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mercoledì 30 marzo 2016

La mutazione del tempo in "non ho tempo". Illustrazioni di Shout.

“…amare qualcuno significa dargli tempo, attenderlo, avere tempo per lui o per lei. […] Così, ad esempio, educare significa aprire la possibilità di un tempo sensato a chi cresce; perdonare significa rigenerare il tempo di una relazione che era morta” (Roberto Mancini, Sperare con tutti, Qiqajon, p.24).

(La percezione del tempo)
Alessandro Gottardo,
Shout
Tutti noi passiamo buona parte del nostro tempo a dire  “NON HO TEMPO” come se “il tempo reale” fosse congelato sine die e non fosse inesorabilmente in divenire. Il paradossale “non ho tempo” è come il condensato del nostro comune vissuto nella costante percezione della sproporzione tra il tempo che abbiamo e le sempre più numerose opportunità, pressanti scadenze ed incombenti urgenze che ci incalzano.
Eppure il nostro vivere dovrebbe consistere proprio nell’avere tempo. Sono i morti che non hanno più tempo.
(La linea del tempo)
Alessandro Gottardo,
 Shout
Nulla riesce a fermare il tempo nel suo inesorabile ed implacabile trascorrere, nel suo muto linguaggio di finitezza. Fugit irreparabile tempus. Non possiamo sfuggire al suo dominio né tanto meno dominarlo, per quanto ci paia intollerabile un tempo noncurante ed indifferente alle nostre singole vite, impietoso di fronte al trascorrere di  ogni vicenda umana. Eppure la temporalità è determinazione essenziale dell’essere umano, insieme dono e compito. Porre un realistico rapporto tra vita  ed aspettativa è condizione per giungere alla  comprensione di noi stessi e possedere davvero la nostra esistenza.

(Dare senso al tempo)
Alessandro Gottardo,
Shout
L’agostiniana scansione tridimensionale del tempo in passato-presente-futuro conteneva (e contiene) l’esigenza di plasmare la vita in modo sensato, l’accettazione della sottomissione al nascere e al morire, la decisione non scontata di utilizzare il tempo della vita nel modo migliore: tener  conto di dove si viene e dove si va;  non perdere la visione dei compiti e delle possibilità autentiche del presente; non rinunciare alla capacità di guardare oltre. Era (ed è) il volto duplice del tempo vissuto con saggezza: da una parte la capacità di vedere le cose che ci accadono nella loro provvisorietà e quindi nella loro relatività; dall’altra la decisione di non  indulgere a tentazioni di disimpegno e di disamore per la vita, ma  di vivere con pienezza ogni momento.
(Tempo libero 
dalla produzione consumo)
Alessandro Gottardo,
Shout
Non so da quanti l’agostiniana scansione tridimensionale del tempo sia di fatto percepita e vissuta: oggi il tempo definisce il rapporto tra gli uomini come misuratore del lavoro e come grande spartiacque tra la vita libera e l’attività che si svolge sotto la coercizione dell’economia e della produzione-consumo. La società medievale era in gran parte fondata sul tempo religioso, tempo della fede e della preghiera. Nella nostra società il tempo non misura più la vita degli uomini, anzi è diventato senza misura, si è dilatato fino a distruggere la stessa idea del prima e dopo, è divenuto il qui ed ora di una puntiforme agitazione individuale e di una permanente mobilitazione sociale: “tempo-freccia”. Un presente unilaterale, non più ponte tra memoria ed attesa, disperso in  singoli atti sconnessi. 
(L'illusione dell'onnipotenza)
Alessandro Gottardo,  
Shout
Nella nostra società sempre più liquida, come direbbe Z. Bauman, c’è chi, preso nel vortice di una ubris famelica, resiste ad oltranza, sfida il tempo con l’ostentazione dell’avere e del potere, con l’illusione dell’onnipotenza e le maschere dell’eterna giovinezza. C’è chi si piega all’evasione anestetizzante, al godimento immediato qui e subito, al culto spensierato  del carpe diem e del consumismo, senza memoria, senza attese e aspirazioni di orizzonti condivisi. C’è invece chi sa che il “non ho tempo” è  la più grande mutazione prodotta dalla postsecolarizzazione, postmodernità, globalizzazione, progresso tecnologico, mondo virtuale e digitale…. 
(La sapienza del tempo)
Alessandro Gottardo,
Shout
Per quanto non abbia preordinate formule in tasca su che cosa si possa e si debba inderogabilmente fare, sa almeno che insieme ci si può impegnare a sostituire il “non ho tempo” con il “non perdiamo tempo”. E sa in ogni situazione anche la più dolorosa inneggiare alla vita, vivere il presente nella sua plenitudine, amare il mondo nell’unico modo possibile:  quello di prestare attenzione, prendersi cura dell’altro come di sé uscendo da sé, scoprire che  siamo liberi  proprio perché possiamo donarci e donare.
Ad  ognuno di noi tocca scegliere.


Shout
Alessandro Gottardo, 
Shout
Alessandro Gottardo – conosciuto con lo pseudonimo di Shout - è un illustratore italiano di grande prestigio e successo, soprattutto all'estero, dove collabora con testate come il New York Times, Wall Street Journal, New Yorker, Time, Newsweek, Le Monde, l'Economist... Lo ringraziamo per averci gentilmente accordato il permesso di pubblicare le sue immagini (cui abbiamo liberamente apposto un titolo) nel nostro blog. Rimandiamo, per chi lo desidera, al suo sito, riservandoci una presentazione più articolata del suo lavoro in un prossimo post.

Post di Gian Maria Zavattaro
Iconografia di Rossana Rolando

6 commenti:

  1. Riflessioni necessarie, pregne di verità esistenziale. Grazie.

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  2. In alcuni momenti del mio vivere ho pensato... "meno male che il tempo passa"... sì, perché i" dolori " avessero anch'essi il tempo di prendere forma e di accomodarsi in" posti " meno visibili.. Forse è stato quello il mio" tempo opportuno ", il Kairos, per comprendere di fare del mio tempo il" tempo dell'attenzione "....
    Un caro saluto a te e Rossana... e grazie come sempre.

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    Risposte
    1. Questa riflessione mi fa pensare Nele nele… i “dolori” sono vie per farci capire che il tempo “privo di sofferenza” è un dono grande, da vivere con gratitudine? … oppure sono momenti che intensificano la nostra percezione del tempo e quindi ci guidano a viverlo in modo più sapiente? Comunque il legame tempo/sofferenza è molto interessante. Grazie a te e buona giornata.

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    2. Sì, Rossana... tutti e due i tuoi pensieri... sono così imprescindibili, per me.
      Una sofferenza da cui non nasca un "buono" è terribilmente vissuta invano...
      A che serve?
      Intanto a comprendere che molte sono evitabili e quindi ce la metti tutta perché non accadano...
      Per quelle che non si possono evitare, invece,... la "sapienza" di gustare tutti i momenti e di essere parte attiva in quel "circuito" che io chiamo vita, perché divenga sempre più un inarrestabile "circuito d'amore".

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  3. Grazie Nele, per questa ripresa del discorso. Mi pare che tu suggerisca una visione del tempo come processo - difficile, sofferto - di liberazione dal dolore: quello di cui siamo in qualche modo responsabili e che quindi possiamo evitare e quello che non dipende in alcun modo da noi nella sua genesi, ma che “ci capita” e che possiamo vivere in modo distruttivo o “creativo”, trasformando la durezza del nostro vissuto in un cammino di crescita personale. La riflessione sul dolore è molto impegnativa… Grazie ancora e buona serata.

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