Che cosa vuol dire essere laici?
Qual è la differenza tra laicità e laicismo? Per i cattolici essere
laici è una discutibile opzione o invece un dovere?
Laico, nel linguaggio comune, è
- nella società - chi non ha religione o la contesta; è - nella
chiesa cattolica - chi non appartiene al clero.
Laico è ... chi non fa parte del clero? |
Per Roberto Mancini invece (cfr. Sperare
con tutti, Ed. Qiqajon, Comunità di Bose, Magnano (Bi), 2010, pp.
107-109) la laicità non si definisce per contrapposizione, perché
laici siamo tutti in quanto apparteniamo al ”laòs”, al “popolo” che
è l’umanità intera, appartenenza senza proprietà, identità inclusiva - quella
di essere umano - che impegna tutti alla responsabilità per la vita
comune. La laicità non è un’ideologia, ma “una consapevolezza che si
fa carico dell’universale condizione terrestre, della corresponsabilità,
dell’ospitalità, del dialogo come dinamica di gestazione delle decisioni
collettive, della giustizia verso chiunque”. Profondamente laici sono dunque i
cristiani, come già nei primi secoli attestava l’anonimo autore della Lettera
a Diogneto (1).
Laico è ... ogni uomo che si fa carico della condizione umana ... |
La laicità, quando si fa
ideologia, si trasforma in laicismo, che in senso largo comprende ogni
visione del mondo e della vita preoccupata di escludere la religione dalla vita
pubblica.
Laicità non significa laicismo ... |
... non significa anticlericalismo ... |
... che è poi l'antitetico corrispondente del clericalismo ... |
“La laicità – ribadisce Mancini -
non implica la rinuncia alla “verità” nello spazio pubblico e chiede
qualcosa di meglio che il fondamentalismo o il relativismo: chiede l’assunzione
della verità nel pluralismo. Assunzione ardua, piena di conflitti, ma
indispensabile e feconda”.
L’affermazione trova, a mio
avviso, il suo coronamento nella scuola statale: in essa coesistono
uomini e donne, giovani ed adulti, che si rifanno a concezioni diverse e
che tuttavia non rinunciano alle idee ed agli ideali, anzi ritrovano il modo di
crescere grazie al loro confronto reciproco ed alle loro diversità.
Laicità della scuola non è
neutralità né svuota l’insegnamento dall’attitudine a giudicare ed impegnarsi.
E’ piuttosto volere che ciascun alunno acceda al pensiero personale di fronte
alle questioni principali che pone e gli porrà la vita; si vieta a
qualunque insegnamento dottrinario, ma non dimentica che si
possono educare i giovani e suscitare vocazioni solo se si
hanno ideali che diffondono un'idea dell'uomo e dei valori da promuovere.
Ecco il senso profondamente anti
ideologico della scuola statale laica. Per questo vado fiero di essere
stato per 42 anni, in trincea, nella scuola statale e vado fiero della
testimonianza offerta quotidianamente da mia moglie (2).
... senza scontri ideologici ... |
... nella capacità di dialogare al di là delle diverse fedi, dei diversi orientamenti ... |
... convergendo su determinati valori ... |
Copertina dell'edizione antologica della rivista L'Asino, edita da Feltrinelli nel 1970. |
(1) “I cristiani non si distinguono dagli altri
uomini né per territorio né per lingua né per il modo di vestire. Non abitano
mai città loro proprie, non si servono di un gergo particolare né conducono uno
speciale genere di vita. La loro dottrina non è dovuta a una intuizione geniale
o alle elucubrazioni di spiriti che si perdono dietro a vane questioni. Essi
non professano, come tanti altri, dottrine umane insegnate dall’uno o
dall’altro caposcuola. Sono sparpagliati nelle città greche e barbare, secondo
che a ciascuno è toccato in sorte. Si conformano alle usanze locali nel
vestire, nel cibo, nel modo di comportarsi; e tuttavia, nella loro maniera di
vivere, manifestano il meraviglioso paradosso, riconosciuto da tutti, della
loro società spirituale. Abitano ciascuno nella propria patria, ma come
immigrati che hanno il permesso di soggiorno. Adempiono a tutti i loro doveri
di cittadini, eppure sopportano i pesi della vita sociale con interiore
distacco. Ogni terra straniera per loro è patria, ma ogni patria è terra
straniera. Si sposano e hanno figli come tutti, ma non abbandonano i neonati.
Mettono vicendevolmente a disposizione la mensa, ma non le donne. Vivono nella
carne, ma non secondo la carne. Dimorano sulla terra, ma sono cittadini del
cielo. Obbediscono alle leggi statali, ma con il loro modo di vivere vanno ben
al di là delle leggi. Amano tutti e tutti li perseguitano” (V,1-11).
(2) Senza
fraintendimenti nei riguardi delle scuole paritarie, specie quelle religiose, che
per legge (Berlinguer!) sono pubbliche, svolgono una funzione di servizio
riconosciuta di pubblica utilità, sussidiaria, suppletiva laddove la scuola
statale non c’è. Tutti hanno il diritto (e per qualcuno si tratta anche di
dovere) di esercitare la loro libertà educazionale iscrivendo i propri figli
nelle strutture educative non statali che ritengono rispondenti alle loro
aspettative ed ideali. Non amiamo le guerre manichee e le crociate ideologiche:
il nostro impegno personale e professionale è stato e continua ad essere “per”
la scuola pubblica statale e “non contro” la paritaria, specie quella
confessionale. Difendiamo ad oltranza la scuola statale per i valori che essa
esprime o deve esprimere e non per suggestioni anticlericali e pregiudizi ideologici.
Difendiamo una scuola per tutti, pretendiamo che i finanziamenti alle paritarie
rispettino il dettato costituzionale; vogliamo impedire che i nostri
politicanti decidano impunemente di privilegiare la scuola paritaria per bieche
ragioni di seduzione elettorale e non a favore della comunità cittadina, come
temiamo sia successo in questi ultimi dieci anni ad Albenga; non accettiamo che
sussidiaria o suppletiva diventi e venga considerata la scuola statale e non
viceversa …
(3) Il laico cattolico, nel difficile equilibrio tra
attesa escatologica ed impegno storico, tra città terrena e città celeste, è
chiamato con umiltà e determinazione a testimoniare, senza proselitismi, il
paradosso della croce e dell’amore cristiano, che nel concreto significa
smascheramento di ogni idolatria, abolizione dell’inimicizia, scelta degli
ultimi e dei penultimi, discernimento contro ogni tentazione del potere,
individuando, insieme a tutti gli altri, percorsi che possano contribuire alla
costruzione di un’autentica città plurale ovvero di una città nella quale non
vi siano scontri fra civiltà e nella quale le diverse culture possano convivere
nella direzione di una solidarietà, di una giustizia e di una pace globale. Si
veda in proposito la Gaudium et Spes (in particolare n. 34 e n.67).
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