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giovedì 31 dicembre 2015

Buon anno con Florenskij e Vermeer. Le cose fatte bene.

Jan Vermeer, 
La merlettaia.
Amati figlioletti miei, il mio cuore si strugge per voi. […] Eccovi una cosa che non posso non scrivere: abituatevi, educate voi stessi a fare tutto ciò che fate perfettamente, con cura e precisione; che il vostro agire non abbia niente di impreciso, non fate niente senza provarvi gusto, in modo grossolano. Ricordatevi che nell’approssimazione si può perdere tutta la vita, mentre al contrario, nel compiere con precisione e al ritmo giusto anche le cose di secondaria importanza, si possono scoprire molti aspetti che in seguito potranno essere per voi fonte profondissima di un nuovo atto creativo […]. 
Jan Vermeer, 
La merlettaia, particolare
E ancora. Chi agisce con approssimazione, si abitua anche a parlare con approssimazione, e il parlare grossolano, impreciso e sciatto coinvolge in questa indeterminatezza anche il pensiero. Cari figlioletti miei, non permettete a voi stessi di pensare in maniera grossolana. Il pensiero è un dono di Dio ed esige che si abbia cura di sé. Essere precisi e chiari nei propri pensieri è il pegno della libertà spirituale e della gioia del pensiero (Pavel A. Florenskij, Non dimenticatemi, Mondadori, Milano 2011, pp. 417-18).

Jan Vermeer, 
La merlettaia, particolare
L’augurio a ciascuno per il nuovo anno che deve venire, si intreccia con questo monito di Pavel A. Florenskij e con la significativa immagine de La merlettaia di Jan Vermeer. Avere il gusto delle cose fatte bene: questo vogliamo augurare ai nostri giorni futuri. Non importa il ruolo sociale che ricopriamo o l’entità dell’impresa a cui mettiamo mano – svolgere una professione, piantare un fiore, scrivere una lettera, raccontare una fiaba, cucinare un pietanza… - qualsiasi azione sia fatta “in maniera perfetta”.
Già gli antichi attribuivano al lavoro compiuto, fatto bene, un grande valore: in questo senso Pitagora riteneva che il finito fosse meglio dell’infinito - pensato come il non finito, l’incompiuto… - e Platone poneva la giustizia della convivenza sociale nell’adempiere, con intima convinzione, il proprio compito, nel “fare la cosa propria”. 
Jan Vermeer, 
La merlettaia, particolare
L’invito di Florenskij si concentra su alcuni punti chiave: l'idea  che ogni slancio innovativo e creativo si radica e trova il suo  humus in una paziente, costante, umile laboriosità; la convinzione che le cose affrontate con pressapochismo non sono soltanto cose fatte male, ma si traducono in una dispersione di noi stessi, nel momento in cui gettiamo via l’occasione per trasformare l'attimo che viviamo in un piccolo capolavoro; l’osservazione secondo la quale il gusto con cui ci muoviamo e operiamo conferisce qualità, bellezza e perfezione a quanto facciamo; l’avvertimento che l’approssimazione può diventare un habitus mentale, può coinvolgere il nostro parlare e pensare e, quindi, tutto quello che noi siamo, rendendo tutta la nostra vita imperfetta e incompiuta.

Jan Vermeer, La merlettaia.

L'arte e il contenuto etico.La merlettaia, del pittore olandese Jan Vermeer, è un dipinto del secondo Seicento. Tutto, in questa rappresentazione, converge sull’atto concentrato del ricamare. La ragazza che viene raffigurata è completamente raccolta nel suo gesto, è tutta dentro il suo gesto, umile e quotidiano, ma capace di assorbirla intimamente.  Perciò lo sfondo in cui si colloca è spoglio, lo stesso viso della giovane non tradisce alcun pensiero, alcun sentimento: nessun dettaglio deve distrarre lo sguardo dell'osservatore dall’opera alla quale la fanciulla è intenta. Anche la luce si convoglia verso il volto reclinato e le mani, investe la figura da una fonte che noi non vediamo, ma possiamo solo supporre, creando quei colori - giallo limone, azzurro e grigio - che danno risalto a una visione prospettica centrata sul punto focale del ricamo e che tanto colpiranno gli Impressionisti e Van Gogh.

9 commenti:

  1. Grazie di cuore Patrizia per la tua gentilezza e amicizia. Un abbraccio a te, a Giuseppe e ai ragazzi, Rossana e Gian Maria.

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  2. Mi sono commossa leggendo queste preziose riflessioni, che "rilancerò" nel mio blog. Grazie di cuore e auguri di un sereno e lieto 2016.

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    1. Grazie Maria per la partecipazione – sempre delicata e acuta - alle nostre riflessioni. Ricambiamo di cuore l’augurio, Rossana e Gian Maria.

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  3. Lavorare bene conviene. Lavorare male richiede tempo ed energie e non dà soddisfazione. Lavorare bene richiede un po' più di tempo ed energie ma dà soddisfazione permettendo di accedere alla bellezza.
    Giuseppe Grosso

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    1. Grazie Giuseppe, hai ragione: lavorare bene non risponde solo a un imperativo etico e a un’istanza religiosa, ma è uno strumento per migliorare se stessi e il mondo (conviene!).

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  4. Donare è un modo per coinvolgere altri a fare la stessa cosa

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  5. Sì, è proprio questo il senso del dono che abbiamo cercato di esprimere nel post Il paradosso del dono cui forse il suo commento - Econauti - si riferisce. Grazie.

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