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lunedì 24 febbraio 2014

Una buona forchetta... e un sorriso.

Dicono che ogni favola abbia una sua “morale”,
esplicita od implicita.
 Quella esplicita? Non la conosco.
Quella implicita? Se c’è,  chi legge la ricavi.
Gian Maria viaggiava ... 
Honoré Daumier, Vagone di terza classe.
Gian Maria viaggiava, lato finestrino,  sull’intercity Roma Termini - Albenga. Viaggio lungo, troppo lungo per resistere a digiuno. Previdente, consapevole del suo robusto appetito e della sua considerevole mole, aveva acquistato al buffet della stazione Termini un  cestino da viaggio “mega–standard”: due lattine di coca-cola, due panini di prosciutto, due sacchetti mignon di patatine, due buoni-caffè  prepagati da presentare al carrello itinerante.
... consapevole del suo robusto appetito ... 
Annibale Carracci, Il Mangiafagioli.
... aveva acquistato il necessario 
per un buon pranzo ...

... dalla "a" alla "zeta" ...
Era giornata smorta di traffico e scarso era il via vai dei passeggeri sul treno. Lo scompartimento  era tutto per lui e per un altro passeggero: una distinta signora, seduta davanti, non più giovanissima, anch’ella di un certo spessore corporeo.  “Una buona forchetta!”,  pensò Gian Maria.
... davanti a lui una distinta signora ... 
certo una buona forchetta...
A Civitavecchia gli venne sete, aprì il cestino sistemato sul tavolino retrattile e prese una  lattina di coca-cola. Era nell’atto di strappare la linguetta quando la “signora”, senza proferire alcunché,  prese l’altra lattina. Sconcertato ed indignato, di fronte alla tranquilla sicumera della “signora” e soprattutto  in considerazione della sua non tenera età, si limitò ad una eloquente smorfia, senza dire nulla. Ma tra sé commentò: “Altro che distinta! Se solo non fosse una donna anziana e sciupata, e se solo io non fossi una persona  per bene, so io che cosa le direi …”.
... gli venne sete e 
tirò fuori una bevanda ...
Poi, inesorabile,  la fame si mise a borbottare. Allungò la mano, prese un panino e subito la donna accanto a lui, senza  un minimo cenno, abbrancò l’altro, sbocconcellandolo impunemente. Rimase di stucco. Con i nervi a fior di pelle, si trattenne da gesti inconsulti - lui, ragazzo per bene -,  si alzò, uscì in corridoio per calmarsi ed eventualmente rivolgere le proprie  rimostranze al controllore di turno. Lo cercò per tutto il treno. Manco l’ombra. Rientrò, deciso a dire la sua. Orrore! La “signora” stava tranquillamente sgranocchiando le “sue“ patatine.
...la signora, come un pappagallo, 
ripeteva i suoi gesti, 
si serviva del suo cibo ...

L’istinto di sopravvivenza ebbe la meglio e si precipitò a requisire almeno l’altro pacchetto, prima che fosse troppo tardi. Finirono nello stesso tempo e Gian Maria pensò: “Ora voglio proprio vedere cosa mi dirà quella faccia di tolla!”.  Nulla. La “signora” tirò fuori dalla borsa il suo giornale e si mise a leggere, come se niente fosse.
... terminato di mangiare, 
la signora si mise a leggere ... 
come se niente fosse ...
Dopo Pisa passò il carrello delle bevande e del caffè. Rapida la donna prese dal cestino i due buoni-caffè, ritirò i bicchieri e  ne offrì uno a Gian Maria, che se lo trovò in mano, caldo al punto giusto, proprio come piaceva a lui... “Questo è troppo! Ha passato il segno!”, e non volendo fare scenate, da gran  signore che sapeva di essere, trangugiò il caffè, comunicò  il suo disgusto con uno sprezzante glaciale saluto,  prese le sue  cose, il  borsone e la valigia,  e – “al diavolo il posto prenotato!” – cercò un altro scompartimento libero.
... Gian Maria cercò un altro 
scompartimento libero ... 
Davide Papalini, Inaugurazione 
della tratta ferrovia 
tra Principe e Sanpierdarena.

Ancora pieno di rabbia, alla fermata di La Spezia vide la donna scendere dal treno. Si sentì liberato dall’incubo di un insopportabile, mai prima d’allora sperimentato, sopruso. Ritornò al posto prenotato e si  sentì un po’ meglio. Stava sistemando i suoi bagagli in alto, quando improvvisamente si accorse che il “suo” cestino da viaggio era lì, intonso, dentro il borsone che si era aperto.
... si accorse che il suo cestino da viaggio 
era ancora lì...

Fulmini e saette! Brividi di vergogna! E subitamente capì che il suo  cestino era senza ombra di dubbio esattamente identico a quello della signora, da cui,  arrabbiato, aveva senza ritegno attinto. Quella signora, che tanto l’aveva disgustato, seduta davanti a lui, aveva diviso tutto, così, semplicemente, senza alcun commento, imbarazzo o tentennamento.
Lei sì “Signora”.  Al  contrario di lui.

... tutto era ancora intatto ...

C’è una morale? Forse sì, forse no.  Chi lo sa! Ad ognuno di noi trovarla…


Le immagini senza il riferimento dell'autore riproducono opere di Georg Flegel, pittore tedesco vissuto tra il 1566 e il 1638.
Il racconto è frutto di una nostra elaborazione.
 

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8 commenti:

  1. Penso che gli Altri abbiano sempre qualcosa da insegnarci, basta saperli ascoltare.

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    1. Già! Una bella rivoluzione culturale, gent.le Professoressa: ascoltare, non ascoltarsi; centrarsi sugli altri e non su di sè!

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  2. Spesso ci roviniamo la vita e ci lasciamo condizionare dalla paura di essere maleducati perchè non esprimiamo sinceramente i nostri pensieri. Preferiamo pensare male piuttosto che rischiare di dire il nostro sincero pensiero, nel rispetto dell'altro.

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    1. Se questo fantomatico Gian Maria, nella favola, avesse gettato subito la maschera ed avesse apertamente e serenamente detto ciò che pensava, ogni equivoco sarebbe stato chiarito, sostituito dallo stupore di un incontro autentico tra persone. Ha perso un’occasione, come temo succeda nella vita e sia capitato anche a me, incapace di scorgere il volto velato degli altri e vivere incontri di straordinaria umanità.

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  3. Colpo di scena finale! Espediente letterario sempre molto efficace: fino alla fine non si capisce dove si voglia andare a parare, poi tutto a un tratto il velo del mistero si squarcia. Dapprima - e finché non si giunge al "twist in the tale" - non è possibile capire la morale della favola. Tuttavia la mente viene preparata in modo graduale, attraverso la suspense crescente, alla forte scarica emotiva (quasi una psicologica abreazione) dovuta all'immediata comprensione che si è fatta a lungo aspettare. La vita presenta spesso, casualmente, questi colpi di scena. Per questo vedo l'esistenza quasi come libera creazione: non è possibile imbrigliarla o costringerla, almeno non del tutto. Tante cose cui teniamo non accadono o non si svolgono come vorremmo, altre cui non pensavamo neppure si realizzano e d'improvviso capiamo che erano quelle che davvero aspettavamo.

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    1. Il significato a cui pensavo è quello che il sig,. Luca brillantemente espone: la sorpresa dell’inaspettato. Chiusi nei nostri recinti mentali, accecati dalle nostre pseudosicurezze ed anche dai nostri pregiudizi sociali, rimaniamo senza parole di fronte a persone, avvenimenti realtà che sconvolgono le nostre polverose regole e ci aprono – ha ragione sig.Luca - a sorprendenti, attesi ma inaspettati, orizzonti. Di quante “distinte signore” il mondo avrebbe bisogno!

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  4. I viaggi in treno sono sempre affascinanti. Oltre a farci conoscere le bellezze del nostro Paese, inesauribile museo di opere d'arte, ci mettono in contatto con persone d'ogni estrazione. L'episodio in questione, che vede come protagonisti Gian Maria e una "sfacciata vecchietta", ci fanno capire che tutto non è quel che sembra. L'equivoco è spesso dietro l'angolo, a volte ci facciamo sopraffare dalla diffidenza e dal sospetto. L'imponderabile si manifesta nella sua semplicità. Colui che prima avrebbe scagliato saette verso la compagna di viaggio, rea di aver ingurgitato parte delle sue cibarie, si avvede del grossolano equivoco. "Qui grande riflessione e mea culpa" Ma oramai l'arzilla signora, dal cui sacchetto Gian Maria, s'era servito: una Coca Cola e patatine, non c'era più. Come scusarsi? Senz'altro s'era accorta che il suo compagno di viaggio aveva attinto dai suoi viveri. Un'inaspettata Signora.

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  5. Caro Franco, ho viaggiato per anni in treno come pendolare ed ogni giorno a modo mio, spesso inconsapevolmente, sperimentavo “che tutto non è quel che sembra”, come tu ben sai con la tua esperienza professionale. Credo che questo valga per ogni forma di viaggio in cui “l’imponderabile si manifesta nella sua semplicità”, se solo si è disposti a vedere. Penso alle migliaia di incroci (casuali?) che la vita ci offre o ai quali ci costringe continuamente; penso ad esempio all’inaspettato incontro di persone degenti in una stanza d’ospedale, che si disvela come possibile umanissima, imprevista e gratificante esperienza di gratuite relazioni …

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