Garda dove sono evidenti le tracce delle fortificazioni austriache a difesa del settore. Riva fu più volte bombardata, dagli italiani e la popolazione evacuata.

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    1. L’altra sera ho rivisto alla tv "Uomini contro", ovvero Un anno sull’altopiano. Due o tre anni fa mia moglie ed io abbiamo pellegrinato per le valli e le montagne del Veneto, del Trentino-Alto Adige e della Venezia Giulia visitando luoghi, sacrari, musei, testimonianze della vita di trincea e della vita dei civili là residenti in tempo di guerra…… Quanti militi ignoti! Quanti orrori, quante assurdità, quante sofferenze patite…. Anche a me capita di canticchiare vecchie canzoni della “grande” guerra e rileggere libri e memorie (ad es. la collana sulla prima guerra mondiale curata e pubblicata da Famiglia cristiana lo scorso anno).

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  4. Faccio mia, e condivido in toto, la riflessione di Gian Maria Zavattaro sul IV Novembre.
    Le vicende dell'apparentemente lontana Prima Guera Mondiale hanno segnato, per fortuna in maniera meno drammatica, anche la storia della mia famiglia. Mio nonno materno, Angelo, precettato come tanti a soli diciotto anni per andare a farsi massacrare negli assalti all'arma bianca, fu colpito da un cecchino tedesco in pieno cranio, sul Monte Grappa. Fortuna volle, mi raccontava quand'ero piccino, che il proiettile prima di colpirlo trapassasse un albero e poi il suo mulo, di cui era conducente, smorzandone l'effetto devastante. Seguirono lunghi mesi di vita sospesa, affidata alle povere cure dell'epoca: poi il miracolo, la lenta ma costante ripresa, il ritorno a casa dove lo aspettavano una moglie ed i suoi campi.
    Se n'è andato alla veneranda età di 85 anni, portando con sè, ben piantato nella scatola cranica, il proiettile di fabbricazione tedesca, ricordo, non l'unico, di quella guerra.
    A me ha lasciato i suoi ricordi, le sue storie fatte di tricee e di grappa a litri distribuita ai ragazzini impauriti prima di mandarli al massacro, di marce nella neve e nel fango, dei suoi commilitoni analfabeti che venivano da lontano, da luoghi che nemmeno conosceva (Sicilia, Sardegna...) e che con lui condividevano, pur parlando lingue altre, il poco che c'era, comprese le paure e le speranze.
    Mi sono ripromesso, quando ne verrà riesumata la salma, di recuperare il famoso proiettile, e di custodirlo gelosamente. Perchè i ricordi si fanno più vaghi ed incerti col passare del tempo: servono oggetti concreti per richiamarli con chiarezza al presente. Devo poi anche a quel proiettile, e a mio nonno Angelo, il mio provare ad essere "pacifico (operatore di pace, dal lat. pacifĭcus, comp. di pax-pacis ‘pace’ e il suffisso -ficus, der. di facĕre ‘fare’), ma non pacificato dalle guerre di ieri e di oggi."

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    1. Ha ragione: “servono oggetti concreti per richiamarli con chiarezza al presente” e suo nonno Angelo,la sua storia, le sue vicissitudini,il proiettile di fabbricazione tedesca “piantato nella scatola cranica” sono emblematica testimonianza. Spero proprio che possa recuperare e custodire gelosamente il famoso proiettile.

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  5. Visto ieri sera Orizzonti di gloria, di Stanley Kubrick, e ho pensato che dovrebbero mostrarlo nelle scuole medie, al primo anno.

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    1. Io ho rivisto l’altra sera Uomini contro di Rosi. Sono d’accordo con lei che le scuole medie (e tutte le superiori, non solo i licei) dovrebbero essere dotate di questi sussidi didattici e nelle biblioteche dovrebbero trovar posto libri come quelli di Lussu, Remarque, Cobb, Rigori Stern, De Roberto… Buona serata.

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  6. Ancora una volta intensamente vere le riflessioni presentate nel post, a evidenziare l'incredibile limitatezza con la quale viene raccontato, almeno nelle fonti prevalenti, il 4 novembre. La riflessione sulla guerra, simbolo dell'incapacità umana a gestire la propria convivenza, mi ricorda il lavoro che sta facendo il "Forum dell'Etica Civile", promosso da varie associazioni, per individuare, ricercare, condividere modalità adeguate per il vivere umano. La realtà così consistente del vostro blog con le centinaia di riflessioni proposte e condivise dalle migliaia di visualizzazioni potrebbe forse partecipare a questa ricerca. Grazie ancora del vostro lavoro! Un forte abbraccio! Giuseppe Grosso

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    1. Caro Giuseppe, perché no? Forse ci puoi aiutare per partecipare a questa ricerca del Forum dell’Etica civile. Intanto noi aspettiamo sempre il tuo intervento su Ivano Fossati… Un caro abbraccio a te, Patrizia, Francesco e Michele. Buona serata.

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  7. Carissimo Gian Maria, accolgo per il momento parzialmente il tuo rilancio! Il Forum dell'Etica Civile è reperibile in www.fondazionelanza.net/eticacivile o più semplicemente scrivendo "forum etica civile" su un motore di ricerca. Non conosco approfonditamente il Forum, ma leggendo nel sito chi sono i promotori, i partecipanti - sia enti che persone - e le finalità mi paiono molto in linea con quelle del Vostro blog. A Milano nei giorni 1 e 2 aprile 2017 si svolgerà il II Forum, sul tema della cittadinanza. E' una opportunità da esplorare che potrebbe interessare anche i tanti frequentatori del blog. Ancora un sincero ringraziamento per la vostra amicizia e un forte abbraccio, Giuseppe Grosso

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  8. Mi sono commossa ... il suo articolo, che vale più di un capitolo di un manuale storico, sarà tra qualche giorno letto dai miei alunni di III media a commento dell'"inutile strage" che fu la I guerra mondiale. Grazie. Grazie di cuore.

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    1. Grazie a Lei, gent.le Mari da solcare, che ogni volta testimonia la sua sensibilità di madre e di educatrice. E porga i nostri saluti ai suoi alunni...

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  9. La tua riflessione, carissimo Gian Maria, è e sarà sempre riproponibile. Credimi. Un grosso abbraccio.

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  10. Caro Gianmaria, grazie per questa tua bella e profonda riflessione nella quale mi ritrovo perfettamente. Mio padre, dopo lo sfacelo di Caporetto, fu mandato al fronte. Non aveva ancora diciotto anni e portò per sempre dentro di sé le cicatrici di quella guerra disgraziata. Non parlò praticamente mai di quella sua vicenda e i pochi racconti della sua esperienza di guerra dovevo tirarglieli fuori di bocca a forza e si comprendeva quale tragedia avesse vissuto in una età nella quale i nostri figli e nipoti vengono considerati poco più che adolescenti. Mentre scrivo queste righe vedo sulla parete il quadretto con il congedo e la croce di cavaliere di Vittorio Veneto che gli furono rilasciati dopo il ritorno dal fronte e leggo le parole che vi sono scritte: "durante il tempo passato in guerra ha servito con fedeltà ed onore". Ma lui non ne era orgoglioso, tanto che queste cose le abbiamo trovate solo dopo la sua morte. Sono convinto che il troppo sangue e le tante atrocità vissute in quel periodo lo spingessero a cancellarne anche il ricordo.

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  11. Caro Fabio, mi ha colpito profondamente la vicenda di tuo padre con le sue cicatrici mai rimarginate. E mi sovviene mio padre rimasto orfano di guerra in tenerissima età senza praticamente aver conosciuto mio nonno; mi sovvengono le sue lacrime che versava, già anziano come sono io ora, al ricordo confuso della sua figura e della perdita degli affetti paterni. E poi sorrido alla sua rivincita, quando penso a lui ed a mia madre che hanno risposto all’insensatezza di ogni guerra con la loro vita meravigliosa dando alla luce ed alla vita i loro 10 (dieci) figli (io sono il quarto). Grazie, caro amico, a cui devo molto.

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    1. Caro amico grazie per le tue parole. Non te l'ho mai detto, ma tu sei la persona che, pur lontana fisicamente, sento più vicina al mio modo di concepire le vicende umane. Quel Vangelo vorrà pur dire qualcosa!! Un abbraccio.

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